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Ilva: Bellanova accusa Di Maio e il governo, meno selfie e lavorare. Non si gioca con i destini di decine di migliaia di persone Franzoso: sciopero tardivo ma utile, ora protesta a oltranza. Furlan (Cisl): senza soluzione della questione lo sciopero non si revoca

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Anna Maria Furlan, segretaria generale Cisl, ha chiarito: senza una soluzione della questione, lo sciopero dell’11 settembre non si revoca. Che può anche essere interpretata così: il tavolo convocato dal ministro per il 5 settembre, stavolta dovrà portare a una conclusione. Basta chiacchiere.

Teresa Bellanova, senatrice, fino a qualche mese fa era viceministro dello Sviluppo economico. Pugliese, ha dele competenze governative territoriali e specifiche, per parlare dell’Ilva di Taranto. E lo fa contestando duramente il ministro attuale, Luigi Di Maio, con il governo in carica: hanno bloccato un procedimento che era la soluzione dei problemi dopo sei anni dal sequestro. Non si gioca con i destini di decine di migliaia di persone, se la procedura del bando Ilva non è stata contestata neppure da chi in quella gara per l’acquisizione è stato sconfitto, cosa mai ha visto di irregolare Di Maio? Che sta avendo anche conferme della bontà del procedimento seguito. Non perda più tempo, meno passeggiate e meno selfie e lavorare. Noi, dice Bellanova, siamo al fianco dei lavoratori anche nella protesta. Il risultato positivo va raggiunto a tutti i costi, prima che finiscano i soldi e che scoppino tensioni sociali.

Dichiarazione di Francesca Franzoso, consigliera regionale della Puglia:

“Seppure tardiva, la protesta sindacale ha avuto l’effetto di smuovere le acque e indurre Di Maio – spaventato dalla piazza – a convocare il tavolo su Ilva. Sciopero da non revocare, fino ai titoli di coda della farsa messa in scena dal Ministro”.
Lo dichiara Francesca Franzoso, consigliere regionale di Forza italia, all’indomani della convocazione del tavolo Ilva da parte del Ministro dello Sviluppo, dietro “pressione” di uno sciopero unitario.
“La mobilitazione unitaria – prosegue Franzoso – a due settimane dalla data della deadline, la fine della gestione commissariale, ha spaventato il Ministro. Ma la convocazione del cinque settembre non deve fare abbassare la guardia: occorre ancora tempo, a Di Maio, per traghettare il suo elettorato dall’utopia della campagna elettorale alla realtà del ruolo di governo, dalla chiusura dello stabilimento alla cessione a Mittal. Il che potrebbe voler dire ulteriori scelte dilatorie. Rinvii che sin qui hanno svuotato le casse della fabbrica, ulteriormente aggravato la crisi dell’indotto e, in parallelo, reso più insicuro lo stabilimento per il crollo degli interventi di manutenzione. Ma soprattutto lo stop alle operazioni di trasferimento del complesso industriale ha determinato la frenata delle opere di ambientalizzazione.
Ecco perché ora la mobilitazione sindacale deve avere come obiettivo la definizione della vertenza e l’accordo con Mittal. Stop a tavoli e conferenze stampa inconcludenti. Il tempo della propaganda è scaduto, ora Di Maio scelga quale piazza far manifestare: quella di chi vuole la continuità dello stabilimento o quella che ne invoca la chiusura e per questo lo ha votato ”.




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