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La crisi istituzionale: un genio, due compari, un pollo E il presidente della Repubblica che ha rispettato la Costituzione

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È come se tutto il resto si fosse annullato. Anche le cose di Puglia, di cui ci occupiamo più prettamente. Qua c’è una situazione gravissima sul piano istituzionale.

Diciamo subito ciò che si pensa qui: il presidente della Repubblica ha fatto ciò che dovesse fare nel rispetto della Costituzione. Stando alla nostra Carta costituzionale, tanto per rimanere al caso specifico, il presidente della Repubblica è il garante dei trattati. Pertanto, se ravvisa un potenziale atteggiamento non in linea, non accetta la proposta di nomina di un ministro. Questo perché la Costituzione è chiara: il presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, nomina i ministri. Non è mica detto che la proposta vada automaticamente accettata, dal capo dello Stato. Altrimenti sarebbe imposizione. Fra l’altro, in settanta anni, di ministri proposti e non nominati ce ne sono stati diversi: Gratteri da parte di Renzi, caso recente. E vari altri, come si diceva. Senza alcuno scandalo, cambiata la proposta, fatta la nomina. Una cosa normalissima. Citiamo, al riguardo, un caso: Maroni non fu nominato ministro, la proposta di Berlusconi non fu accettata. Bene: Maroni, Lega. Partito di Salvini. Che come vadano queste cose lo sa bene.

Ancora: uscire dall’euro non è stato sancito da alcun atto ufficiale, dunque il presidente della Repubblica in ossequio alla Costituzione ha sollevato delle perplessità rispetto a quella proposta di nomina. Ha fatto, né più né meno, il suo dovere. I M5S che si sono fatti portare al largo dalla Lega, con questa storia del ministro, sono chiaramente delusi e arrabbiati. Erano a un passo dal traguardo. Ma forse non è Mattarella, colui con il quale devono prendersela. Anzi, togliamo il forse. E diciamo che gli strateghi M5S lo sanno benissimo. Salvini si è fatto due mesi di campagna elettorale, senza alcuna responsabilità-rogna di governo, e si appresta a una campagna elettorale con il centrodestra. In cui c’è la Meloni e in cui è pure tornato pienamente in campo Berlusconi. Un genio, due compari, un pollo. E non è il film di Bud Spencer e Terence Hill.

Di seguito il testo del discorso pronunciato dal presidente della Repubblica:

Dopo aver sperimentato, nei primi due mesi, senza esito, tutte le possibili soluzioni, si è manifestata – com’è noto – una maggioranza parlamentare tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega che, pur contrapposti alle elezioni, hanno raggiunto un’intesa, dopo un ampio lavoro programmatico.

Ne ho agevolato, in ogni modo, il tentativo di dar vita a un governo.

Ho atteso i tempi da loro richiesti per giungere a un accordo di programma e per farlo approvare dalle rispettive basi di militanti, pur consapevole che questo mi avrebbe attirato osservazioni critiche.

Ho accolto la proposta per l’incarico di Presidente del Consiglio, superando ogni perplessità sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento. E ne ho accompagnato, con piena attenzione, il lavoro per formare il governo.

Nessuno può, dunque, sostenere che io abbia ostacolato la formazione del governo che viene definito del cambiamento. Al contrario, ho accompagnato, con grande collaborazione, questo tentativo; com’ è del resto mio dovere in presenza di una maggioranza parlamentare; nel rispetto delle regole della Costituzione.

Avevo fatto presente, sia ai rappresentanti dei due partiti, sia al presidente incaricato, senza ricevere obiezioni, che, per alcuni ministeri, avrei esercitato un’attenzione particolarmente alta sulle scelte da compiere.

Questo pomeriggio il professor Conte – che apprezzo e che ringrazio – mi ha presentato le sue proposte per i decreti di nomina dei ministri che, come dispone la Costituzione, io devo firmare, assumendomene la responsabilità istituzionale.

In questo caso il Presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia, che non ha mai subito, né può subire, imposizioni.

Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia.

La designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari.

Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che – al di là della stima e della considerazione per la persona – non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano.

A fronte di questa mia sollecitazione, ho registrato – con rammarico – indisponibilità a ogni altra soluzione, e il Presidente del Consiglio incaricato ha rimesso il mandato.

L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali.
Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane.

Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento.

È mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri – che mi affida la Costituzione – essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani.

In questo modo, si riafferma, concretamente, la sovranità italiana. Mentre vanno respinte al mittente inaccettabili e grotteschi giudizi sull’Italia, apparsi su organi di stampa di un paese europeo.

L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione europea, e ne è protagonista.

Non faccio le affermazioni di questa sera a cuor leggero. Anche perché ho fatto tutto il possibile per far nascere un governo politico.

Nel fare queste affermazioni antepongo, a qualunque altro aspetto, la difesa della Costituzione e dell’interesse della nostra comunità nazionale.

Quella dell’adesione all’Euro è una scelta di importanza fondamentale per le prospettive del nostro Paese e dei nostri giovani: se si vuole discuterne lo si deve fare apertamente e con un serio approfondimento. Anche perché si tratta di un tema che non è stato in primo piano durante la recente campagna elettorale.

Sono stato informato di richieste di forze politiche di andare a elezioni ravvicinate. Si tratta di una decisione che mi riservo di prendere, doverosamente, sulla base di quanto avverrà in Parlamento.

Nelle prossime ore assumerò un’iniziativa.




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