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Lecce: “Frankenstein (a love story)” stasera Koreja: domani musica

©Andrea Macchia COLLINE OFTHENIGHTINGALE 4408

Di seguito un comunicato diffuso dai responsabili:

Un teatro radicato profondamente nelle contraddizioni del presente quello dei Motus, compagnia teatrale fondata nel 1991, a Rimini, da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò. Un teatro fatto da itinerari multiformi, che danno vita a creazioni e “creature” diversissime tra loro, come le facce della realtà che indagano. Interessati alle possibilità offerte dalla tecnologia e dal digitale, in scena sperimentano soluzioni visive e sonore uniche, intrecciando proiezioni video, corpi cyborg e straordinarie metamorfosi fra uomo e animale.

 

Dopo il debutto all’Arena del Sole di Bologna e repliche importanti, tra Festival e teatri di tutta Italia, sabato 9 marzo alle ore 20.45 arriva ai Cantieri Teatrali Koreja FRANKENSTEIN (A LOVE STORY), il nuovissimo spettacolo dei Motus con la regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande; drammaturgia curata dalla performer, attivista e ricercatrice Ilenia Caleo.

 

Ispirato al celebre romanzo gotico di Mary Shelley Frankenstein (a love story) è un lavoro stratificato e profondo, che segna da vari punti di vista una nuova tappa nell’itinerario artistico dei Motus. In scena Silvia Calderoni, Alexia Sarantopoulou e lo stesso Casagrande ad interrogarsi sulle contraddizioni del presente, fra identità fluide e difficoltà a riconoscere e accettare il non-conforme. In scena i monologhi combinano frammenti tratti dal romanzo e particolari della biografia di Mary Shelley, ma anche passi estrapolati dalle opere di studiose quali Donna Haraway, Ursula Le Guin, Lynn Margulis.

 

In una natura in tumulto, solitudini radicali si intrecciano, per governare l’orrore e l’angoscia e guardare negli occhi il non-umano, il confine pericoloso tra vivente e non vivente. È sui confini che i mostri proliferano. Tra i mondi. E qui, tra le cuciture suturate di carni e pelli diverse, che questo lavoro prova a stare. Un progetto composto dalla cucitura di pezzi letterari, che è esso stesso (un) Frankenstein.

 

 

Il nostro mostro è quello che ci portiamo dentro tuttə – raccontano Nicolò e Casagrande – Può essere bellissimo e potente, o spaventoso, ma nel suscitare timore sta l’eccezionalità, perché evoca qualcosa di sconosciuto e inspiegabile, accende qualcosa che gli altri non si aspettano. Il nostro mostro è un monito a non bloccare il proprio modo di percepire gli altri e il mondo o ciò che ci è estraneo – e questo vale anche per lo straniero o le persone non conformi nell’aspetto o nel genere – a essere sempre curiosə ed apertə all’ascolto delle diversità. Anche quelle che ci portiamo dentro e troppo spesso reprimiamo […] Il nostro teatro è radicato sempre e profondamente nelle contraddizioni del presente non potrebbe essere altrimenti per noi. Fare teatro è un modo per indagare la realtà e l’identità stessa. il corpo è un grande strumento di liberazione dagli stereotipi imposti, ci piace sulla scena creare figure che interrogano il confine fra l’umano e l’animale, che aprono nuove visioni di trasformazione e liberazione. E che dimostrano empatia con tutti i viventi, come la creatura di Mary Shelley che, una volta venuta al mondo, è affascinata dal canto degli uccelli e dalla natura e percepisce se stessa perfettamente “con” il mondo, non al di sopra di esso.

 

Doppio appuntamento a posti limitati, invece, domenica 10 marzo a partire dalle 18.30 con OF THE NIGHTINGALE I ENVY THE FATE dove alla sfera animale dell’incivile, del selvatico è ricondotto il talento profetico di Cassandra. La sua battaglia è un rito sciamanico in cui si fondono la fragilità femminile e lo spirito di vendetta infuocato, le funeste visioni del futuro, l’eleganza del gesto e dello sbattere di ciglia. Così, dopo il viaggio negli inferi, torna in superficie trasformata, pronta per continuare, perché ancora una volta, non era prevista la sopravvivenza.

 

A seguire, alle ore 20 sarà la volta di YOU WERE NOTHING BUT WIND: gli spettatori entreranno negli scenari post umani di “un mondo a venire” dove echeggiano i latrati/parole di Ecuba, dopo la disfatta di Troia, dopo la sua drammatica deportazione. Ecuba è la cagna nera dai denti taglienti: la vediamo balzare, contorcersi, venire alla luce sotto i nostri occhi per tentare di comunicare con il circolo degli umani con  la “lingua minore”, una lingua che viene dopo il potere e la violenza, una lingua che non dice più al mondo come deve essere.

 

La musica è per noi una materia fondamentale di composizione scenica – proseguono Nicolò e Casagrande – […] nei due soli il suono curato da Enrico (e composto da Demetrio Cecchitelli) è quasi la linea portante, sono due concerti live agiti dai corpi delle performer, scolpiti sulla loro presenza.

(foto: ©Andrea Macchia)

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