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Regione Puglia: reddito di dignità “molto importante” Lo dice il presidente Inps

bari emiliano boeri

Di seguito, fonte Regione Puglia, il testo dell’intervento di Tito Boeri, presidente dell’Inps, al convegno sul reddito di dignità svoltosi a Bari:

“Ci sono tante cose che possiamo fare insieme – ha detto Tito Boeri – e sono contento di essere qui a Bari per due ragioni. La prima, perché in assenza di uno strumento nazionale di contrasto alla povertà oggi le uniche esperienze che si trovano a livello sistematico sono solo a livello locale, dove si è accumulato un patrimonio di conoscenze e di know how. Quello che state facendo qui con il ReD è molto importante e sicuramente si possono trarre lezioni su scala nazionale. La seconda ragione è che ho speranza che il 2016 sia l’anno in cui verrà introdotto un sistema nazionale di contrasto alla povertà”. Per il presidente dell’INPS c’è un nuovo protagonismo delle regioni e la Puglia è all’avanguardia in questo ambito: “Ci sarebbe davvero bisogno di introdurre questa misura di contrasto alla povertà e siamo in grave ritardo. Se lo avessimo fatto prima della crisi non avremmo vissuto situazioni di drammatico incremento della povertà. Non c’è nulla di inevitabile in questa forte crescita della povertà Ho provato a guardare cosa succede alla povertà in paesi diversi, quando cala il Pil o aumenta la disoccupazione. Ebbene, non è affatto detto che a un calo del reddito nazionale o del Pil sia associato un aumento di povertà. Da noi invece appena cresce la disoccupazione, sistematicamente, la povertà tende ad aumentare in maniera più forte che in altri paesi. In Italia la povertà è cresciuta soprattutto al di sotto dei 65 anni, perché al di sopra esistono delle forme di sostegno base, seppur parziali e limitate, che non esistono al di sotto di quella fascia di età”. “Ho visitato le sedi del Mezzogiorno dell’INPS e non è facile trovarsi nella situazione dei miei colleghi quando, ad esempio, devono dire ad una persona che ha 55 anni e che ha perso il lavoro che lo stato non è più al suo fianco. Se ci fosse stato quello strumento di contrasto alla povertà un aiuto avremmo potuto darlo. Non è troppo tardi e dobbiamo certamente fare questa operazione”. “L’Inps – ha spiegato Boeri – ha cercato di dare il suo contributo sviluppando una sua proposta per il sostegno e l’inclusione. Abbiamo agito nell’ambito delle politiche che noi amministriamo, trovando le risorse, per una fascia di età critica, sopra i 55 anni. La nostra proposta va a integrare il reddito di una famiglia, garantendo una soglia di reddito di 500 euro mensili e colmando la differenza. Una integrazione che avviene a livello familiare, dove ci sono delle economie di scala. Lo facciamo guardando alle condizioni di reddito e patrimoniali. Sappiamo che in Italia è diffusa la proprietà di una casa anche per persone che non hanno reddito o problemi di liquidità. Guardiamo più attentamente al patrimonio mobiliare, con soglie più strette (tre volte quella del reddito) e prevediamo politiche di riattivazione, per coloro che sono ancora in età lavorativa, che comportano quel patto di servizio che è fondamentale: noi ti aiutiamo a uscire dalla povertà, ma in cambio ti devi dare da fare. Dare questo reddito toglie le persone da un incubo e consente loro di cercare un lavoro: non è assistenzialismo ma un modo per spingerle a reagire”. Boeri ha messo in evidenza molte similitudini tra la proposta dell’INPS e il ReD: “l’universalismo selettivo, cioè guardare unicamente al reddito Isee delle persone per stabilire se devono ricevere il trasferimento; prevedere un percorso di inclusione attiva; fare riferimento all’insieme del nucleo familiare nel suo complesso; guardare al patrimonio. E infine, caratteristica non di poco conto, visto che la condizione di povertà tende a essere persistente, non c’è una durata determinata in partenza”. Ci sono anche delle differenze: “La più importante è che ReD non è uno sistema che integra, ma dà una somma fissa. Noi vogliamo invece integrare il livello di reddito sino ai 500 euro. Ma sono aspetti, questi, che si possono analizzare meglio in sede di regolamento attuativo. Ho sempre pensato al rapporto tra politiche nazionali e locali di contrasto alla povertà, come ad un rapporto in cui – a livello nazionale – avviene l’identificazione dei beneficiari su basi informative comuni e sulla base che ci sono risorse che possono essere allocate anche nelle realtà più difficili, in cui c’è maggiore concentrazione di povertà. Il sostegno è principalmente qualcosa di nazionale. La parte invece di inclusione attiva è più legata alla realtà locale, dove si cerca di trovare il coordinamento tra questo finanziamento e tutte le altre politiche di inclusione sociale”. “In queste misure contano tantissimo i dettagli, che dovranno essere approfonditi. Quello dei controlli, ad esempio, per capire cosa succede quando si rientra dalla soglia di povertà se il reddito sale, o se si verifica un abuso, ecc. L’esperienza accumulata in questi anni ci potrà essere di grande aiuto”. “L’aspetto su cui dobbiamo concentrare l’attenzione è quello della raccolta sistematica di informazioni su beneficiari e potenziali beneficiari. Dobbiamo ulteriormente migliorare la strada intrapresa che ha due strumenti nuovi: il primo è l’Isee, che sta funzionando bene e sarà di grande aiuto; il secondo è il casellario dell’assistenza che deve andare a censire tutti i trasferimenti che vengono dati alle persone in stato di bisogno, ma su questo c’è ancora molto da fare. Senza queste informazioni non possiamo identificare i beneficiari. Inps è pronto a dare il suo contributo, non soltanto come ente erogatore di paga ma come ente che può aiutare nella fase istruttoria, forte di una competenza accumulata negli anni, e che è in grado di incrociare tutte queste banche dati. Mi illudo che un giorno in Italia ci potrà essere un sistema di contrasto alla povertà che possa andare automaticamente a dare i soldi a chi ha bisogno, senza che siano le persone a chiedere aiuto, dobbiamo essere in grado di identificarle prima. Concepire in questo modo il rapporto tra lo stato, le amministrazioni pubbliche e cittadini, come un rapporto diretto, è fondamentale. È ancora troppo forte in Italia l’idea che per avere qualcosa che corrisponde ai tuoi diritti bisogna andare a chiedere aiuto alle rappresentanze o ai partiti. I cittadini devono sapere invece di avere al loro fianco un’amministrazione amica, pronta a sostenerli in caso di bisogno”.




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