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Oro, incenso e birra Quando il dibattito sulla movida viene riportato alla sua dimensione non essenziale da due giovanissimi e un neonato

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In questi giorni parliamo della movida, dei giovanissimi, di chi ha ragione (e ognuno ha la sua, da rispettare) o chi torto, di necessità che paiono esistenziali perfino. Poi arrivano queste storie.

Di giovanissimi, anche loro. Ci ricordano che tutto è relativo. Cioè che ci sono difficoltà esistenziali diverse e più urgenti. E purtroppo irrisolte se non, per il possibile, da persone caritatevoli come quegli agenti della polizia ferroviaria di Taranto. E i giovanissimi della Calabria, a loro volta, quanti coetanei hanno che, con i loro figlioletti, sfidano anche il mare, per cercare una vita migliore (perdendola invece, non di rado)? Poche ore fa è nato, in un gommone di 93 migranti, un bambino: suo destino, il carcere libico. Appena nato. Tanto per chiarire.

Senza voler essere blasfemi, dov’era scritta la storia di quei due con un neonato, in cerca di una vita migliore? Ne abbiamo fatto un simbolo, noi. Diciamo le preghiere. Cosa è cambiato in questo tempo? Per esempio, in rapporto a questi nostri territori? Oro manco a parlarne; incenso magari in qualche cerimonia; al massimo, un corposo dibattito incentrato sulla birra.

Non è un paese per giovani, non tanto quello che nega una bevuta alle tre e mezza di notte: ma quello che non è in grado di farli realizzare, per loro e le loro famiglie, con il lavoro. Che sconfitta, per noi e non per loro, quell’andirivieni della coppia con il loro figlioletto.




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