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Guido Le Noci Un ricordo

Le Noci e Fontana

Di Franco Presicci:

Lo conobbi per caso, passando un giorno di maggio del ‘60 davanti a una
saletta semiaperta di via Brera. Incuriosito da un oggetto impacchettato, (una
branda) quasi accostato all’ingresso, mi fermai un po’ di più ad osservarlo.
Venne verso di me un signore, mi sorrise e mi invitò ad entrare. “Guido Le Noci.
È un’opera del bulgaro Christo Javaceff. Venga con me, le mostrerò l’attività
di altri artisti”. Il nome dell’interlocutore improvvisato non mi era nuovo: me
ne aveva parlato un collega che lo aveva incontrato ad una mostra. Ero da poco
arrivato a Milano ed esploravo la città con interesse. Ero già stato in vicolo dei
Lavandai e aveva conversato con i pittori Guido Bertuzzi, Sarik, Formenti,
Cottino, la signora Radice, che aveva venduto per anni la lisciva alle donne
inginocchiate sotto la tettoia a sciacquare i panni; il Carletto che per scherzo
avevano nominato sindaco di quel budello che si raggiunge svicolando
dall’alzaia Naviglio Grande

Le Noci e Christo JavaceffIl giorno dell’incontro con Le Noci avevo deciso di andare a Brera, che era
ancora il luogo in cui convergevano artisti “in fieri” o già consacrati, tra cui
Giulio Confalonieri, critico e storico della musica fra i più autorevoli; Salvatore
Quasimodo, per esempio. Si sedevano ai tavoli del Bar “Jamaica” e
discutevano bevendo una bibita. Per un periodo ci andò anche Benito
Mussolini, che allora dirigeva “Il Popolo d’Italia”.
Dunque Le Noci. Mi fece accomodare nella sua Galleria, l’“Apollinaire”,
delineando un po’ la storia degli autori di una ventina di quadri appesi alle
pareti. Parlammo di Martina, della splendida Valle d’Itria e di altro, quindi mi
avviai verso via Fiori Chiari.
Tornai altre volte a Brera e sempre andai a cercare il gallerista più famoso e
apprezzato non soltanto nel capoluogo lombardo. mietendo brani della sua
gloriosa biografia. “Aprii a Como una Galleria, la “Borromini”, dove esposi
nomi eccellenti”. Fu chiusa dal fascismo, a quanto pare per antipatia verso
l’arte contemporanea. Diventammo amici e mi presentò a Dino Buzzati, di cui
avevo letto “Un amore”; e m’invitò con mia moglie a cena a casa sua.
Cominciai a scrivere di Guido sui giornali baresi “Settegiorni” di Papandrea,
e “Bari Sport” di Gianni Nuzzo e su “La Tribuna del Salento”, che usciva in via
Ammirati a Lecce, sotto l’egida di Ennio Bonea. Un giorno Guido mi promise
di presentarmi a Raffaele Carrieri, il poeta e critico d’arte tarantino che
scriveva su “Il Corriere della Sera “ e su “Epoca” e mi regalò i libri che aveva
pubblicato fino a quel momento, compreso “Martina Franca” di Cesare Brandi.
Qualche mese dopo mi affidarono una rubrica su “La Gazzetta di Mantova” e
gli dedicai uno “Schizzo a macchina”. Ovunque mi offrissero spazio (“La
Gazzetta di Reggio”), impegnavo la mia penna per Guido.

Quando organizzai una serata pugliese al Cida (Centro informazioni d’arte),
di Nencini, titolare della Galleria Boccioni, chiesi a Guido di parteciparvi con qualche quadro da esporre e portò anche un film sulle tarantolate di Galatina,
dello scultore Paradiso (se non ricordo male). Presenti alla manifestazione,
anche Domenico Porzio, che parlò di una sua recente visita a Taranto; e
Vincenzo Buonassisi. notevole critico gastronomico, Chechele Jacubino,
titolare del ristorante “La porta Rossa “ di via Vittor Pisani, in vacanza nella
sua Apricena, avuto notizia della “festa”, prese subito il treno per Milano e
venne ad offrire a circa 400 invitati specialità pugliesi. E lì nacque l’idea del
Premio Milano di Giornalismo, di cui lo stesso Chechele fu il sostenitore e il
padrone di casa, presidente il pittore alb, Ibrahim Kodra, definito il re di Brera.
Non mancavo mai alle inaugurazioni delle mostre di questo martinese geniale
famoso e stimato in tutta l’Europa.
Dopo qualche tempo dalla sua morte, il salone Montanelli del Circolo della
Stampa ospitò una cerimonia in suo onore, oratori un altro martinese illustre,
Francesco Lenoci, docente all’Università a Cattolica; Elio Santarella, pittore
tarantino che allestiva tutte le esposizioni per il Comune alla Rotonda della
Besana e in corso Vittorio Emanuele. C’erano anche la moglie e la figlia,
Marina, di professione psichiatra. Lui avrebbe voluto dare l’eredità della
Galleria proprio a lei, che invece volle seguire un’altra strada. Lenoci, il
conferenziere itinerante, di Martina Franca, fece una sintesi efficace del
percorso di Guido. “Le Noci fu un protagonista eccellente della vita culturale
milanese, tanto da essere considerato tra quelli che hanno contribuito a fare
grande la metropoli lombarda, ricevendo anche l’Ambrogino d’oro. Aggiunse
dettagli sull’inaugurazione dell’Apoliinaire”, il 17 dicembre del ‘54, e sulla
mostra di Fautrier allestita nel suo spazio: la prima in Italia.

Galleria ApollinaireLe Noci fu una stella nel firmamento dell’arte contemporanea. Quando
l’”Apollinaire” spense definitivamente le luci, Dino Buzzati pubblicò su “Il
Corriere d’Informazione”, che usciva il pomeriggio, un necrologio. Questo a
dimostrazione dell’importanza della Galleria e della stima che Le Noci , uomo
tenace, schietto, volitivo, generoso, grande mercante d’arte raccoglieva non
soltanto a Milano e in Lombardia. “Papà era tenace, intelligente, battagliero,
disponibile e generoso, ma anche complesso e conflittuale”…
”Quando andò a Parigi incontrò il critico Pierre Restany, padre e sostenitore
dell’Art Nouveau, e ne divenne amico; nel ‘69 gli dedicò ”Le livre rouge de la
Revolution picturale par Pierre Restany“. La Galleria accolse i pittori più
famosi, da Russolo a Sassu, da Modigliani a Savinio, da De Chirico a Soldati.
Le Noci e Restany seguivano con molta attenzione i movimenti e gli artisti
internazionali più significativi ed affermati, come Fontana, Yves Klein… e il
pubblico, oltre ai critici, affollavano le sue esposizioni. Promotore di molti
progetti, nel ‘70 mise in cantiere le celebrazioni del decimo anniversario della
fondazione del Nouveau Realisme, iniziate con un’esposizione storica alla
Rotonda della Besana, l’accensione della scultura di fuoco di Klein, seguita da “performance” in vari punti della città. Christo Javaceff, che tra l’altro aveva
imballato la fontana di piazza del Mercato a Spoleto, un pezzo della valle delle
Montagne Rocciose in California… impacchettò la statua di Leonardo in piazza della Scala e quella del “re galantuomo” in piazza Duomo” e mentre si
preparava a mettere la camicia alla Cattedrale fu bersagliato dalle polemiche e
costretto a rinunciare.
Grande successo riportava l’attività del grande martinese, che,figlio di un
valentissimo scalpellino, divenne uno dei nomi più rispettati e rilevanti nel
settore dell’arte del dopoguerra. Accolse, sostenne e diffuse in Italia e in
Europa le correnti d‘avanguardia anche le più estreme, allestì mostre
memorabili, come quella di Dorazio, Peter Bruning, Hans Hartung, Fontana,
Licini, Mimmo Rotella e quella del ‘66 dello scultore Jean Fautrier. Fu
scopritore di talenti, favorì la riscoperta di artisti dimenticati. E oggi chi passa
davanti a quel civico 4 diretto all’Accademia di Brera, non può non ricordare la
Galleria “Apollinaire” e magari fare un cenno di saluto, perché quel luogo,
anche se ha mutato faccia, è sacro. Così mi disse un giorno Ibrahim Kodra, che
conosceva bene Milano e i suoi luoghi passati alla storia. Quanti sono invece
quelli che nel serbatoio della memoria custodiscono la figura di Guido Le
Noci, che, nato nel 1904, ben presto avvertì la propria inclinazione e la sua
convinzione di poterla realizzare prendendo il treno per Milano, che allora era
molto diversa da quella di adesso. Uscito dalla Galleria delle Carrozze, si trovò
sull’ampio piazzale su cui dominano l’Hotel Gallia e il Grattacielo Pirelli.
Sapeva che doveva tirarsi su le maniche. E lo fece fino ad assumere la
segreteria generale del Premio Lissone, aspirazione di molti artisti di tutto il
mondo.
Le Noci conosceva l’arte di avvicinarsi alle persone e non trovò difficoltà a
stabilire rapporto con Guido Tallone, il pittore che aveva stretto amicizia con
Ernest Hemingway ed Ezra Pound; Oronzo Celiberti, appssionato di filosofia
che gli presentò i comaschi Terragni, Figini, Pollini e altri. Conobbe De
Chirico, De Pisis, Savinio, presentatogli dall’amico Raffaele Carrieri. E’ lungo
l’elenco delle personalità inserite nella cerchia delle sue amicizie, compresa
quella con Paolo Grassi, il mito. Guido voleva tenere stretti legami con la sua
terra d’origine, che amava.
Il 2 luglio dell’83 questo grande mercante d’arte, raffinato editore, fucina di
idee, si spense. E fu grande il cordoglio di chi l’aveva conosciuto e frequentato.
Grande Guido. Non fece in tempo a concretizzare l’idea di cfreare un premio
“Apollinaire sud”, riservato alla Puglia. Ne aveva parlato anche con Elio
Greco, presidente della Fondazione “Nuove Proposte” di Martina Franca, terra
benedetta, adorata, desiderata per le sue bellezze.

(foto, fornite da Franco Presicci: home page, Lenoci-Fontana; interna, Lenoci-Javaceff)

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