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Taranto: la Casa del Libro di Nicola Mandese, verso la chiusura Inserita fra quelle storiche d'Italia

Giacinto Peluso e Nicola Mandese

Di Franco Presicci:

Quando una libreria spegne definitamente le luci, un pezzo del cuore della
città ne risente. Se poi quelle vetrine danno testimonianza di circa un secolo, il
dolore è ancora più grande. La Casa del Libro di Nicola Mandese, a Taranto,
era quasi centenaria e inserita nell’elenco delle librerie storiche d’Italia.
L’hanno visitata personaggi illustri, da Vasco Pratolini ad Alda Merini, nei
quattro anni che fu a Taranto con Michele Pierri, grande poeta e primario
traumatologo dell’ospedale Santissima Annunziata; da Riccardo Bacchelli a
Michele Prisco, da Fulvio Tomizza a Roberto Gervaso, a Vittorio Sgarbi, a
Raphael Alberti, che a Nicola volle improvvisare il ritratto su un foglio
qualunque.
Lunga e gloriosa vita, dunque, quella della famosa libreria della Bimare. Non
c’è tarantino, giovane o anziano, che non abbia acquistato almeno un libro da
Nicola, persona garbatissima e libraio di antico stampo.
Nelle mie rimpatriate non potevo evitare di fare un salto da Nicola, che stava
a due passi dal bar dell’angolo (D’Aquino-Acclavio) e dal giornalaio Fucci che
dall’androne dello stabile debordava all’esterno, servendo anche da punto di
raccolta di studenti universitari e intellettuali come Marcello Ruggieri, che poi
si trasferì a Roma, diventando un attento e autorevole operatore culturale.
Quasi sempre dalla folla che fluttuava da piazza Maria Immacolata fino al
cinema Vittoria, all’angolo con via Marghedrita, dove si sfrangiava e tornava
indietro, emergeva la voce di Marche Polle. “A vuè mo? Nà, pìgghiet‘a
schedìne; e se no ‘U panarijdde”. Era una leggenda per Taranto, e gli hanno
innalzato un monumento. Da Mandese gli appassionati discutevano dei versi di
Claudio De Cuia, che qualche volta teneva una conferenza sulla poesia
dialettale, e si scambiavano opinioni sull’ultima opera di Federico Moccia o
della Merini, che quasi ogni giorno si presentava per informarsi sulle novità.
La Casa del Libro si trasformava in una specie di circolo culturale, dove gli
intenditori del vernacolo spiegavano il significato delle parole e la loro
etimologia, accennando ai poeti Diego Fedele, Domenico Cantore, Arturo
Caforio, Nerio Tebano, Diego Marturano, Alfredo Lucifero Petrosillo… Tra i
maestri della nostra parlata c’era Giacinto Peluso, che ha raccontato Taranto in
tutti i suoi aspetti, compresi i personaggi, alcuni stravaganti, pubblicando
volumi proprio con la casa editrice Mandese, che dava spazio ad autori come
Giuseppe Francobandiera, che fu direttore colto e dinamico del circolo
culturale Italsider, sede la Masseria Vaccarella. Personalità di spicco,
Francobandiera portò al Circolo Gianni Brera, Morando Morandini, il maggiore
critico cinematografico italiano (“Il Giorno”), una mostra del pittore barese
Filippo Alto, il Teatro sull’erba, con Luca De Filippo, i concerti in chiesa…
Queste erano alcune delle figure che ebbero contatti frequenti con la libreria di
via D’Aquino, che qualche anno fa realizzò una iniziativa di grande prestigio:

“Taranto legge Kafka”, in cui si alternarono al microfono collocato davanti alla
libreria i cittadini più volenterosi, nonostante il freddo e le minacce di pioggia.
Cominciai a frequentare la libreria quando era in via De Cesare 28 ed era
diretta dal cavalier Antonio, papà di Nicola, un galantuomo come pochi,
sempre sorridente, calmo, disponibile, cordiale. Mio padre voleva avviarmi al
lavoro più che allo studio e già a tredici anni a sua insaputa spolveravo gli
scaffali da Mandese in cambio di qualche volume: “I tre moschettieri” o “Il
conte di Montecristo” di Alexandre Dumas; “Il corsaro nero” o “Le tigri di
Mompracem” di Emilio Salgari. Più di una volta, d’estate, ho portato il pranzo
a Nicola e a suo fratello che con la mamma facevano i bagni a Praia a Mare,
stabilimento balneare che allora, come Lido Bruno e altri, era di moda. Gli
operai dell’arsenale andavano invece allo stabilimento Santa Lucia, verso i
Salesiani, di cui mi è rimasta impressa la rotonda, perché, bamboccio
irrequieto, dagli interstizi spiavo il mare limpido, cristallino, prima di
assecondare l’onda che baciava la battigia e si ritirava. Allora Nicola poteva
avere quattro anni. Passarono gli anni, il cavaliere Antonio, già in via
D’Aquino, dove accolse Sandra Milo e altri personaggi celebri, scomparve e le
redini della libreria passarono a Nicola. Cominciarono a conoscerlo tutti. E a
stimarlo. I miei amici di Nicola, che li riforniva dei libri di testo, mi parlavano
volentieri di Nicola e mi sollecitavano a ripetere i miei racconti della sua
infanzia di bambino educato.
Adesso, “punctum dolens”, la Casa del libro si avvia alla fine del percorso.
Tra un mese, forse, un’altra vetrina storica cesserà l’attività, nella via dello
struscio. A quasi ottant’anni e qualche acciacco Nicola ha deciso di mollare.
Ma sta facendo di tutto, anche con l’esortazione degli avventori più fedelii, per
continuare a dare respiro alla Casa del libro, magari con l’etichetta di centro
culturale che alimenti il libro, solleciti gli autori a venire a dialogare con i
lettori, a stabilire insomma tra scrittore e lettore un contatto diretto, come a suo
tempo ha fatto lui, Nicola, invitando a una tavola rotonda all’aperto il professor
Francesco Sabatini, linguista esimio, presidente onorario dell’Accademia della
Crusca, famoso per le sue lezioni in televisione la domenica mattina.
Come è giunto alla decisione di abbandonare il campo, dopo tantissimi anni
di attività e di soddisfazioni? Nicola la prende alla larga, riservato com’è. E
parla di età, di malanni e anche, forse, di disamore indotto. A ottant’anni può
accadere. Ma a espugnare la sua resistenza è stata la crisi del libro, dovuta
anche alle vendite on-line, che hanno indebolito il mercato.
Per Nicola Mandese è un momento triste, sia pure un tantino confortato dalla
promessa fatta suo tempo atta alla mamma, Olga: tirare avanti il più a lungo
possibile. Lui è stato sempre all’altezza del compito a cui era stato chiamato, ha
dimostrato di saper tenere il volante, di essere un ottimo pilota. E lascia con
l’impegno di essere presente in altra veste, indomito nonostante le avversità.

Non si sente come il timoniere di una barca naufragata davanti a una nave da
combattimento. Un altro Nicola, a Milano, Partipilo, titolare di un’altra libreria
storica, ha dovuto chiudere dopo aver lottato con tutte le sue forze; e oggi la
sua libreria internazionale è un ricordo che addolora tutti i suoi ex avventori.
Questi vanno per viale Tunisia e provano nostalgia davanti a quelle vetrine che
erano sempre ricche di novità librarie.
Quando una libreria chiude, grande o piccola che sia, storica o no, in centro o
in periferia, non lascia indifferente nessuno. I clienti della libreria Mandese –
riferisce Nicola – chiedono se questa casa del libro in qualche modo si possa
salvare. Io sono del parare che le autorità comunali dovrebbero mobilitarsi
perché non si spenga un’altra luce nella via più importante di Taranto, un
salotto. Un salotto appunto era la Casa del Libro, che oggi potrebbe
sopravvivere come centro di conferenze, di incontri culturali, di presentazioni
di libri, nel nome di Giacinto Peluso, per esempio, o di Claudio De Cuia o di
Michele Pierri o di Alfredo Nunziato Maiorano, Taranto non può e non deve
perdere la Casa del Libro, il faro di via D’Aquino e della città; la libreria che
negli anni ha visto il passeggio di migliaia di cittadini e ha contribuito alla
crescita culturale della Bimare. Quanti nomi sono entrati nella Casa del Libro:
oltre quelli già citati, Vasco Pratolini, Michele Prisco, Carlo Cassola, Fulvio
Tomizza, Massimo Grillandi, Roberto Gervaso, Luciano De Crescenzo, Tino
Carraro, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, quando venne a recitare al
Teatro Orfeo, dove si esibirono Emma Gramatica ed Elsa Merlini (in “Venerdì
Santo” di Cesare Giulio Viola), Paolo Carlini, Ernesto Calindri, Alighiero
Noschese, Milva e ancora prima Wanda Osiris, che nella sua casa di via
Sant’Andrea, a Milano, mi raccontò gli applausi raccolti a Taranto e il grido di
Mussolini mentre correva in auto aa Rimini “Wandissima!!!”. E tale era la diva
quando scendeva le famose scale.
Tornando alla Casa del Libro, l’augurio che continui a vivere, sia pure con
l’insegna di circolo culturale.

(foto: Giacinto Peluso e Nicola Mandese)




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