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Denuncia: nove giorni di lavoro, 25 euro all’operaio migrante. Arrestato 39enne titolare di maneggio a San Pietro Vernotico L'imprenditore accusato anche di tenere in pessime condizioni otto cavalli

FOTO ARRESTO AURICCHIO 1

Di seguito un comunicato diffuso dai carabinieri:

In San Pietro Vernotico, nell’ambito di uno specifico servizio, i Carabinieri del Nucleo Investigativo con il supporto del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Brindisi, al fine di contrastare il fenomeno dell’intermediazione illecita di manodopera e lo sfruttamento del lavoro, hanno tratto in arresto in flagranza di reato AURICCHIO Nunzio 39enne originario di Napoli, ma residente a San Pietro Vernotico e titolare di maneggio in contrada “Fondo” a San Pietro V..

Il reato contestato è lo sfruttamento del lavoro nelle ipotesi aggravate, oltre a numerose violazioni relative al testo unico ambientale e su salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, quali la mancata sottoposizione a visita medica dei lavoratori presenti in azienda, la mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale, la mancata informazione del personale sui rischi in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, la mancata formazione del personale e il suo addestramento.

Nello specifico, nel corso dell’attività di controllo operata dai Carabinieri sul territorio e finalizzata alla prevenzione e repressione dell’annoso fenomeno del caporalato sui fondi agricoli della provincia, nella contrada Fondo, in un ampio appezzamento di terreno, adibito a maneggio, è stata notata la presenza di un bracciante di etnia africana, di 23 anni, intento ad effettuare la pulizia delle stalle e accudimento di equini.

Il bracciante non era provvisto di idonee calzature e dei relativi indumenti previsti per la prevenzione degli infortuni. Pertanto, i militari operanti hanno deciso di intervenire, per verificare il rispetto delle norme in materia di legislazione sociale con riguardo allo sfruttamento del lavoro.

Nel corso del controllo al maneggio, nel quale erano presenti 8 cavalli,  i militari operanti hanno accertato altre violazioni nei confronti dell’Auricchio. In particolare :

  • è stato smaltito illecitamente, con sversamento nel terreno e mediante incendio, materiale plastico, biologico e scarti proventi delle pulizie delle stalle equine ( 137, 256, 256 bis del D. Lgs. 152/2006) ;
  • tutti gli equini erano detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura, in pessime condizioni igienico-sanitarie, addirittura in tre casi senza microchip ( 727 C.P. );
  • le condizioni di lavoro particolarmente onerose del 23enne africano non hanno rispettato sistematicamente la normativa contrattuale (in nero e per niente pagato), di salute e di sicurezza sul lavoro (privo di visite mediche, dispositivi di protezione e senza formazione e informazione 18, 36, 37 e 168 D. Lgs. 81/2008 e S.M.I. D. Lgs. 106/2009).

Dal racconto del lavoratore avvenuto anche con l’ausilio di un interprete, è emerso che era stato occupato “in nero”, poiché non regolarmente assunti dall’imprenditore. In particolare, è stato accertato che il lavoratore con permesso di soggiorno regolare per fini umanitari, in evidente stato di bisogno in quanto privo di qualsiasi mezzo di sostentamento aveva percepito solamente 25 euro per 9 giorni di lavoro, un corrispettivo orario inferiore a fronte di quanto contemplato dalla retribuzione oraria prevista dal contratto collettivo territoriale.

Al termine del controllo, l’intera area adibita a maneggio ed i terreni circostanti sono stati sottoposti a sequestro e, a seguito di ispezione sanitaria eseguita da personale veterinario dell’Asl di Brindisi, gli equini presenti sono stati affidati in custodia giudiziale ad una donna, 43enne del luogo, compagna dell’arrestato.

All’imprenditore agricolo sono state anche contestate sanzioni amministrative per complessivi 20.000,00 € e comminate ammende per complessivi 32.000,00 €, con immediata sospensione dell’attività imprenditoriale. L’arrestato è stato tradotto nella Casa Circondariale di Brindisi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Lo sfruttamento del lavoro in genere e nelle aree rurali pugliesi in particolare è un esecrabile fenomeno che si caratterizza per le patologiche manifestazioni delle relazioni di lavoro, agevolato dalla condizione di disagio e di vulnerabilità di uno degli attori del rapporto, solitamente, ma non esclusivamente migrante ovvero proveniente da altri paesi dell’est Europa ed extraeuropei. Il fenomeno ha coinvolto e colpisce anche cittadini italiani appartenenti a particolari fasce sociali che vivono in condizioni di indigenza. L’emersione di queste forme di grave sfruttamento è piuttosto ardua per la vulnerabilità e il timore delle vittime ed anche per la difficoltà di monitorare e di investigare il fenomeno. La nuova norma penale introdotta nel 1996 riguardante il fenomeno è stata calibrata non solo sul caporalato ma colpisce anche il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l’attività di intermediazione, sfruttando i lavoratori e approfittando del loro stato di bisogno. Si tratta di una legge alquanto articolata ed innovativa poiché ricomprende tutte le condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori (ad es. la retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali di categoria, comunque sproporzionata rispetto alla quantità e qualità di lavoro prestato; la violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo, all’aspettativa, alle ferie; le violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro). È prevista altresì la confisca obbligatoria dei beni, denaro o altre utilità degli autori del reato e l’obbligo di arresto in flagranza.




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