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Taranto: le candidature e chi le sostiene, è in atto una polverizzazione In vista delle elezioni comunali dell'11 giugno

elezioni urna

Di Vito Piepoli:

La campagna elettorale anche se lo ricordiamo quella ufficiale inizia trenta giorni prima delle elezioni dell’11 giugno, riguarderebbe 12 o 13 candidati, ma il numero potrebbe variare, aumentare o diminuire, c’è ancora tempo.

Questa polverizzazione cosa indica? Alle comunali di Taranto c’è una frammentazione eccessiva che probabilmente non si era mai vista, mai registrata prima.

Il civismo è una buona cosa perché è segno di partecipazione dei cittadini alla vita della loro città, però attenti a scambiare il civismo con la frammentazione, perché quando il civismo da risorsa diventa fattore di divisione, di frammentazione non porta niente di buono sopratutto se consideriamo che amministrare Taranto nei prossimi anni sarà una sfida particolare e molto complessa.

E non è pensabile che i candidati a sindaco diminuiranno, anzi probabilmente nelle prossime ore ne uscirà ancora qualche altro.

Si presenta un quadro molto irregolare dove l’elemento che spicca in particolar modo è l’assenza di candidati sindaco di partito.

Ad eccezione di Rinaldo Melucci che è stato designato dal Pd, tutti i candidati sono civici e i partiti rispetto a questi devono decidere se mettere in campo i loro simboli o emettere anch’essi delle liste civiche.

Chi più e chi meno, non è questa una novità che riguarda solo Taranto. Per esempio anche in Sicilia, a Palermo dove si vota per il rinnovo del consiglio comunale, i partiti hanno fatto uguale scelta.

Ciò purtroppo non è un dato positivo perché la vita politica dovrebbe passare dai partiti e dalla partecipazione dei cittadini, invece vediamo che l’attività dei partiti si è ridimensionata o è diventata soltanto terreno di scontro tra aree contrapposte.

E questo non va bene perché se i partiti non presentano i loro simboli ufficiali alla competizione politica, vuol dire che danno già per scontato il fatto che da parte dei cittadini c’è un atteggiamento niente affatto positivo verso di loro. Sanno già che i cittadini ormai hanno una disaffezione per la politica e d’altra parte questo non è soltanto un fatto di percezione, ma è confermato anche dalle cifre, visto che la partecipazione alle consultazioni elettorali negli ultimi anni è andata sensibilmente diminuendo.

Allora il primo punto da considerare è che i partiti cambino politica e si riconnettano ai cittadini, ai bisogni reali della gente.

Che vi siano i congressi, potendo ridiventare così luogo di dibattito, altrimenti avremo sempre questo scollamento tra cittadini e politica, tra istituzioni e base sociale.

I partiti quindi non sono più presenti come un tempo, nelle competizioni elettorali e, tornando a Taranto, al di là del Pd che ha espresso Melucci o del Movimento 5 stelle che probabilmente candiderà qualcuno.

Questo è un dato, è un segnale, è un sintomo che indica la malattia che affligge il Sistema Italia da anni, cioè ormai c’è una disaffezione tale della politica da parte dei cittadini, c’è un rigetto tale dei cittadini verso la politica, che gli stessi partiti hanno paura a mostrarsi chiaramente e quindi preferiscono questa scorciatoia delle liste civiche, ma non è questo il rimedio. Anche perché se magari la lista civica viene riempita con uomini di partito, sostanzialmente è una presa in giro e il rimedio sarebbe peggiore del male.

Questo problema, questa malattia si cura rigenerando la politica e rimettendola nelle condizioni di essere in sintonia con i cittadini.

E poi non si supera la situazione di difficoltà della città frammentandosi in tante liste, ma attraverso una proposta di governo credibile, portata avanti da persone che siano capaci.

Inoltre è meglio avere poche idee, ma chiare e fattibili, con un percorso di costruzione e realizzazione che possa portare a qualche risultato, evitando populismi e genericismi.

Molti si lanciano nel promettere cose, consideriamone una, per esempio che il comune deve abbassare le tasse. Poi magari ignorano tutti i vincoli che ci sono sulla finanza locale oppure non indicano nemmeno uno straccio di percorso su come arrivarci.

È molto facile, è molto bello, molto demagogico parlare alla pancia della gente, dei cittadini per raccattare qualche voto, ma amministrare una città è tutta un’altra cosa.

Concludendo, attenzione, il pericolo è costituito da una parte, dai dilettanti allo sbaraglio e dall’altra dai lupi travestiti da agnello.

Però c’è da avere fiducia perché, dopo aver toccato il fondo, con questo scossone che sta avendo la politica c’è da sperare che questo potrà servire a fare una cosa semplicissima : i congressi, nei partiti ci rivogliono questi.

Mentre ora per avere una candidatura, per fare carriera in molti partiti e movimenti basta stare allineati dalla parte del capo, un tempo non era così, c’erano i congressi, c’erano le tesi contrapposte, c’era chi vinceva e chi veniva sconfitto, e alla fine il dialogo faceva venire fuori il meglio di una classe dirigente.

A Taranto e in provincia quindi le consultazioni elettorali e il mondo economico guarda naturalmente con grande attenzione a questi momenti, perché poi avere delle classi di dirigenti più o meno attrezzate, serve allo scopo.

L’augurio è quello che riguarda ogni cittadino, cioè di trovarsi un consiglio comunale e sindaco, innanzitutto con idee chiare e con capacità, volontà e preparazione per affrontare i grandi problemi che la città ha. Ed è chiaro che c’è da augurarsi che vi sia una condivisione massima delle scelte da farsi, e non vi sia ancora frammentazione tale da rendere poi difficile il governo della città.

Le opposizioni vanno bene come stimolo, come pungolo, però quando poi fare l’opposizione diventa contrasto anche molto aspro, ciò può portare a quell’immobilismo di cui la città non ha assolutamente bisogno, anzi.

Quindi l’augurio è che intanto vinca il migliore, ma fondamentalmente che vi siano dei progetti i più condivisi possibile, per una città che possa finalmente ritrovare la strada della crescita e sopratutto della coesione, indispensabile per crescere, che ancora stenta a venire.




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