La spinta del mare inesorabile rischia di far sparire un quinto delle spiagge italiane entro i prossimi venticinque anni. Emerge dal rapporto della Società geografica italiana presentato ieri a Roma. Stando a questo rapporto il 40 per cento delle coste italiane attuali, entro il 2100, è a rischio di essere sottratto dal mare alla terraferma.
Tra le aree per cui la situazione è più pericolosa c’è l’Alto Adriatico avanti a tutti, con la laguna di Venezia ed il delta del Po in particolare. Quindi la costa pugliese intorno al Gargano, vari tratti tirrenici fra Toscana e Campania, le aree sarde di Cagliari e Oristano, la foce del Pescara, la piana di Fondi, sud del Lazio. Conseguenze per metà delle infrastrutture portuali italiane mentre il 10 per cento delle aree agricole è a rischio salinizzazione.
Fra le cause evidenziate: le barriere artificiali, protezione per alcune aree ma con inevitabile deviazione altrove dell’incremento del mare, e anche il turismo incontrollato con il 57 per cento dei posti letto turistici offerti dai Comuni costieri, con la conseguenza di una pericolosa pressione urbanistica e ambientale.
Secondo la Società geografica italiana la prima, urgente, cosa da fare è invertire drasticamente la tendenza: rinaturalizzazione. Fra gli interventi artificiali ipotizzati l’aggiunta di sabbia alle spiagge praticamente per ricostituirle, l’innalzamento laddove possibile nonché la costruzione di strutture difensive davanti alle coste: dighe e scogliere artificiali per proteggere in particolare le coste basse. No al catastrofismo ma razionalmente bisogna intervenire.
(immagine, non strettamente connessa alla notizia: costa del Gargano vista dall’Iss, stazione spaziale internazionale, 2024)






