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Massafra: malato di cancro ottiene il diritto di tornare al lavoro Era stato ritenuto inidoneo

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Di seguito un comunicato diffuso da Cgil (abbiamo omesso particolari di riconoscibilità del lavoratore):

La storia di Andrea, nella provincia di Taranto, purtroppo non è originale. Perché Andrea, classe 1981, è “solo” uno delle
migliaia di malati di cancro del territorio.
Il suo tumore si chiama carcinoma del rinofaringe, è metastatico, ma secondo l’oncologo dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva non comprometterebbe la sua idoneità al lavoro.
Dipendente di un’azienda con la mansione di “operatore ecologico” secondo il medico che segue il decorso della sua malattia può continuare a lavorare “purché non con grossi carichi”.
È un modo come un altro per conservare la “normalità” in una vita sconvolta – dice
Cosimo Sardelli, segretario generale della Funzione Pubblica CGIL, che invece ad un
certo punto nella vita di Andrea è dovuto intervenire con il sindacato per riaffermare il suo diritto al lavoro.
La doccia fredda per il lavoratore con famiglia a carico, che da anni lotta con la sua malattia, arriva, infatti, nel corso della visita con il medico competente dell’azienda di Massafra.
Il referto e uno sguardo sono bastati, al medico in questione, per trasformare Andrea da lavoratore a “inidoneo permanente”.
In sostanza quella decisione ha detto ad Andrea di stare a casa, senza lavoro, e dopo la Naspi, sono affari suoi – commenta Sardelli, che proprio per il lavoratore ha istruito il ricorso allo SPESAL, l’ufficio dell’ASL che si occupa del servizio di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro.
Un ricorso vinto e che ha consentito ad Andrea di tornare alla sua dignità e al suo lavoro lo scorso 19 febbraio.
Una decisione che deve costituire un tassello importante rispetto alle tutele che si devono alle migliaia di lavoratori che oggi vivono la stessa drammatica condizione di Andrea –
dichiara ancora Mimmo Sardelli – e che si devono tradurre in un’attenzione costante
rispetto al fenomeno del “liberarsi del fragile” che come sindacato, e come società civile, non possiamo di certo ammettere.




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