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L’ultima lettera del pugliese Nicola Sacco al figlio: aiuta il debole Venne giustiziato dagli Stati uniti d'America il 23 agosto 1927, con Bartolomeo Vanzetti. Migranti italiani, uccisi per un reato mai commesso. L'attualità del messaggio

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Ultima lettera di Nicola Sacco al figlio Dante.

Sin dal giorno che ti vidi per l’ultima volta ho sempre
avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e
il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno
fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro
inseparabile amore potesse così tragicamente finire ! ….

Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però
questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro
affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è
possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante
il nostro lungo calvario.

Noi protestiamo oggi, come protestammo
ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio
sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna
ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la
vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio
vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie
braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i
miei cari amici e compagni di vita, non di morte.

Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo,
se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre,
nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non
dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di
non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici,
più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che
domandano soccorso.

Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi
saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e
cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver
reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del
lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e
sarai amato dai tuoi simili.

Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei
tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci
dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi
era la vita e la gioia spensierata -a soli pochi passi di distanza
dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena!… Tutto
ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo
tanto, oh, tanto. figli miei!…

Ma poi pensai che fu meglio che tu non
fossi venuto a vedermi in quel giorni, perché nella cella di morte ti
saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in
agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale
effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza
avrebbe potuto avere nel futuro.

D’altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile
in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al
mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa
crudele forma di persecuzione e di morte infame.

Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni:
ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno
ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una
volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo
affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con
tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice.

E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio,
perchè io ti amo tanto, tanto… I migliori miei fraterni saluti per
tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e
per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.

Migranti, Nicola Sacco pugliese e Bartolomeo Vanzetti piemontese. Uccisi dagli Stati uniti d’America il 23 agosto 1927 per un reato mai commesso. 




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