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Migranti: dopo la risposta all’interpellanza della deputata tarantina, “siamo più preoccupati” Il governo sul sistema degli hotspot "non soddisfa". Timori per "la paventata, continua, lesione dei diritti fondamentali"

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Di seguito il comunicato diffuso dall’associazione Babele:

È arrivata venerdì scorso la risposta del Governo Renzi all’interpellanza urgente presentata un mese fa, dai deputati di Sinistra italiana, e relativa alla situazione dell’hotspot per l’identificazione dei migranti situato nel porto di Taranto, operativo dal 17 Marzo 2016 e degli altri “punti caldi operativi” – Pozzallo, Lampedusa e Trapani – che attualmente rappresentano il sistema italiano dell’accoglienza ai rifugiati e profughi basato sul modello degli hotspot.

Non è soddisfatta della risposta data dal sottosegretario agli Interni, Domenico Manzione, la deputata tarantina di Sel Donatella Duranti, relatrice in Parlamento dell’interpellanza, a cui si unisce l’Associazione Babele: “Anzi, siamo preoccupati di più. Per la paventata, continua, lesione dei diritti fondamentali che il sistema hotspot genera. Le nostre previsioni sono state confermate da quanto detto in Parlamento dall’esponente del Governo Renzi” – denuncia: “ i dubbi e le perplessità rispetto all’approccio sono confermati”.

Arriva la conferma, infatti, dalle parole del sottosegretario, che “i migranti vengono trattenuti per il tempo necessario”; ciò significa quello che è stato già riferito dai funzionari di polizia presenti all’interno dell’hotspot, ovvero che il fermo arriva ad estendersi anche a 72 ore, e oltre. Violando palesemente, così, l’articolo 13 della Costituzione, fondamento del nostro ordinamento democratico che vieta il prolungamento del fermo senza un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria. Non soltanto. Permangono i dubbi, già evidenziati in passato, sul rispetto dell’ obbligo di informativa legale, come prevista dal decreto legislativo n. 142 del 2015. Già per questi, ma anche per tanti altri motivi, si ribadisce al Governo la necessità di chiudere gli hotspot perché anche nella risposta data dal suo esponente “non è stata indicata alcuna base giuridica di istituzione degli stessi”. Risulta confermato invece il loro unico uso: a distinguere per nazionalità chi ha diritto alla protezione internazionale e chi no. Gli hotspot sono esclusivamente questo. La prova è nella distinzione che avviene sulla base della fotosegnalazione e dell’identificazione, di migranti che avrebbero diritto alla protezione internazionale e di migranti invece cosiddetti economici che non ne avrebbero diritto. È la differenziazione in base alla nazionalità, alla razza. Come spiegare altrimenti che le persone di origine marocchina vengono catalogati a parte come migranti economici e quindi non riescono ad entrare nel sistema di accoglienza e di protezione? Come spiegare che gli egiziani vengono immediatamente rimpatriati? Come è accaduto il 10 aprile 2016, quando circa 250 migranti di nazionalità marocchina sono stati accompagnati alle porte dell’hotspot di Taranto e sono stati consegnati loro provvedimenti di respingimento alla frontiera. Migranti marocchini che non avrebbero potuto fare altro che riversarsi nella stazione ferroviaria cittadina, abbandonati a loro stessi, senza denaro, senza sostegno di alcun tipo, con il conseguente pericolo di una emergenza sociale, di cui, ovviamente, le prime vittime sono i migranti. Ci chiediamo: “ non sarebbe necessario piuttosto un utilizzo delle risorse pubbliche da indirizzare in modo diverso per sostenere un percorso di accoglienza migliore nei confronti di tutti i migranti, indipendentemente dalle ragioni per cui scappano dalle terre di origine”?

Occorre – anche per questo – fermare l’approccio hotspot che si configura come un’ulteriore violazione dei diritti di uomini e donne che scappano dalla guerra, dalle torture, ma anche dalla fame, da condizioni di tipo economico che non garantiscono loro la sopravvivenza. Non lo dimentichiamo. La risposta del nostro Paese alle sfide sociali poste dai flussi migratori non può essere il rafforzamento della polizia europea e del sistema Frontex né la possibilità di istituire gli hotspot mobili, in mare, per fermare i migranti nei Paesi di origine (dove spesso si verificano gravi violazioni dei diritti umani) come è stato paventato dal Ministro Alfano. Occorre pensare a canali umanitari, a istituire, come è stato spesso richiesto da tante associazioni, un Mare nostrum europeo che garantisca che i migranti arrivino almeno in sicurezza. Un ultimo allarme sulla lesione di diritti fondamentali è in riferimento all’accesso e alla trasparenza che non è assolutamente garantita nel momento in cui non è garantito l’ingresso negli hotspot, per esempio, ai giornalisti, e alle associazioni di tutela o associazioni di volontariato che operano sui diversi territori e che spesso si devono rivolgere ai parlamentari per poter entrare in questi non luoghi.

Un’ultima lesione dei diritti umani è avvenuta in occasione dell’ultimo sbarco di pochi giorni fa, quando cinque egiziani arrivati all’hotspot di Taranto sono stati espulsi e rimandati nel loro Paese. Come è noto, l’Italia non ha un elenco di Paesi terzi sicuri; secondo noi non è possibile che vengano espulsi migranti che provengono dall’Egitto che oramai, anche a seguito dell’atroce assassinio di Giulio Regeni, non possiamo affermare che sia un Paese che rispetta i diritti umani.

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