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Martina Franca: l’ex sindaco all’attuale, non convince l’intervento edilizio nei pressi della riserva naturale Franco Ancona a Gianfranco Palmisano

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Franco Ancona, sindaco predecessore di Gianfranco Palmisano, ha scritto all’attuale primo cittadino di Martina Franca:

Egregio Sig. Sindaco,

alcuni giorni fa, recandomi alla Riserva Bosco delle Pianelle, ho potuto notare un cantiere in costruzione di alcuni capannoni in prossimità della strada panoramica che da Martina conduce a Massafra, attigua alla stessa Riserva.

Senza dubbio, si tratta di un intervento a forte impatto ambientale in una zona naturale di grande pregio e del quale, stranamente, non si è avuta notizia.

Consultando il portale internet del nostro Comune non ho riscontrato una valutazione del pur costituito

Osservatorio sulla pianificazione urbanistica (Osservatorio per la bellezza), neppure di natura consultiva.

Ho cercato, dunque, di acquisire informazioni sul procedimento che ho trovato nella documentazione per l’acquisizione della Valutazione di Incidenza Ambientale pubblicata della Provincia di Taranto.

La città non molto tempo fa è stata impegnata in un acceso dibattito che ha portato ad eliminare la previsione di attività produttive in aree di eguale pregio, che per dimensione e qualità delle tutele possono essere equiparate a quelle interessate dal progetto, ma che erano in prosecuzione delle attuali aree produttive della città.

Entrando nel merito del progetto imprenditoriale, ho potuto notare che non vi è alcuna relazione tra la nuova attività e la contermine masseria, che tutti conosciamo come “Piovacqua” (7175 mc).

Sarebbe stato di grande interesse se il complesso edilizio della masseria che ha nel passato animato una fiorente attività agro-silvo-pastorale, fosse stato destinato a svolgere, con i necessari adeguamenti, il ruolo di centro propulsore della nuova attività agricola, con nuove funzioni e nuove tecnologie.

Dalle sommarie informazioni sembra, piuttosto, che si sia proceduto a uno “spezzatino”, estrapolando il grosso complesso edilizio della masseria dal resto dell’intervento.

Intervento che, in aree di pregio, ha, invece, previsto la costruzione di nuovi capannoni per lo stoccaggio, la lavorazione, la degustazione e la vendita dei prodotti coltivati negli 34,10 ettari disponibili, gli uffici amministrativi, gli alloggi e il rimessaggio. Funzioni che ben avrebbero potuto essere allocate, almeno in parte, nello storico edificio.

Non appare condivisibile, pertanto, l’affermazione, contenuta nelle relazioni di progetto, quando asserisce che “dal sopralluogo effettuato in loco, nonché come da Dichiarazione sostitutiva di atto notorio ratificata dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della committente società agricola […], gli scriventi tecnici dichiarano che, presso i fondi rustici condotti dalla committente non sono presenti strutture, manufatti e opere edili destinati o destinabili allo svolgimento delle anzidette attività agricole e connesse, e che pertanto, la realizzazione delle strutture progettate risulta essere tassativa e perentoria ai fini dell’ordinario svolgimento di dette attività ai sensi delle vigenti normative in materia”.

Anche le residuali attività dell’allevamento del cavallo e della lavorazione del miele si sarebbero potute avvalere del valore di bellezza conferito dalla storica masseria.

Sorprende, inoltre, che non sia stata colta l’opportunità di allocare l’intervento in questione nelle aree, a suo tempo, individuate dall’Amministrazione comunale e recepite dalla Regione Puglia, giusta DRG 612 del 29 marzo 2019, quali possibili aree di atterraggio degli interventi previsti nelle Zone Economiche Speciali (ZES).

L’iniziativa imprenditoriale che ci occupa, consistente in un progetto “agricolo”, sarebbe stata certamente allocabile in tali aree, andando, così, incontro all’osservazione al Piano Urbanistico Generale formulata da diverse associazioni, che hanno chiesto di ridestinare, specificatamente all’agricoltura, i suoli da molti anni inutilizzati del consorzio Artemoda.

Inoltre, il progetto assentito a favore della società richiedente prevede la perforazione di un nuovo pozzo per l’emungimento delle acque dalla falda posta a 458 metri di profondità (come da relazione agronomica), per soddisfare la previsione di un fabbisogno annuo di 54.850 metri cubi di acqua.

Anche sotto questo profilo, l’allocazione dell’intervento sui suoli siti in prosecuzione della zona produttiva di via Mottola sarebbe stata più funzionale. Questi suoli, infatti, sarebbero stati facilmente raggiungibili dalla rete di distribuzione delle acque reflue depurate destinate all’irrigazione. E ciò avrebbe comportato un notevole risparmio della risorsa idrica che sappiamo, purtroppo, essere sempre più scarsa e contesa.

Nell’intervento assentito a Piovaqua, come detto, è stata autorizzata la perforazione di un pozzo a servizio esclusivo del privato. Tuttavia, era nota da tempo alla Regione (ente autorizzatore) la necessità di rifornire con un pozzo pubblico le numerose aziende di allevamento insediate in zona, che devono percorrere giornalmente diversi chilometri per approvvigionarsi di acqua e che utilizzano mediamente ciascuna meno di un decimo dell’acqua richiesta dalle nuove coltivazioni.

Scavare un pozzo “pubblico” ad iniziativa regionale avrebbe significato, dunque, compiere un passo orientato all’interesse generale della nostra città nel contribuire a mantenere in efficienza le nostre aziende agricole e dell’allevamento. Realtà produttive che, dobbiamo sempre tenere presente costituiscono i pilastri su cui si fonda la tutela del nostro territorio e la bellezza del nostro paesaggio.

Rappresento, infine, la forte preoccupazione circa l’operatività della nuova disciplina della ZES unica nei termini in cui ha potuto operare nella nostra città ignorando il ricco dibattito sviluppatosi intorno all’uso del nostro territorio di pregio che enti, associazioni e ordini professionali hanno espresso nel corso della partecipazione alla pianificazione urbanistica, nel recente passato e che non sembra siano state coinvolti nel caso che ci occupa.

Va evitato il rischio che tale dinamica possa nuovamente ripetersi, alzando il livello di attenzione di fronte a interventi che, come sta accadendo in altre città, vanno esaminati e discussi al fine di renderli compatibili con il contesto che li ospita.

Spero di aver fatto cosa gradita.

Cordialmente,

Franco Ancona

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