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Pensioni integrative, il governo al lavoro per un “piano giovani”

L’hanno definita “bomba sociale” e forse il termine è quanto mai appropriato. Si descrive così quello che potrebbe succedere tra qualche decennio, quando i giovani lavoratori di oggi dovranno accedere alla pensione. Una generazione destinata ad un assegno bassissimo, ad oggi privo delle necessarie coperture economiche. Secondo gli esperti, l’anno zero per le pensioni sarà il 2030. È questa, insomma, la data da scongiurare e da risolvere più in fretta possibile.

Per questo il Governo, che ha già comunicato le sue intenzioni alle parti sociali, sta pensando a una riforma per guardare alle esigenze dei giovani “contributivi” con carriere discontinue. Ad oggi infatti, secondo una  simulazione della Corte dei Conti, solo i dipendenti delle Forze Armate e del comparto sanità potrebbero aspirare ad una pensione pubblica accettabile, mentre le fasce più fragili sono quelle dei lavoratori autonomi e dei coltivatori diretti. È per questo che si guarda a un Piano Giovani, che non vedrà comunque la luce prima del 2025, indirizzato su misure specializzate come il riscatto agevolato della laurea e su incentivi per la previdenza complementare.

Scegliere la strada della pensione integrativa, insomma, è più che mai attuale nel panorama economico e sociale italiano. Un investimento che guarda proprio al futuro, nello specifico all’età del pensionamento, e che permetterebbe di andare a sostenere l’assegno mensile erogato dall’Inps, che da solo rischia di non assicurare il tenore di vita a cui il lavoratore è abituato.

Il piano del governo dovrebbe andare a dare forza a questa strada, una strada che ancora non viene presa in considerazione in maniera massiccia. Secondo l’ultima relazione annuale redatta dalla Covip, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, sono ancora pochi i giovani che accedono a questa forma di investimento. A fine 2022 gli under 35 sono meno del 19%, con la fetta più cospicua rappresentata dalla fascia tra i 35 e i 54 anni. “Dal 2018 al 2022 si è assistito a un progressivo spostamento dalle classi di età centrali a favore di quelle più anziane, pari a circa cinque punti percentuali” spiegano dalla Covip, che sottolineano comunque una crescita della fascia giovane di 1,1 punti percentuali. Un’evoluzione che porta comunque l’età media degli scritti a 47 anni.

Serve fare qualcosa in fretta, insomma, per arginare i rischi di una crisi sociale che ad oggi appare sicura. E per mettere al sicuro il futuro di tutti i lavoratori.


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