Di seguito alcuni comunicati diffusi dal coordinamento nazionale docenti delle discipline dei diritti umani:
Nel giorno in cui ricorre il venticinquesimo anniversario della tragica scomparsa dei Finanzieri mare Salvatore De Rosa e Daniele Zoccola, caduti in servizio il 24 luglio del 2000 durante un’operazione di contrasto al traffico di esseri umani nelle acque del Canale d’Otranto, il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani si unisce alle autorità civili e militari nel rendere omaggio a due figure esemplari del dovere pubblico.
Oggi, come allora, il contrasto alla criminalità organizzata e alle reti internazionali di sfruttamento umano rappresenta una delle frontiere più complesse e insidiose per le istituzioni democratiche. Nel 2025 il Mediterraneo resta un’area critica: luogo di transito e troppo spesso di tragedia, in cui le organizzazioni criminali continuano a sfruttare vulnerabilità sistemiche per alimentare traffici disumani. In questo scenario, il ruolo delle forze dello Stato è sempre più esposto e carico di responsabilità etiche oltre che operative.
In tale contesto, la vicenda di De Rosa e Zoccola non può essere letta solo come un tragico episodio del passato, ma come una lezione attuale e permanente di integrità, disciplina e professionalità al servizio della collettività. La loro scelta – operare anche fuori dal turno di servizio per rispondere a un’urgenza operativa – non fu dettata da impulso, ma da una visione chiara della funzione pubblica intesa come missione civile.
La loro morte, avvenuta per mano di trafficanti che deliberatamente speronarono la loro unità navale pur di sottrarsi alla giustizia, non è solo un atto criminale: è un attacco diretto ai valori fondamentali dello Stato di diritto. De Rosa e Zoccola incarnarono, con lucidità e coraggio, l’essenza stessa della legalità operante: non la legge come concetto astratto, ma come impegno quotidiano, esercitato con rigore, competenza e senso del limite anche nelle condizioni più difficili.
Il Coordinamento ritiene che figure come queste debbano entrare stabilmente nel percorso formativo delle nuove generazioni. In un’epoca segnata da crisi valoriali, retoriche semplificate e delegittimazione del sapere istituzionale, l’educazione alla legalità va intesa come educazione alla complessità, alla conoscenza delle regole democratiche, al rispetto delle persone e al riconoscimento del lavoro di chi opera per garantire sicurezza e diritti.
Per questo motivo il Coordinamento promuove, nel quadro delle attività didattiche, la valorizzazione di esperienze esemplari di servizio allo Stato, attraverso progetti educativi che integrino studio del diritto, storia civile, etica pubblica e testimonianze dirette. È attraverso tali percorsi che si formano cittadini consapevoli e capaci di riconoscere la differenza tra l’apparente normalità e l’autentica responsabilità.
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Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani ricorda, nel giorno del 34° anniversario dell’agguato camorristico in cui fu ucciso Alberto Varone, la figura di un uomo semplice e tenace, il cui rifiuto di piegarsi alla logica del compromesso criminale rappresenta ancora oggi un esempio altissimo di integrità civile.
Alberto Varone era un piccolo imprenditore originario di Carano, nel comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Diviso tra due lavori per sostenere con dignità la propria famiglia, fu più volte minacciato per essersi rifiutato di pagare il pizzo e cedere la propria attività al clan dei “Muzzoni”. La sua fermezza lo rese un bersaglio: il 24 luglio 1991 venne ucciso brutalmente lungo la via Appia, in località Acqua Galena. In quel gesto criminale non fu colpito solo un cittadino onesto, ma l’intera idea di libertà economica, di legalità vissuta nel quotidiano, di coraggio civile.
A rendere ancor più drammatica la lezione che ci consegna la storia di Alberto è il fatto che oggi, nel 2025, la criminalità organizzata torna a colpire con sempre maggiore insistenza proprio tra le fasce più giovani della popolazione. Dalle indagini della magistratura antimafia emerge un quadro allarmante: si abbassa l’età dei reclutati nei clan, aumentano le condotte violente tra minori, si diffonde la percezione di una scorciatoia sociale rappresentata dalla criminalità. L’assenza di presìdi educativi strutturati, di esempi civili tangibili, e di occasioni concrete di riscatto rende vulnerabili moltissimi adolescenti, soprattutto in territori dove la povertà materiale si somma a quella culturale.
In questo contesto, il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani rilancia con decisione la necessità di un rafforzamento incisivo dell’educazione alla legalità nelle scuole. Si tratta di andare oltre le giornate celebrative e costruire percorsi didattici in cui il rispetto delle regole non sia trasmesso come imposizione, ma come scelta consapevole. La legalità deve entrare nel linguaggio quotidiano della scuola, attraverso il racconto di storie come quella di Alberto, l’incontro diretto con familiari di vittime innocenti, l’interazione con testimoni di giustizia, il contatto con le esperienze virtuose nate sui beni confiscati, e il confronto con le realtà associative che operano per il riscatto delle comunità.
È solo attraverso un’educazione autentica, capace di affrontare anche le forme nuove e digitali della devianza, che potremo restituire ai ragazzi una visione alternativa della realtà: una visione che non riduca il coraggio alla prevaricazione, la forza all’arroganza, la libertà all’impunità. L’esempio di Alberto Varone va allora proposto ai nostri studenti non come un episodio remoto da commemorare, ma come una presenza viva, come una voce che ci chiede oggi, con urgenza, di scegliere da che parte stare.
Il Coordinamento ribadisce il proprio impegno a supportare e promuovere percorsi di formazione civica e umana, capaci di rendere la scuola un laboratorio di resistenza morale e di partecipazione democratica. In questo, la figura di Varone resta una guida preziosa. Il suo nome, inciso nella memoria collettiva attraverso le sentenze che hanno assicurato alla giustizia i suoi assassini, vive anche nei campi gestiti dalla cooperativa “Al di là dei sogni” e nel presidio di Libera a lui dedicato. Vive, soprattutto, in ogni giovane che oggi sceglie la via della responsabilità e della coscienza.