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Taranto: il progetto Ferretti per il rilancio della cantieristica da diporto è un’opportunità nuova, sostiene il consigliere comunale Battista critica gli scettici sulla proprietà cinese

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Scrive Massimo Battista, consigliere comunale di Taranto:

Nella giornata di ieri ho proposto  in Commissione assetto del territorio ( c.a.t) ai  consiglieri comunali  di inserire   nella prossima commissione all’o.d.g la vicenda del gruppo Ferretti il cui 90%  è nelle mani della cinese Weichai Group.
Su Taranto si sono posati gli occhi interessati di questo gruppo cinese pronto ad investire sull’area dell’ex Belleli, tra Pino solitario e il molo polisettoriale.
Il progetto prevede il rilancio della cantieristica da diporto, produzione di scafi in vetroresina e anche l’installazione di un centro ricerca.
La possibilità di una produzione che non sia legata al modello industriale a cui la nostra città è stata obbligata in questi anni, per scelte calate dall’alto da chi ha fatto di Taranto terreno di conquista e da chi ha solo pensato ai suoi pacchetti di voti.
Tutto questo ha risvegliato il “finto” patriottismo di alcuni parlamentari di Forza Italia e Fratelli D’Italia eletti a  Bari e Brindisi, a quanto pare il problema sarebbe che i proprietari della Ferretti, l’azienda interessata a lavorare su Taranto, siano cinesi.
Dico finto perché gli stessi parlamentari hanno taciuto quando i turchi hanno messo le mani per 49 anni sull’ex TCT o quando gli indiani prendevano l’ex Ilva.
Che sia solo timore, il loro, nel vedere una Taranto competitiva a livello portuale, in pratica potrebbe essere solo mero campanilismo.
Parlamentari quelli che hanno portato un interrogazione alla Camera che nulla hanno a che fare con Taranto, che molto probabilmente non conoscono nemmeno le criticità del nostro territorio.
Proprio per questo chiedo ai miei colleghi consiglieri di dichiarare apertamente il loro pensiero sulla vicenda, senza distinzioni tra maggioranza e opposizione, affinché si scongiuri l’ennesimo scippo nei confronti della nostra città.
Non mi meraviglierei se, come successo in passato, un investimento simile venga dirottato sull’Adriatico.
Taranto merita delle alternative e nel momento in cui queste si presentano, bisogna saper sia vigilare che difenderle da chi ci vorrebbe sempre schiavi della grande industria.




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