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Martina Franca e Massafra, i tragici destini incrociati di due bambini Alla stessa ora i funerali dei genitori di un bimbo e le esequie del figlioletto di una coppia: sconvolgono oggi le famiglie e un territorio

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Di Antonio Scialpi:

La morte attraversa quotidianamente le nostre esistenze.

Le vite spezzate prima di Martino e poi di suo fratello e sua cognata, Cesare e Liliana, dopo solo 15 giorni, hanno aperto ferite brucianti nelle famiglie e nella Comunità di Martina Franca.
Resta Francesco con i suoi dieci mesi di vita.
Il suo sguardo innocente e pieno di vita.
Oggi i funerali.

A Massafra quasi alla stessa ora l’ultimo saluto a Michele di venti mesi.

Due bambini.
Due storie di vita.
Una lanciata nell’esistenza.
L’altra nell’universo senza spazio e senza tempo.

Per Francesco senza genitori ma con i nonni che hanno perso Martino e Cesare e Liliana.
Francesco sotto lo sguardo cullante dei nonni e di tutta la Comunità addolorata.

Per Michele restano gli sguardi interroganti dei genitori.

Perché succede tutto questo?

Nel labirinto dell’esistenza il filo lacerato di Arianna non ha molte risposte.
Sarà il caso.
Il destino.
La necessità della vita.
L’incrocio di circostanze.
La distrazione dal dolore o la concentrazione sul dolore.
L’attenzione solo per il presente.
L’assurdo.
Forse tutto.
Forse niente.
Il fatalismo chiude l’interrogazione con ferite amare da rimarginare.
L’incommensurabile solidarietà lenisce il dolore delle famiglie.
Ma il dolore resta.
Ti segna per sempre.
Per chi ha fede è la prova del divino dell’umano.
L’infinito nel finito limitato dal tempo e dallo spazio.
Per Heidegger noi siamo autentici perché nasciamo per morire.
La nostra autenticità.
E quand’anche la morte ci accompagna come un “vizio assurdo” come bivio dell’esistenza sale forte ancor di più il bisogno di vita.

Vivere.
Vivere per dar vita a Francesco.
Le morti ci richiamano al valore della vita.
Seppur in un labirinto.
Il senso della vita spesso smarrito e confinato dell’ebbrezza di cose futili.
Nella contingenza della velocità.
I lutti di una comunità abbattendo i giusti confini della famiglia possono servire a ritrovare un nuovo umanesimo.
Le relazioni lacerate richiedono più mediazioni sociali.
Questa parallela tragedia rimanda al contrasto tra ciò che è piccolo e fragile e ciò che è grande.
La nostra esistenza quotidiana è rimpicciolita.
Ma non bisogna perdere di vista la grandezza del vivere e delle relazioni umane.
C’è bisogno di un po’ di distanza di tempo e di spazio.
Ora siamo nel labirinto.
La memoria incrocerà gli sguardi.

Ci restano quelli.

LONA


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