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Martina Franca: niente convenzione, la Croce rossa si fa pagare dai pazienti. Prima pagava il Comune Sospeso un servizio da seimila euro annui

croce rossa

La comunicazione di fine gennaio, alla sezione di Martina Franca della Croce rossa italiana, è arrivata pochi giorni dopo. Comunicazione firmata dal segretario generale, nonché dirigente del settore Politiche sociali, del Comune. Eugenio De Carlo dice ai responsabili dell’organizzazione di soccorso: scaduta la convenzione e non rinnovata, dal 31 dicembre scorso ogni attività che era in convenzione va considerata interrotta fino a eventuale nuova stipula. Un concetto logico, quello espresso dal dirigente. Ovvio, perfino.

Cosa comporta questa ovvia considerasione? “Comporta che dobbiamo sospendere i 67 trattamenti Tao con prestazione a domicilio” dice Donato Ignatti, responsabile locale della Croce rossa. Si tratta di prestazioni per chi ha problemi di fluidità del sangue, 67 persone appunto nel territorio martinese, che è notoriamente sterminato. Prima in regime di convenzione, quelli della Croce rossa compivano ogni giorno il le prestazioni Tao, adesso al massimo possono fare i fax per certificare la situazione di ogni singolo trattamento.

E poi c0è il servizio di pronto farmaco. Quello, per una decina di anni, è stato svolto senza intoppi, racconta Ignatti. Poi è arrivata l’interruzione imposta dal Comune con quella lettera. Cosa comporta in concreto per le persone? “Noi facevamo quattro-cinque prestazioni di pronto farmaco al giorno, in convenzione con il Comune”. Cioè, chi è impossibilitato a muoversi da casa per le sue (certificate) condizioni di salute, si fa portare i farmaci dalla Croce rossa. Adesso? “Adesso continuiamo a farlo, ma ci facciamo pagare dai cittadini, due euro e mezzo che naturalmente certifichiamo con una ricevuta di quanto loro ci pagano”. Dunque, un potenziale di circa 1500 prestazioni annue di pronto farmaco non è più “coperto” dal Comune di Martina Franca. Ma, a proposito, questa convenzione quanto costa ogni anno? “Seimila euro”.

Una comunità, per i suoi concittadini ammalati, forse seimila euro totali in un anno, magari, è disposta pure a spenderli. E un’amministrazione pubblica?

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