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Giacomo Lezoche, pugliese amante dell’arte trapiantato a Milano senza mai dimenticare Trani Ricordi

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Di Franco Presicci:

Era arrivato a Milano da Trani. Tantissimi anni fa. Dei corregionali a Milano già sapeva migliaia di cose. Tante da poter scrivere un libro. Una volta gli chiesi notizie sulla prima mostra di pittori pugliesi nel capoluogo lombardo e mi rispose senza esitazione: dal 22 settembre al 10 ottobre del 1929. Giacomo Lezoche, di professione commercialista con studio in corso Venezia 8, aveva una memoria formidabile. Aveva in mente intere pagine dell’interessante volume “Il Trani di via Lambro”, di Vincenzo Pappalettera, che con “Tu passerai per il camino” (sul “lager” di Mauthausen), vinse il Premio Bancarella nel ‘56.
Lezoche era uno di quei pugliesi che ti invitano a casa e ti trattano come uno di famiglia che non vedono tempo. Così mi sentii io, quando una ventina di anni fa mi chiese se avrei gradito di stare a tavola con lui e la moglie a Trani, dove aveva una bellissima casa acquistata da una famiglia di pescatori e restaurata secondo moderni canoni estetici. Era suo ospite il baritono Giuseppe Zecchillo, che sapevo mio amico. “Vengo con mia moglie”, gli dissi. “Sì, certo, sarà un piacere doppio”. “Giacomo, guarda che da Martina Franca, dove mi sto godendo la campagna, a Trani è una bella tirata”. “E che problema c’è? Tu sei abituato alle lunghe distanze”. Aveva la battuta pronta.

IMG 20250525 WA0001Il giorno stabilito mi misi al volante e lo raggiunsi. Arrivai alle 9 del mattino, feci una passeggiata dal porto al centro, entrai in un paio di chiese, una più bella dell’altra, ascoltai le conversazioni in dialetto della gente e di alcuni che si davano appuntamento al porto al pomeriggio verso le 5, ora in cui arrivavano le barche con il pesce in vendita al dettaglio, quindi con mia moglie mi presentai a casa Lezoche. Mentre Zecchillo si offriva al sole sul terrazzo, noi in salotto parlammo dei pugliesi a Milano; di Nino Palumbo, lo scrittore di “Mare verde” (pubblicato da Parenti nel ‘61) e altri libri… che dai navigli si era trasferito in Liguria, dove morì a Genova nel 1983. Poi mi fece dono di un opuscolo in fotocopia, “Ipotesi”, dell’aprile ‘76, con un testo di Carlo Bo.
Poi spalancò un cassetto e tirò fuori tanti documenti e me li mostrò, accennando a tanti argomenti, tra cui l’Associazione regionale pugliesi (di cui era stato presidente); le iniziative per la Puglia che si potevano mettere in cantiere; piazzò sul tavolo alcune riproduzioni di opere che erano state esposte alla mostra del ‘29 dopo essere state scelte da una commissione nominata dall’avvocato Alfredo Violante e da Leonardo Dragonetti.
A mezzogiorno, pranzo al ristorante sotto casa con spaghetti con i frutti di mare e un grosso sarago che deliziava solo a vederlo. Ci venne mostrato orgogliosamente prima che fosse calato in padella. Parlammo di Puglia anche fra i piatti; di Trani, ricca di sole, con il porto che quasi lecca le case bianche; e dei suoi ex concittadini che arrivarono a Milano aprendo trattorie detti appunto “trani”.
Ogni anno Lezoche tornava alla “culla” e quasi ogni giorno scendeva ad aspettare i pescatori, per vedere guizzare il pesce e i granchi tentare di svignarsela tra i piedi degli acquirenti. Corsa breve e inutile.
Lezoche era un uomo affabile, generoso, legato a Milano come a Trani e grande estimatore di Palumbo, anche lui nato in quella città e innamorato delle facciate dei palazzi patrizi di corso Venezia. Non perdeva occasione per entrare in quello che ospitava il Circolo della Stampa e che a suo tempo aveva accolto in pompa magna Napoleone Bonaparte. Non mancava mai alle manifestazioni che riguardavano la nostra regione. Venne in via Brera per quella in scena al Cida (Centro informazioni d’arte) nel 1976, ispirata da un’inchiesta su “L’Europeo” di Salvatore Giannella, dove s’incontrò con Piero Mandrillo, giunto dalla Bimare con la “troupe” di Tv Taranto, e con Guido Le Noci, uno dei più grandi galleristi d’Europa, martinese tenace e intelligente.
Lezoche non aveva rinunciato a creare un secondo sodalizio pugliese, annoverando Palumbo Zecchillo, Palumbo, Chechele, Angiulli… Aveva molti amici, tra cui Filippo Alto; il giornalista e documentarista della Rai Mario Azzella, anche lui di Trani, dove non è mai stato dimenticato (credo che gli abbiano anche dedicato una piazza)… Quando Alto, pittore barese di respiro nazionale, scomparve, durante un’affollata commemorazione svoltasi all’Airp, allora in piazza Duomo, il giornalista Giacomo De Antonellis lesse una toccante poesia sull’artista composta proprio da Azzella, persona coltissima, spiritosa, disponibile, discreta. Erano presenti fra gli altri Sebastiano Grasso e Raffaele De Grada, critici d’arte del “Corriere della Sera”.
Giacomo non amava i pugliesi che osannano la terra dei padri e poi ostentano il dialetto milanese per nascondersi (ne parla anche Giuseppe Giacovazzo nel suo volume “Puglia il tuo cuore”). La Puglia l’amava davvero. Ed era scrupoloso nel seguire le attività dei conterranei a Milano e meticoloso nel raccogliere documenti sulla nostra terra: libri, giornali impolverati per la lunga giacenza in un archivio privato, foto, il numero di telefono dell’Airp di quando aveva la sede in via Torino, lettere, comprese quelle di Palumbo, che – detto per onore di cronaca – aveva una intensa corrispondenza con Elio Vittorini. Ammirava moltissimo i quadri del pittore Filippo Alto, che celebrava la Puglia con ardore: Martina Franca, Cisternino, Locorotondo, il paese di Giuseppe Giacovazzo che vi confezionava la rivista “Paese Vivrai”.
Quando il discorso cadeva su Alto, ricordava i critici consacrati che si erano occupati della sua arte: tra cui Mario De Michele e Rossana Bossaglia, le sue mostre anche oltreconfine. A Giacomo piacevano anche le opere di Zecchillo, realizzate con la pasta (spaghetti, bucatini, maccheroni…) passati con la porporina per ottenere il colore dell’oro. Quando entrava nello studio del baritono in via Fiori Chiari, a Brera, li osservava e gli sembravano cosmici. Quello era stato lo studio di Piero Manzoni, famoso, anche a livello internazionale, non solo per la Merda d’artista.
Zecchillo e Lezoche erano conosciutissimi e apprezzati. Il cantante, che spesso contestava dal loggione del tempio della lirica, lanciando volantini, aveva anche lui radici pugliesi, e della Puglia parlava spesso con piacere e rispetto: il nonno e il papà erano proprio di Trani. Nessuna delle persone nominate fin qui è ancora fra noi, ma non sono stati dimenticati. C’è chi continua a scrivere di Filippo Alto, del suo studio a Figazzanno, pochi chilometri da Martina; delle sue esposizioni nella terra amata, della sua passione nel collezionare fischietti di terracotta, soprattutto quelli della banda dei carabinieri; della cura che aveva per un grande vecchio telaio che prendeva mezzo salone. “Rappresenta il lavoro prestigioso delle donne di una volta e occorre custodirlo con attenzione”. Con il passar del tempo si riempì di tarli, ma lui continuò a tenerlo come un bene prezioso. Aveva messo gli occhi sul giogo che tengo appeso a una parete nella mia casa rurale a Martina e più volte sono stato sul punto di regalarglielo. Conservo gelosamente un lungo articolo che gli dedicò Michele Campione, della Rai, quando il pittore morì in seguito a un gravissimo incidente stradale nei pressi di Ancora, mentre andava a Foggia per festeggiare il Natale con la mamma.
Non ho dimenticato Azzella e le sue barzellette al termine dell’inaugurazione di uno degli studi di Filippo a Milano, in via De Castiglia, una via oggi di gran classe. E non dimentico Giacomo Lezoche, su cui medito sfogliando il libro “Il Cenacolo Professionale ‘Solferino’”, edito da Nunzio Schena, grande, prestigioso editore molto conosciuto anche a Milano (del quale è stato festeggiato da poco a Fasano il centenario della nascita). Quelle pagine sono ricche di testimonianze, compresa la testata della rivista “Terra di Puglia” (telefono 86.140), sede in via Sant’Antonio 14, a Milano, data alle stampe nel giugno del 1930. Vi ho letto testi sull’associazionismo pugliese nel secondo dopoguerra; sull’Associazione “Solferino” dalla Costituzione al 1978… e ho visto foto di gruppi di tranesi nel capoluogo lombardo; dei partecipanti alla commemorazione di Nino Palumbo; il commentatore politico della Rai Giorgio Vecchietti, che moderava fra l’altro “Tribuna politica”.
Al cenacolo si tennero anche seminari su diverse tematiche. “Questi incontri atti ad approfondire i valori storici delle realtà locali delle diverse regioni italiane devono essere intesi come prestazioni di servizi offerti senza fini di lucro e come interscambio culturale con le associazioni regionali…”. Un giovane collaboratore di Giacomo Lezoche, con molteplici esperienze associazionistiche, propose e ottenne di avviare manifestazioni culturali a favore dei giovani. L’idea non poteva non far felice il commercialista, sempre attento a ciò che riguardava le sue radici. Del Cenacolo Solferino si parlò molto, e con molto interesse.
I soci partecipavano attivamente. In una immagine di gruppo si nota il sindaco di quella città Nicola Baldassarre e in una serata di commemorazione dello scrittore Nino Palumbo, la vedova, signora Donatella. Insomma Giacomo Lezoche non si risparmiava. Per un certo periodo, negli anni ‘70 fu presidente dell’Associazione regionale pugliesi, e in tale veste partecipò alla famosa serata al Cida, presenti fra gli altri il grande scrittore Domenico Porzio, che era nato a Taranto, e Vincenzo Buonassisi, autorevole gastronomo e già inviato del “Corriere della Sera”.
Lezoche non c’è più da anni; e non ci sono più Giuseppe Zecchiilo, Peppino Strippoli, Dino Abbascià, che assunse la presidenza dell’Associazione regionale pugliesi alla morte di Bruno Marzo, leccese intelligente e volenteroso, collezionista di francobolli e di giornali salentini dell’800.

(foto home page: Zecchillo e Lezoche; foto interna: Zecchillo, i coniugi Presicci e Lezoche)


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