Di seguito il comunicato:
La F.M.P.I. (Federazione Medie e Piccole Imprese) rappresentata dall’Avv.
Alessandro Saracino, nella sua qualità di Responsabile Nazionale Sanità e Presidente
regionale, in rappresentanza delle problematiche dei gestori dell’ambito socio sanitario
della Puglia, denuncia la gravità dei punti critici che seguono e che danneggiano
gravemente le imprese del settore ed, all’uopo, intende, con la presente, sensibilizzare la
stampa, i media, l’opinione pubblica, i sindacati a tutela di gestori lavoratori ed utenti sui
pregiudizi derivanti.
Centri diurni ed RSA sono ormai destinati ad una crisi epocale sia in termini
economici sia in termini istituzionali.
Invero, assistiamo ormai da lunghi mesi ad un irreversibile meccanismo di emanazione
di disposizioni e delibere regionali che, nel tentativo di aggirare l’ostacolo
dell’adempimento dell’impegno contrattuale a riconoscere gli accreditamenti e le nuove
tariffe, porta sempre più nel baratro le aziende di settore, imponendo alle stesse regole
organizzative e strutturali nonché tecnologiche, per lo meno in certi casi, inutili e
soprattutto in contrasto netto con la natura delle strutture in parola; tali predette regole
pregiudicano, inoltre, inesorabilmente la sopravvivenza delle stesse strutture, degli
utenti e dei dipendenti.
Per quanto riguarda i centri diurni uno degli elementi che ha sacrificato e continua
a sacrificare i gestori degli stessi è il trasporto sociale, al quale essi hanno provveduto,
anni orsono, a proprio carico sia in termini organizzativi che economici, pur essendo
questo un compito demandato alle asl che, ai sensi dell’art. 46 della L.R. 4/2010, hanno
l’onere di organizzare e gestire tale tipologia di servizio; anche in questo caso le
istituzioni competenti hanno solo procurato un arricchimento per le proprie casse (ci si
domanda: lecito?) a danno appunto delle casse dei gestori già di per sé prosciugate. A
titolo esemplificativo si intende citare la ASL TA che non ha mai provveduto a
sottoscrivere accordi specifici, come da Legge, con i gestori per tale servizio.
I regolamenti regionali 4 e 5 hanno poi imposto alle strutture del socio sanitario
l’introduzione di aspetti sanitari puri: hanno previsto l’introduzione del medico quale
responsabile sanitario, oltre che di un clinico specialista, dell’infermiere, del
fisioterapista, riducendo drasticamente ad esempio il numero degli educatori
professionali (sino a ‘ieri’ parte organizzativa preponderante e di maggiore rilievo per le
strutture a carattere prevalentemente sociale, basti pensare ai vecchi Dopo di Noi) ed
eliminando del tutto la figura professionale dello psicologo, con rischio concreto di
dimezzamento di tali professionalità; hanno imposto tutta una serie, appunto, di
adeguamenti strutturali e tecnologici di grande rilievo da un punto di vista dell’impegno
economico che ne richiede la realizzazione (letti elettrici, sollevatori, aspiratori
secrezioni bronchiali, gas medicali) il tutto con importante aggravio di costi ma senza
adottare una misura compensativa economica che, peraltro, era promessa nei predetti
regolamenti e all’atto della sottoscrizione delle preintese – avvenuta in data 24-27
gennaio, sia per le strutture già contrattualizzate che per le strutture semplicemente
autorizzate ma rientranti nell’atto ricognitivo.
Tale promessa di compensazione, quindi di rivalutazione tariffaria, non è mai stata
onorata così come l’accreditamento delle strutture che a tutt’oggi non è avvenuto, ma si
sono aggiunti elementi aggravanti che riguardano il Covid.
A tal proposito, va spiegato che la Regione Puglia ha imposto alle RSA la
realizzazione di veri e propri reparti Covid all’interno delle strutture con inevitabili costi
per rifornimento DPI, e quant’altro necessario alla tutela degli operatori e degli utenti.
Non solo. Ciò che è più importante evidenziare è che al fine di rimbalzare le
responsabilità e gli oneri organizzativi in termini di gestione dei casi Covid ‘sospetti’,
‘probabili’ e ‘confermati’, la Regione Puglia non ha tenuto conto che tale disposizione si
traduce, potenzialmente – e qualora ciò accadesse, inevitabilmente – in un vero e proprio
disastro in termini di rischio di contagio; affidare la gestione di tale patologia, acuta per
sua natura, alle strutture socio sanitarie che, per ovvie ragioni, non posseggono la medesima dotazione – in termini di tecnologie e supporti medicali e neanche di
professionalità specialistiche – dei presidi ospedalieri territoriali, appare terribilmente
pericoloso (soprattutto sulla scorta delle pregresse esperienze delle altre regioni
italiane).
Pertanto, se tale disposizione dovesse consolidarsi, la responsabilità oggettiva non
potrebbe che ricadere su chi ha imposto tale organizzazione; giammai sui gestori.
Tutto questo, per di più, privo di uno specifico accordo economico ma tutto e solo a carico
delle aziende già di per sè penalizzate per quanto sopra detto ed oggi completamente e
definitivamente aggravate da questa ultima imposizione.
Inutili e vane sono state le richieste pacifiche rivolte dalle associazioni di categoria
ad una sorda ed inquietante Regione che dovrebbe anzi lodare il lavoro svolto da tali
strutture private, che hanno saputo contenere nei momenti più difficili il rischio di
contagio, e che hanno saputo affrontare autonomamente e a proprie spese e con propri
sacrifici e, soprattutto, con assolute proprie responsabilità, il periodo di picco sin ora
registrato dell’emergenza Coronavirus.
All’uopo, si ritiene inevitabile richiamare, in quanto esemplare, la delibera della Regione
Veneto la quale, da un lato ha anch’essa introdotto la figura del Direttore Sanitario, come
pure di altri elementi organizzativi di tutela Covid ma, dall’altro, ha previsto di
rimborsare il tutto per non mettere in crisi ancora più profonda gestori ed operatori del
settore.
Tutto ciò posto e considerato, i gestori a questo punto dopo mesi di suppliche
rivolte al Dipartimento Welfare e Sanità della Regione Puglia , ormai allo stremo delle
forze economiche ed umane, aderiranno all’autoconvocazione prevista per il giorno
01.07.2020 presso la sede della Regione, insieme ai gestori appartenenti all’associazione
Welfare A Levante, per manifestare l’impossibilità a continuare in tal senso e, per certi
versi, rendendosi disponibili a sospendere ogni dialogo e rivolgersi, per la salvaguardia
dei propri diritti e dei posti di lavoro, ai giudici competenti per materia sempre che, nelle more della giustizia, riescanova sopravvivere e che, sempre nelle more della giustizia, riescano ad onorare il pagamento degli stipendi.