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Indagine sierologica: “ha destato stupore il rifiuto di molti” Lopalco: partecipare allo studio significa usufruire gratuitamente della possibilità di controllare sia il proprio stato immunitario che l'eventuale stato di portatore del virus

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Di Francesco Santoro:

“Ha destato stupore il rifiuto di molti a partecipare allo studio, probabilmente a causa di un’insufficiente comunicazione preventiva che spiegasse bene i vantaggi di partecipare a un’indagine del genere. Partecipare allo studio significa usufruire gratuitamente della possibilità di controllare sia il proprio stato immunitario, che l’eventuale stato di portatore del virus, visto che in caso di positività si è invitati anche a eseguire il tampone”. Così il coordinatore della task force pugliese per il contrasto al coronavirus, Pier Luigi Lopalco, che su Medical facts, la nota rivista scientifica fondata dal virologo Roberto Burioni, ribadisce l’utilità di partecipare allo screening di sieroprevalenza condotto da ministero della Salute, Istituto superiore di sanità e Istat per verificare la presenza di anticorpi contro il virus, anche in mancanza di sintomi. Secondo l’epidemiologo, “in un Paese in cui a gran voce si chiedono test diagnostici e in qualche regione si sono viste le file per fare, a pagamento, gli stessi test”, far parte del campione dello studio “avrebbe per molti significato vincere il biglietto di una lotteria. Per questo motivo tanti si chiedono: ma se diventa complicato convincere i soggetti estratti nel campione a sottoporsi al test, non sarebbe meglio offrirlo liberamente a chi avesse voglia di farlo?”.
Il professor Lopalco risponde alla domanda che molti pugliesi si pongono di fronte alla bassa percentuale di cittadini selezionati che hanno accettato di sottoporsi al prelievo di sangue. Perché non fare ricorso ai volontari? “Serve un campione rappresentativo della popolazione. Purtroppo- prosegue Lopalco- è il concetto di campione rappresentativo che ci impedisce di seguire questa via, senza dubbio più veloce ed economica. Per ottenere un campione di una popolazione rappresentativo, cioè che in piccolo rifletta le stesse caratteristiche della popolazione originaria, bisogna necessariamente procedere utilizzando schemi di estrazione casuale”.
Lopalco, infine, spiega che “con un numero di soggetti sufficientemente ampio, potrò misurare quello che voglio nel mio campione e avere una stima più o meno precisa di questa misura nella popolazione originaria. Se per esempio scopro che il 30% degli studenti campionati ha gli occhi chiari, posso concludere che il 30 per cento di tutti gli studenti della mia università abbia gli occhi chiari. La statistica, poi, mi aiuterà a calcolare il livello di incertezza di questa stima, grazie a parametri come varianza, errore standard, intervalli di confidenza e altre diavolerie del genere. Ecco perché non si possono coinvolgere i volontari. Se non si procedesse in questo modo, non avrei garanzie che il campione estratto rappresenta davvero la popolazione e in sostanza non saprei che farmene della misurazione ottenuta nel campione”.


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