Di Agostino Convertino:
Una telefonata tra il premier italiano Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron di qualche settimana fa ha finalmente rotto la banchisa di equivoci che ha coperto, per decenni, la cosiddetta “dottrina MItterrand” sulla cui base la Francia decideva di non decidere circa la sorte di “ex militanti” del terrorismo rifugiati in Francia. La “dottrina” era diventata una autentica palla al piede nei rapporti diplomatici tra due paesi – di lunga tradizione europeista e per di più confinanti – riavvicinati dalla comune lotta alla pandemia sostenuta da due premier sinceramente amici. La posta in palio per la nostra Repubblica è altissima ed ha come contraltare i valori della Carta Costituzionale e del nostro sistema giudiziario su un piatto della bilancia e l’attesa di decenni da parte dei familiari delle 370 vittime cadute nel corso di quasi un ventennio di feroce attacco alle istituzioni democratiche sull’altro. Non si tratta della sola nemesi verso vicende che altrimenti non potrebbero essere consegnate alla storia, non è una questione di vendetta e di sangue che risulterebbe incompatibile con quello versato per la nostra Libertà, non è la riabilitazione e/o redenzione che una società democraticamente evoluta vuole offrire a chi ha sbagliato. Ci sono delle risposte da rendere a mogli, fratelli e sorelle, figli e nipoti di chi è stato barbaramente trucidato in nome della follia.
Figli: come Michele Chionna, figlio dell’appuntato dei carabinieri Antonio Chionna, in servizio a Taranto ma residente a Martina Franca, occasionalmente agli sportelli della banca commerciale italiana la mattina del 3 giugno 1980 e coinvolto in una rapina a mano armata. Gli assassini: componenti di prima linea, la sigla terroristica che contendeva, a colpi di kalashnikov, il primato dei lutti e della ferocia alle brigate rosse. L’eroico carabiniere, appena cinquantenne, non esitò ad affrontare i terroristi nel corso di un durissimo corpo a corpo in cui perse la vita per un colpo sparato a bruciapelo. I suoi familiari, attraverso il figlio Michele, hanno tenuto un diario di questi 42 anni su cui non possono ancora apporre la parola “fine”. I loro sentimenti sono ancora durissimi e incapaci di perdonare un delitto così efferato.
Per raccontare la loro storia, Michele Chionna ci rimanda ad un bellissimo libro di Salvatore Lordi – “Anni Bui” editrice Bibliotheka – di cui la sua famiglia è co-protagonista insieme alle altre delle vittime in divisa cadute in quel periodo buio. È la narrazione della vita familiare e quotidiana, dei sogni – realizzati o spezzati – del senso del dovere e degli amori di molti caduti nell’adempimento del loro dovere. Per una meravigliosa coincidenza, la pubblicazione uscirà ufficialmente il 3 maggio prossimo e la sua complessa stesura, durata circa 3 anni, ha rappresentato un filo invisibile di solidarietà tra i familiari delle vittime. Una tappa e un’adunata verso le risposte che attendono da anni. Pertanto, le parole recentemente raccolte sul blog di Salvatore Lordi spiegano perfettamente il sentimento univoco di tutte queste persone che non va confuso con una fine sottigliezza semantica: Per i familiari delle tante vittime, sostiene Lordi, quel capitolo non è stato mai chiuso e, come una ferita sempre aperta, hanno attraversato nel dolore, momenti di solitudine e sconforto… Costoro che oggi sono stati arrestati in Francia, è un altro stralcio delle dichiarazioni di Lordi, e condannati in Italia per reati di sangue, non si sono mai dissociati dalla lotta armata. Perché, quindi, considerarli “ex”? Nel frattempo, la cronaca internazionale della complicata fase di estradizione si evolve di ora in ora. Per ora le autorità francesi, dopo gli arresti di ieri, hanno rimandato tutti a casa, con diversi gradi di libertà vigilata.