Di seguito il comunicato:
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Comitato 3 ottobre ricorda chi ha trovato protezione, ma accende i riflettori su chi non è mai arrivato a destinazione. Chi è morto durante il viaggio. Chi non ha avuto neppure il diritto di essere riconosciuto.
“Un rifugiato è chi sopravvive. Ma migliaia non ce l’hanno fatta. A loro dobbiamo verità e dignità.” — Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre
Secondo i dati dell’OIM, oltre 30.000 persone sono morte o disperse nel Mediterraneo dal 2014. Di molte non conosciamo neanche il nome. Questo macabro conteggio, però, non considera i morti e dispersi delle tante frontiere che portano in Europa. ll Comitato 3 ottobre aderisce con convinzione alla campagna dell’UNHCR “Torniamo a sentire”, che invita istituzioni, media e opinione pubblica a riscoprire la dimensione umana dietro ogni storia di rifugiato.
Perché ogni numero ha un volto, ogni naufragio ha una madre in attesa, ogni corpo ha una storia che merita di essere raccontata. In un tempo in cui il linguaggio dell’odio anestetizza le coscienze, il nostro impegno è chiaro: torniamo a sentire, torniamo a guardare, torniamo a chiamare le persone per nome.
Vogliamo un racconto della migrazione che metta al centro la dignità, la memoria e la responsabilità collettiva.
Dietro ogni numero, infatti, c’è una storia. Come quella di E., madre eritrea, che ha cercato per anni il figlio scomparso nel naufragio del 3 ottobre 2013. Grazie al lavoro del Comitato 3 ottobre e del laboratorio LABANOF dell’Università di Milano, nel 2021 è riuscita finalmente a sapere dove suo figlio è sepolto. “Da quel giorno ho potuto cominciare a piangere. Prima no: non sapevo nemmeno se fosse vivo o morto. Ora so dove andare a parlargli.” O quella di A, una donna eritrea, arrivata in Italia nel 2024 con un filo di speranza dopo aver perso ogni traccia della nipote. Nel 2024, proprio a Lampedusa durante l’XI Giornata della Memoria e Accoglienza, dopo anni di attesa e silenzi, è arrivata la conferma: grazie al prelievo del suo DNA, la nipote è stata identificata. Queste madri hanno avuto una risposta. Ma centinaia di famiglie aspettano ancora.
Il Comitato 3 Ottobre lancia un appello alle istituzioni italiane ed europee:
Istituire un sistema europeo per l’identificazione delle vittime dei naufragi
Creare una banca dati transnazionale dei migranti scomparsi
Riconoscere formalmente il diritto alla verità
Ma non basta identificare. Serve anche custodire i loro resti con cura. Troppi corpi recuperati dal mare riposano in cimiteri sparsi per l’Italia, senza nome, senza mappa, spesso dimenticati e trascurati. Ma una civiltà si vede da come tratta i suoi morti: anche quelli sconosciuti, arrivati da terre lontane. Sottolineiamo con determinazione la necessità di avviare una mappatura nazionale (e europea) dei luoghi di sepoltura, con registri accessibili e aggiornati. E pretendiamo che ogni tomba, anche se anonima, sia tenuta con dignità, segnata, curata e rispettata.
“Il linguaggio della cura delle tombe parla alla coscienza collettiva: attribuire dignità ai defunti è un atto di civiltà. Il rispetto verso i morti mantiene intatto il valore della vita.”
Del resto, esiste un legame profondo tra trattamento rispettoso delle salme e integrità culturale e morale di una comunità. Non curare i luoghi di sepoltura significa negare la storia e la memoria di persone che, pur senza nome, fanno parte della nostra umanità. “Non chiediamo pietà. Chiediamo giustizia, verità e rispetto. Un nome per chi è morto. Una tomba curata per chi non può raccontare la sua storia. Le persone migranti, i rifugiati, i richiedenti asilo non sono numeri. I morti della migrazione non possono cadere nell’oblio. Non possiamo accettare che chi ha perso la vita cercando speranza venga cancellato da una narrazione tossica che lo dipinge come un nemico, un irresponsabile, uno che se l’è cercata. Questa è una visione distorta, stereotipata, deliberatamente costruita per disumanizzare. Noi, come Comitato 3 ottobre, ci opponiamo con forza. Rivendichiamo il diritto alla memoria, all’identificazione, alla cura. Anche per chi non ce l’ha fatta. Perché l’umanità comincia da qui: da come guardiamo i morti. Da come li chiamiamo. Da come li ricordiamo.” — Tareke Brhane, Presidente del Comitato 3 Ottobre |