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Italianità e referendum/ il prossimo 17 aprile appuntamento importante con la democrazia

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San Nicola, Isole Tremiti (ph. Angela Centrone)

Il 17 marzo ricorreva l’anniversario dell’Unità d’Italia. Una data che si celebra, in pratica, ogni 50 anni. Infatti l’ultima volta che nel nostro Paese è stata proclamata Festa Nazionale è stato in occasione del 150° anniversario, nel 2011.

Ma cosa c’entra questo con il referendum del prossimo 17 aprile?
Il 17 marzo 1861 si proclamava il Regno d’Italia, con Vittorio Emanuele II sovrano del nostro Paese. Sappiamo bene tutto ciò che venne dopo, e il revisionismo storico più spietato addirittura dipinge la nascita d’Italia come una storica truffa. A prescindere dalle supposizioni, basandosi sui fatti, non possiamo ignorare la Questione Meridionale, di cui ancora si discute ai nostri giorni. E se a quei tempi la totale incuranza verso le esigenze e i desideri della popolazione, poteva essere giustificabile in virtù di un qualcosa più nobile, come il sogno dell’Italia Unita, oggi ciò che accade in materia di risorse energetiche e qualità della vita dei cittadini, è vergognoso.
Il Presidente del Consiglio Renzi che, seguito dal suo partito, si schiera contro questo referendum, la forma più alta di manifestazione della democrazia, appellandosi all’inutilità di tale consultazione e facendo leva sul classico ricatto dei posti di lavoro e dei soldi persi per la nostra nazione, è davvero un insulto ai cittadini.
Il 17 aprile siamo chiamati a rispondere ad una domanda legittima:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?

In sostanza, rispondendo SI a questo quesito, non sarà possibile per le aziende che al momento continuano a estrarre gas o petrolio entro le 12 miglia dalla costa continuare a farlo anche dopo la scadenza delle concessioni.

In un mondo che, se vuole sopravvivere, deve necessariamente guardare alle energie rinnovabili, in un Paese che, e lo dicono le statistiche, non si sostenta attraverso la vendita di petrolio e gas, ma grazie alla bellezza dei paesaggi e al ricco patrimonio artistico, questa pare la scelta più ovvia.

Ovvia almeno per le regioni (Puglia, Molise, Marche, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Basilicata) che hanno fortemente voluto questo referendum, che il Governo, fra l’altro, non solo boicotta incitando all’astensionismo, ma ha scelto di non abbinare alle amministrative, sperperando ulteriore denaro pubblico.

E dovrebbe essere una scelta ovvia per tutti i cittadini che amano i propri luoghi, perché il diritto alla salute dei nostri mari e alla preservazione del nostro patrimonio naturale non deve più essere merce di scambio. Presentarsi alle urne il prossimo 17 aprile è sinonimo di consapevolezza, a prescindere dalla posizione che si prenderà. La Questione Meridionale è lontana e raggiungere il quorum ne sarebbe un’ulteriore dimostrazione.

Angela M. Centrone




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