Di seguito un comunicato diffuso da Koreja:
Si inaugura sabato 13 dicembre alle ore 19 (in mostra fino al 15 febbraio 2026) nell’ambito di Where language moves, progetto a cura di Studioconcreto, la video installazione di Yvonne Rainer dal titolo HAND MOVIE un loop video del 1966, film 8 mm trasferito su video (bianco e nero, muto) – Image courtesy of the Video Data Bank at the School of the Art Institute of Chicago.
Where language moves, è un progetto di pratiche performative in cui il corpo si configura come vettore di una particolare intelligenza sensibile: gesto, percezione e linguaggio si intrecciano generando una dinamica continua di ricerca e riflessione critica. In questo contesto, la mano assume una duplice funzione: da un lato si manifesta nella sua dimensione primaria di articolazione materica e sensoriale; dall’altro, come dispositivo semiotico e politico, capace di rinegoziare i regimi di significazione e di incidere nei processi di costruzione del senso. La mano si fa soglia, punto di contatto, luogo attraverso cui il mondo inscrive tracce sul corpo e da cui il corpo stesso attiva pratiche di senso. Nei loro formati performativi, laboratoriali e installativi, le ricerche degli artisti coinvolti interrogano le modalità di presenza, relazione e comunicazione corporea, dando forma a spazi condivisi di immaginazione e costruzione del sapere. In queste opere, il gesto, che si presenti come anti-coreografico, oracolare o poetico, non si limita a produrre configurazioni formali, ma apre possibilità altre di presenza, relazione e ascolto. Si dischiudono così i margini per un linguaggio non codificato, non gerarchico né normativo, ma espressivo, situato e trasformativo.
HAND MOVIE. Nel primo film di una serie nota come 5 Easy Pieces, Yvonne Rainer mostra la sua mano nell’atto di eludere ogni tipo di significato. Attraverso azioni non funzionali, l’artista sembra voler liberare l’articolazione delle dita in unità autonome non più sottomesse alla coordinazione dell’arto. La mano mostra dunque un’opacità semiotica, restituendo una visione pura del suo essere muscolare. Alla base della ricerca dell’artista – nota per essere tra i membri fondatori del collettivo Judson Dance Theater – vi è infatti una preoccupazione per la materialità del corpo, per i movimenti che resistono alla perfezione tecnica e al virtuosismo teatrale.
Yvonne Rainer (San Francisco, 1934) è una figura chiave della postmodern dance. Dopo aver studiato danza con Graham, Cunningham e Halprin, nel 1962 è tra i fondatori del Judson Dance Theater, dove sviluppa una pratica radicale che rifiuta la spettacolarità a favore dell’oggettività del gesto quotidiano. Con opere come Trio A (1966), Rainer promuove un’estetica minimalista e antinarrativa, influenzata dal pensiero compositivo di Robert Dunn. Negli anni ’70 si dedica al cinema sperimentale con film come Lives of Performers (1972) e Murder and Murder (1996), affrontando temi politici e femministi. Torna alla coreografia nel 2000, su invito di Mikhail Baryshnikov, continuando a esplorare la relazione tra danza, linguaggio e critica sociale. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il MacArthur Fellowship e due Guggenheim Fellowships. La sua poetica ha ridefinito in modo duraturo la funzione del corpo nella danza contemporanea.
13 dicembre 2025 – 15 febbraio 2026
Cantieri Teatrali Koreja – Lecce







