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Divieto di cellulari a scuola: “dal problema disciplinare all’opportunità educativa” Cnddu: trasformare la dipendenza in cittadinanza digitale

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Di seguito un comunicato diffuso da Romano Pesavento, presidente del coordinamento nazionale docenti delle discipline dei diritti umani:

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani desidera offrire un contributo ponderato al dibattito sul divieto dell’uso dei telefoni cellulari negli ambienti scolastici, affrontando in modo integrato la complessità della dipendenza da smartphone tra i giovani. Un fenomeno drammaticamente confermato dai dati più recenti: un’indagine condotta in Sicilia nel 2022 ha rilevato che il 30,1 % degli studenti in una scuola secondaria accusa una vera forma di “dipendenza da smartphone” secondo la Scala Breve (SAS-SV), mentre uno studio del 2025 sottolinea come l’81 % dei giovani tra i 16 e i 35 anni si consideri dipendente, con il 90 % che manifesta sintomi come perdita del sonno (57 %), ansia da notifica (50 %), calo delle performance scolastiche (30 %) e isolamento sociale (40 %).

Risulta inoltre significativo che ben il 91 % di questa fascia possiede uno smartphone e il 64 % lo utilizza in modo “frequente o continuo”. L’Osservatorio Generation Ship evidenzia inoltre un uso precoce: il 43 % dei bambini tra 6 e 10 anni lo utilizza quotidianamente, con un aumento marcato dopo la pandemia (dal 18,4 % al 30,2 %). Ma il dato ancora più grave riguarda le ripercussioni psicologiche: un recente studio longitudinale su più di 4.000 adolescenti ha mostrato che coloro che sviluppano un uso sempre più compulsivo di smartphone e social media presentano un rischio doppiamente o triplicato di ideazione suicidaria. Nel frattempo, sempre più ragazzi, tra i 12 e i 15 anni, stanno autonomamente decidendo di disconnettersi: oggi il 40 % dichiara di prendersi pause dai dispositivi digitali, un aumento del 18 % rispetto al 2022.

Di fronte a questi allarmanti indicatori, il divieto di smartphone nelle aule, pur nato da esigenze legittime di disciplina e tutela dell’attenzione, non può rimanere un semplice rimedio temporaneo. La normativa vigente (D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249 e D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235) impone che le sanzioni, inclusa la sospensione, siano proporzionate, temporanee, orientate all’educazione e accompagnate da percorsi di reinclusione. Tali misure devono essere ispirate al principio della riparazione del danno e adottate soltanto nei casi più gravi o reiterati, nel rispetto del diritto allo studio e dell’inclusione scolastica.

Il fenomeno della dipendenza da smartphone non può essere relegato a mera questione disciplinare: esso tocca i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla salute (art. 32 Cost.), alla formazione equilibrata della personalità (art. 2 Cost.) e all’istruzione (art. 34 Cost.). È necessario che i regolamenti di istituto, in conformità all’art. 4 del D.P.R. 249/1998, prevedano non soltanto sanzioni, ma anche misure di prevenzione e recupero. L’adozione del divieto, se accompagnata da percorsi di educazione digitale e di benessere psicologico, può contribuire a contrastare i rischi di isolamento e di disagio giovanile. Le scuole dovrebbero essere supportate da programmi ministeriali specifici, con formazione per docenti e sportelli di ascolto per studenti e famiglie. Solo una strategia integrata, che contempli il piano giuridico, quello pedagogico e quello sanitario, potrà trasformare il problema della dipendenza in un’opportunità educativa. In questa prospettiva, il Coordinamento invita a una sinergia tra istituzioni scolastiche, famiglie e società civile, affinché il divieto diventi parte di un progetto più ampio di cittadinanza digitale responsabile.

In questo quadro, il CNDDU sollecita un approccio che vada oltre la mera repressione: le istituzioni scolastiche sono chiamate ad accostare al divieto educativo strategie di supporto alla resilienza digitale. È cruciale promuovere nelle scuole percorsi di alfabetizzazione digitale, sviluppo della consapevolezza critica, mediazione emotiva e coinvolgimento attivo delle famiglie e degli studenti. Solo così il limite imposto potrà trasformarsi in un’opportunità di responsabilizzazione e benessere digitale, anziché rimanere una barriera punitiva.

 

(foto: repertorio, non strettamente connessa alla notizia)


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