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Stato contro gioco d’azzardo patologico, una lotta impari (e condotta male)

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Il clamore mediatico della diffusione della ludopatia ha convinto lo Stato a occuparsi della questione in modo sistematico. Non sempre però la via della legislazione è riuscita a trovare effettiva applicazione e a combattere l’illegalità. La denuncia arriva da diversi servizi giornalistici, ma anche dallo stesso ambiente governativo. Come nel caso della Puglia, in cui il Movimento 5 Stelle chiede al governo regionale provvedimenti immediati.

La denuncia arriva da un dato statistico: una famiglia pugliese in media spende circa 4000 euro ogni anno in scommesse. Ed esistono province in cui questa cifra è addirittura superiore. Il dato è significativo anche perché la Puglia non è una delle regioni con il maggiore volume di gioco, né con una spesa pro capite nettamente sopra la media. Il problema è la mancata applicazione della legislazione regionale, e l’assenza di un Osservatorio regionale che possa monitorare le statistiche. Tutti fattori su cui gli enti locali non sono riusciti a intervenire, con il rischio che il gioco possa tornare a diventare sinonimo di illegalità. Il legame tra azzardo e riciclaggio non è del tutto sciolto, sebbene il governo abbia preparato nuove disposizioni per contrastare il fenomeno. Dal 2018 infatti saranno diminuite le vincite massime ritirabili senza una segnalazione degli esercenti, e tutti gli incassi saranno certificati da uno scontrino. Pulire il denaro con le macchinette diventerà più complicato, forse non ancora impossibile.

Il problema è che l’azione dello Stato si deve muovere su più fronti, ma rischia di tirare una coperta corta. Diminuire l’offerta di gioco sul territorio serve a dare meno possibilità di scommettere, un obiettivo da tenere in considerazione. Una strada che spalanca le porte al ritorno dell’illegalità: il crollo del gioco legale non implica un crollo della volontà di scommettere, ma solo uno spostamento di chi raccoglie il denaro. Con tutte le possibili conseguenze del caso, tra macchinette truccate e giocatori ludopati lontano da ogni potenziale aiuto offerto dallo Stato. Il governo, così come gli enti locali, ha le mani legate e deve effettuare una scelta. Finora era stato preferito il controllo, e il dietrofront certificato dal taglio del numero di slot machine può portare alla ribalta il gioco illegale.

La speranza dello Stato è che le puntate si spostino invece verso l’online, dove AAMS ha effettuato un lavoro egregio nel controllo delle piattaforme contrassegnate dalla necessaria licenza. Ogni anno vengono oscuri decenni di siti “.com”, e quindi illegali, portando ai giocatori maggiore sicurezza nelle loro puntate. Tutte le transazioni economiche sono infatti tracciate e recuperabili, eliminando il rischio di truffe. Non è una conquista così scontata, e giustamente lo Stato ha atteso di avere le competenze necessarie per controllare il gioco online prima di legalizzarlo. Un controllo anche sui server, che non possono ammettere ai tavoli i “superaccount” e monitorano le mani di poker con l’hand history, utile per segnalare i casi di collusion. Di sicuro il modello dell’online è funzionante, tanto da essere stato come modello per i Paesi all’estero. Pensare però che i giocatori si gettino su internet con la diminuzione dell’offerta live è una previsione ottimistica, e in parte illecita. Una vera e propria scommessa, il cui esito è incerto.


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