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I calendarietti dei barbieri Ricordi

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Di Franco Presicci:

Ero un ragazzo sveglio e birbantello quando mi capitava di vedere i calendarietti dei barbieri nel salone del mio barbitonsore, che li consegnava al cliente rivolgendosi al garzone con le parole rituali: “Ragazzo, spazzola!”, mentre io mi accingevo a sedermi sulla poltrona girevole. Stava in via Dante, di fronte alle scuole elementari “Acanfora”, quasi all’angolo con la mia via.

Chi ha la mia età, e anche meno, ha avuto modo di conoscerli, magari in casa, se non ricevuti personalmente dal papà o acquistati in un mercato di collezionismo. Io ne conservo tre o quattro, regalo di Peppino Montanaro, che a Martina Franca fu assistente del sindaco Alberico Motolese, di cui ancora oggi si ricordano le capacità di amministratore.
Quei calendarietti erano profumati di borotalco e venivano dati a Natale agli avventori più affezionati, che li avevano deiderati tutto l’anno. Molti ricordano quelli con immagini che allora facevano lavorare la fantasia, cioè le signorine dai capelli appena modellati dalla parrucchiera e gli indumenti intimi confezionati con pochi centimetri di stoffa o un corpetto che copriva appena il seno. Erano i tempi in cui il seminudo femminile suscitava pensieri arditi. Ma non tutti quei quadrettini di carta erano così spinti: ho in mente quello con Donna Reed, un’attrice di Hollywood protagonista di una quarantina di film, e James Stewart vestiti rigorosamente integri e inquadrati in un cuore.
Tutti i calendarierti sopravvissuti hanno perduto quel profumo inebriante. E non tutti contenevano immagini “osèe”. C’erano le serenate sotto i balconi con il mandolino incantatore; i baci cinematografici appassionati, come quelli di Gary Cooper e Marlene Dietrich in “Marocco”; spettacoli al “Tabarin”; volti di donne bellissime e seducenti; serate al Teatro alla Scala; ritratti di pittori famosi; giardini splendidi; fotogrammi di film come “Casta Diva” e “Via col vento”; fiori, re, regine; sequenze di opere liriche, di cappa e spada; persino “La Divina Commedia”, oltre a immagini di donne famose…

IMG 20251228 052813Durante una delle tante conversazioni con l’amico Franco Bompieri – titolare in via Morone a Milano della storica Barbieria Colla (oltre cento anni di esistenza), nota in mezzo mondo, anche perché vi si spelavano le teste più celebri non soltanto di Milano – parlammo dei calendarietti, che in quel salone veniiano distribuiti a Enrico Cuccia, Indro Montanelli, Cesare Romiti, Cesare Zavattini, Roberto Benigni, Giorgio Strehler, Ernesto Calindri, Gad Lerner… ed erano quelli che realizzava lo stesso sovrano delle forbici. In uno c’era il barbiere scrittore vicino a una renna e a un signore seduto con indosso l’abito di Babbo Natale (era uno scrittore di cui non ricordo il nome che in una mano aveva un fiammifero e nell’altra una candela). Ne aveva, di fantasia, Bompieri! Del resto passava parecchie ore delle sue notti a raccontare storie in libri pubblicati da Longanesi, Rizzoli. Feltrinelli, Mondadori… Il primo fu “Il freddo nelle ossa”, recensito tra gli altri dal grande giornalista del “Giorno”, Marco Nozza, esperto di terrorismo.
L’amico tonsore mi mostrò qualche esemplare di calendarieto che conteneva poesie contornate da una striscia dorata, mentre mi presentava a Enzo Bettiza appena entrato tenendo su un braccio una camicia stirata e una cravatta, da indossare al posto delle altre una volta inzeppate di peli. Qualche tempo dopo mi fece omaggio del suo libro “Presi per i capelli”, in cui descriveva le caratteristiche dei suoi clienti da Guido Piovene a Nanni Svampa. E accennò al principe Filippo d’Edimburgo (in Italia per una partita di caccia), che una sera, all’orario di chiusura, si stagliò sulla soglia della barbieria, gelando tutti i collaboratori.
Bompieri era un uomo colto e aveva una casa a Tellaro, poco distante da quella di Mario Soldati. Parlare con lui era un arricchimento, perché, pur essendo nato a Volta Mantovana, sapeva mille cose di Milano e delle sue storie, compresa quella di via Manzoni cosparsa di paglia, perché le carrozze non disturbassero il riposo di Giuseppe Verdi che trascorreva gli ultimi suoi giorni nel Grand Hotel et de Milan (sorto nel 1863), dove il tonsore fece la barba al principe de Curtis, in arte Totò.
Bompieri mi mostrò alcuni calendarietti con caricature di personaggi di romanzi d’appendice; di giovani in partenza per la guerra con fanciulle in lacrime, mentre la locomotiva a vapore fischiava, fumando. Avevano una vita lunga, i calendarietti, messaggeri degli auguri di Natale, ai quali era sottinteso un motivo pubblicitario. Si fanno risalire al 1875 e durarono fino agli anni ‘70 del secolo scorso; e ancora oggi ci sono tante persone che ne conservano, per non dire dei collezionisti, tra l’altro appassionati di cartoline d’epoca, figurine Liebig, etichette, carte da gioco e via dicendo.
Se ci fosse ancora Massimo Alberini, esperto di circo e di collezionismo, che riempì pagine del “Corriere della Sera” di articoli su questo argomento, non esclusi i soldatini di piombo, su cui scrisse anche un libro. Mise la sua sapienza a disposizione anche della Rai, per la sua grande competenza. Un giorno mi dette appuntamento a casa sua, dove sfiorammo i ricordi dei calendarietti. Da lui appresi che alcuni di questi contenevano celebrazioni delle imprese mussoliniane in Africa Orientale e i virtuosismi dei piloti d’aereo, illustrati in un almanacco del 1929 “Gli eroi dell’aria” edito dalla casa londinese W. Brolikens.

Screenshot 20251228 052656I calendarietti dunque hanno avuto tanto seguito anche perché erano tutti bellissimi, anche grazie all’estro di artisti come Gino Boccasile, Fortunato Depero, Gustavo Rossi, Marcello Dudovich e tutta una serie di eccellenze della matita. Nel 1926 la ditta Borsari & C. di Parma pubblicò “Messaggi d’amore”, che pubblicizzava specialità come “Violetta suoer”, “Cipria ideale”, “Imperial Cologne Fourgère”, “Crela Juventus”. Nel 1904 – mi disse Franco Bompieri – dava calendari “ai diretti compratori di Tricofilina, lozione a base di petrolio contro la forfora. Nel 1910 la Valsecchi & Morosetti dette alle stampe “Splendori muliebri”, per incrementare le vendite di un sapone senza rivali nel rendere la pelle “bianca, morbida e profumata”. Nel 1913 una società di prodotti chimico- farmaceutici ideò un almanacco profumato all’estratto “Venus Bertelli”. Insomma ce n’era per tutti.
La fantasia, per quanto riguarda le immagini, galoppava. Nel 1932 a Milano circolava un calendarietto con le donne che frequentavano il famoso salotto letterario di Clara Maffei, la nobildonna che nel 1868 aveva presentato “don Lisander”, cioè Alessandro Manzoni, a Giuseppe Verdi (per la cronaca, quel salotto si trovava prima in via Monte di Pietà, frequentato da Balzac e Tommaso Grossi, e nel 1850 traslocò in via Bigli, dove il più assiduo era Carlo Tenca). In via Bigli andò poi ad abitare Eugenio Montale, ricordato da una targa sulla facciata del palazzo.
Agli inizi quegli omaggi natalizi erano destinati anche alle signore e i mittenti erano i produttori di profumi e creme di bellezza. A Milano c’erano i “messaggi” per il centro della città, eleganti, e quelli per la periferia, un tantino meno raffinati. In rettangolini con cinque foglietti, del 1906, “il giovane del negozio Tosini augurava buone feste e buon anno”.
Franco Bompieri non c’è più da un po’ di tempo e io non passo più da via Morone per andare in piazza Belgioioso, dove si apre il ristorante ”Boeucc”, che ha un’età di più di 600 anni nel palazzo che fu abitato dal “giovin signore” del Parini e dalla contessa che fece sospirare Foscolo e Standhal. Quindi non posso più raccogliere informazioni sul pianeta dei barbieri, di cui il mio compianto amico conosceva la storia fin dai tempi dei greci, quando i saloni da barba erano già luoghi di chiacchiere e scambio di opinioni.
I calendarietti, a detta di Franco Bompieri, che ricordo con dolore, scomparvero nel ‘44. Dieci anni dopo una ditta di corso Buenos Ayres riprese a farli con il fiocchetto e le donne prosperose in atteggiamenti, come dire?, civettuoli. Non durarono, ma infoltirono il mercato del collezionismo.
Stranamente, ai calendarietti segue nella mia mente il “Segretario galante”, un libro di lettere d’amore che veniva in aiuto a chi scriveva a zampa di gallina o era povero di idee o non aveva proprio dimestichezza con la scrittura e aveva bisogno di fare la dichiarazione d’amore alla ragazza prescelta. Allora sfogliava il “saggio” e copiava o faceva copiare lettera che più gli piaceva. E se non era al corrente di quella pubblicazione – comparsa ai primi del ‘900 – si rivolgeva a qualcuno che come Totò scriveva per altri. Quanto tempo è passato da allora! E quanto siamo cambiati noi. Chi acquista più “Il segretario galante”, se se esiste”? .

(immagine interna: pagina di calendarietto, collezione De Florio) 

 

 

 

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