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Martina Franca: il concerto dei cinque ottoni Grande consenso per la manifestazione di domenica

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Di Evelina Romanelli:

Si è svolta nei giorni dall’11 al 13 luglio l’anteprima In Orbita, manifestazione che precede il 51° Festival della Valle d’Itria, l’idea innovativa e coinvolgente ha portato tra i vicoli bianchi e le strade della città di Martina Franca la musica, vera protagonista della kermesse musicale lirica.

L’ingresso agli eventi era gratuito, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico ampio e variegato. L’obiettivo è stato raggiunto, ad aprire una due giorni con “Chi cucina” una commedia musicale interattiva, ideata da Alex Cerantola e Laura Basso, con musiche di Gioachino Rossini adattate dallo stesso Cerantola. Lo spettacolo, adatto anche ai più giovani, ha visto Alex Cerantola nel ruolo di Rossini, Laura Basso ha vestito i panni della governante Berta e Andrea Corazzin si è esibito al pianoforte. Le rappresentazioni si sono tenute l’11 luglio, in Contrada San Paolo, il 12 luglio in Via San Michele (Parrocchia Regina Mundi) entrambe alle ore 21:00 e hanno accolto il gradimento del pubblico. La terza giornata è stata probabilmente la più significativa, l’arena della villa del Carmine ha accolto il quintetto di ottoni della Scala di Milano, composto da Francesco Tamiati e Marco Toro (trombe), Giovanni Emanuele Urso (corno), Daniele Morandini (trombone) e Javier Castaño Medina (tuba). Emanuele Urso, originario proprio della città di Martina Franca, assieme ai colleghi musicisti sono stati raggiunti dalla nostra redazione.

Una formazione d’eccezione per un concerto che ha unito virtuosismo, energia e profondo legame con il territorio. Un’occasione unica che ha consentito di ascoltare dal vivo i solisti dell’Orchestra del Teatro alla Scala, in un contesto intimo e suggestivo, aperto gratuitamente alla cittadinanza. In questa intervista il maestro Urso e i colleghi ci raccontano le personali impressioni sulla musica, hanno aperto il loro mondo non solo con quanti, circa cinquecento spettatori, erano seduti o in piedi ad assistere alla meravigliosa performance. Il quintetto ha condiviso la magia delle note vibranti nella tiepida serata di domenica e ci ha regalato prima di ripartire, visti i molteplici impegni di lavoro, uno spaccato personale che avvicina con le parole, si spera, il pubblico al musicista e di riflesso alla musica nell’insieme.

Al maestro Urso che ha fatto da apripista abbiamo chiesto: Maestro Urso, innanzitutto benvenuto a Martina Franca. Com’è tornare a suonare nella sua città natale? Il percorso per diventare primo corno alla Scala è lungo e competitivo: quali sono stati i momenti più significativi di questa ascesa? Grazie Evelina per l’opportunità che ci concedi intervistandoci. La condivisione delle nostre esperienze artistiche ci avvicina al pubblico che è il nostro fruitore nonché parte essenziale per il nostro canale comunicativo ed emozionale. È bello tornare a casa come artista e primo corno del Teatro più famoso del mondo come la Scala. È bello sentirsi orgoglio martinese. Suonare nella mia città natale è un elogio al mio senso di rivalsa che mi ha sempre contraddistinto e un omaggio alla mia carriera, permettendomi di condividere quanto amo la musica con il pubblico martinese che è fatto anche di amici e parenti che da sempre mi sostengono. 

I momenti più significativi sono state le scelte azzardate di studio all’estero. Sacrificare ogni momento libero per il corno. Licenziarsi dal Teatro Petruzzelli prima del Covid per sperare di vincere il concorso in Rai. Poi lo studio intenso durante il Covid che mi ha permesso di vincere al Maggio Musicale dapprima e poi alla Scala. Insomma di episodi significativi ne avrei da raccontarne e tutti hanno come filo conduttore rischio, incertezza, coraggio, sacrificio e passione.

Crede che l’ambiente in cui è vissuto l’abbia segnato professionalmente in qualche modo…potremmo dire è “colpa” del Festival o delle nostre amate bande? Assolutamente sì. Devo molto alla Puglia e alla mia Martina. Sono cresciuto con la musica per le strade, suonata dalla banda del paese (che mi farà esordire a 11 anni con il flicorno contralto), con la lirica che emergeva in Piazza Roma dal Palazzo Ducale, con le collaborazioni lavorative con l’orchestra del Festival che portava ad accrescere la mia esperienza e conoscenza del repertorio Orchestrale. E non per ultimo le bande da giro che mi hanno arricchito di amore per le feste patronali dove cultura, musica, tradizione (e repertorio lirico sinfonico per gli addetti ai lavori) creano un connubio esplosivo di emozioni e creazioni d’arte. Insomma in qualche modo mi sento fortunato ad essere nato al sud nonostante la non florea situazione economica e le poche opportunità lavorative, sembrassero al tempo ostacolare il mio sogno.

Chiediamo poi al maestro Daniele Morandini:

C’è stato un punto di riferimento o un evento in particolare che ha segnato il suo percorso musicale? Tutto in una carriera segna e arricchisce, ma dovendo proprio sceglierne uno, per darle una risposta il più possibile esaustiva direi I concerti della Filarmonica della Scala della domenica mattina su Rete4!

Cosa significa per lei suonare in un’orchestra prestigiosa come quella del Teatro alla Scala?

Significa principalmente rispetto. Rispetto per la storia del Teatro e dei grandi artisti che lo hanno

vissuto, lo vivono e lo vivranno.

Cresce la nostra curiosità e domandiamo ancora al maestro Marco Toro:

Quali sono le sfide quotidiane e le soddisfazioni in un contesto così esigente? La sfida umana che vivo ogni giorno è quella di riuscire a conciliare tutti gli aspetti della vita in una giornata di “sole” 24 ore, nel senso che tra i ritmi forsennati che abbiamo normalmente in Teatro, il tempo da dedicare giornalmente allo studio per mantenere il livello e preparare il repertorio da suonare, spesso rimane poco tempo per sé stessi. La soddisfazione per me è sentirmi gratificato da quello che faccio, godere ogni giorno nel fare questo lavoro fantastico.

C’è un’opera o un direttore d’orchestra con cui ha lavorato e che ricorda con particolare emozione?
Una produzione che porto nel cuore è stata quella del Cavaliere della Rosa di Richard Strauss con il Maestro Zubin Mehta. È stata speciale per tanti motivi: fu il mio primo programma da membro stabile dell’orchestra (avevo appena terminato i sei mesi del periodo di prova che bisogna sostenere non appena si prende servizio), ho una passione particolare per la musica di Richard Strauss e avevo suonato con il Maestro Mehta quindici anni prima e fu particolarmente emozionante ritrovarlo alla Scala.

 

Chiacchierando ci sembra quasi di sentirle le note, proprio lì, nella suggestiva galleria del Teatro più amato di Italia e proseguiamo chiedendo al maestro Javier Castaño Medina:

 

C’è un’emozione particolare che cerca di trasmettere al pubblico nei suoi concerti? Il mio strumento, il basso tuba, è il più grande della famiglia degli ottoni e quello che cerco sempre di trasmettere con il mio suono è la versatilità di questo bellissimo strumento. 

Cosa consiglia ai giovani musicisti che sognano di intraprendere una carriera orchestrale? Il mio consiglio per i ragazzi e le future generazioni è quello di nutrire la loro passione con la immancabile necessità di studiare, avere voglia di conoscere rende il percorso più stimolante, permette di avere una conoscenza dello strumento maggiore e consente dunque di divertirsi con lo stesso quando lo si ha tra le mani, un divertimento che non potrà mai esserci senza la vera voglia di conoscenza e la passione. 

Chiudiamo la chiacchierata con i nostri maestri con Francesco Tamiati interrogandoci se…

C’è un sogno artistico che ancora non ha realizzato? Non ho un sogno in particolare, come evento. Ci sono stati momenti importanti, quasi mai preventivati, quasi magici. Quando provi per giorni interi una sinfonia o un’opera, si crea molte volte una tensione emotiva che devi mantenere non solo per la prima rappresentazione, ma per tutte le esecuzioni o le recite. Non si riesce a far a meno di queste sensazioni, di queste tensioni. Alla fine delle recite di Rosenkavalier con Pertenko, guardavo Emanuele (aveva qualche nota) e gli altri colleghi e sul volto di ognuno c’era lo stesso interrogativo: cos’è successo? Il songo è forse continuare a vivere questi momenti. Anche dagli allievi, oltre a dare -si spera-, si riceve tanta linfa, la giovinezza, l’entusiasmo, la curiosità.

Meraviglioso! Riflessione personalissima, poi un’ultima curiosità, prima di congedare i maestri e ringraziarli per la disponibilità, considerando che hanno attraversato l’Italia in poche ore per regalarci lo spettacolo suggestivo che abbiamo visto domenica, per ripartire nuovamente l’indomani.

 

Maestro come vede il futuro della musica classica in Italia? Viviamo un momento incerto, non si capisce cosa sia importante, anche per la musica, che scelte vengono fatte. In ogni caso, sarebbe meglio investire su quanto è di arricchimento per i giovani, formazione, cultura.

 

Evelina Romanelli.

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