Di Giovanni Fumarola:
Il Carnevale è una delle espressioni più autentiche della tradizione popolare del nostro Paese, con centinaia di celebrazioni in tutte le parti d’Italia, dal nord al sud, alle isole.
Il termine Carnevale deriva da carnem levare, abolire la carne, perché anticamente indicava il banchetto d’addio alla carne che si teneva subito prima della Quaresima.
La parola indica quindi un momento, estendendo il concetto a un periodo particolare dell’anno, in cui si svolgevano fin dal remoto passato determinati riti e si dava vita ad un insieme di festeggiamenti.
Il Carnevale si è sviluppato poi spontaneamente nella società umana, rivestendo sempre un’importanza fondamentale al suo interno e nel suo immaginario collettivo: la fantasia, l’energia, la spontaneità e le creatività popolari hanno trovato espressione, fin dai tempi passati, in questo evento, la cui portata simbolica va ben al di là della semplice festa.
Veniva opposto alle forme religiose ufficiali, era la festa del popolo, il luogo del riso e della follia, dello scherzo, della materialità e dell’abbondanza.
I festeggiamenti più famosi in Italia li troviamo a Viareggio e a Venezia.
L’uno, quello viareggino con i suoi grandi carri allegorici (vedi in foto il più bel carro di quest’anno “E’ come alle Favole” del maestro della cartapesta Jacopo Allegrucci che dimostra a tutti la perfetta tecnica di semimovenza di un carro di prima categoria che merita il primo posto), le sue feste rionali, le manifestazioni canore, sportive, culturali connesse; l’altro, quello veneziano, per l’eccellenza dei costumi, delle maschere, lo sfarzo delle feste, il fascino che la città di Venezia esercita sui numerosissimi visitatori che ogni anno si recano in laguna.
Ai carnevali storici come quello di Venezia si sono affiancate altre celebrazioni dell’evento che, negli anni, da festa popolare sono diventate occasione di richiamo turistico: Ivrea, Fano, Cento, Acireale, Sciacca, Putignano, Vercelli, Santa Croce sull’Arno, Villa Literno e mille altri distribuiti sul territorio nazionale. Sarebbe impossibile elencarli tutti, ciascuno con la propria tipicità e caratteristica.
Nella festa vige la più assoluta libertà e tutto diviene lecito: ogni gerarchia viene a cadere ed i rapporti divengono spontanei, liberi e disinibiti.
Emblematica della concezione carnevalesca del mondo è la maschera. Essa è uno dei motivi più complessi e ricchi di significato della cultura popolare: indossare la maschera è un modo di uscire dalla banalità del quotidiano, disfarsi del proprio ruolo sociale, negare se stessi per divenire altro.
Il significato più recondito del mascherarsi è quello di avere la possibilità di togliersi i propri “abiti” per assumere le sembianze di qualcun altro. Ciò che si sceglie di indossare rappresenta un modo per infrangere regole, ruoli e convenzioni e può anche nascondere alcuni aspetti psicologici di una persona o di un bambino.
Così come l’attore, ogni volta che interpreta un personaggio vive una vita momentaneamente parallela e non sua, così la persona che si maschera ha la possibilità di assumere le sembianze di qualcun altro, solitamente molto diverso dalla propria identità, e ha la possibilità di esprimere aspetti che quotidianamente potrebbe (o deve) negare.
Spesso la maschera che si sceglie rappresenta l’opposto di chi siamo tutti gli altri giorni dell’anno. I più timidi possono così decidere di travestirsi da super eroi, in modo da sentirsi invincibili e forti almeno per un giorno; i più arditi e curiosi indossano i panni del sesso opposto, i nostalgici del passato mettono i panni di personaggi storici e le donne timide un po’ più osè.
I bambini, invece, scelgono quei personaggi che popolano la loro fantasie e talvolta cercano di esorcizzare le loro paure, mascherandosi da mostri e orchi cattivi. Qualunque sia la maschera scelta, l’intento principale è abbandonare i caratteri abituali, rifiutando per un momento il ruolo che impersoniamo ogni giorno e per una volta disinibirci e sfuggire alle regole che spesso ci imponiamo di seguire.
Le persone e quindi maggiormente i bambini hanno il desiderio di vestirsi con panni inediti e non usuali e che escano dalla loro realtà per esprimere ciò che hanno dentro, e lo vogliono anche condividere con i loro amici, che magari non sapevano nemmeno che il loro compagno avesse il desiderio di essere un bellissimo principe o zorro.
E allora perché impedire di festeggiare il Carnevale a scuola?
E’ successo a Martina Franca, in un Instituto Elementare che la direttrice ha deciso di mancare questa occasione che a parere di molti è sempre stata molto democratica. E’una delle poche feste italiane che sprigiona allegria! Non solo: non lamentiamo l’invadenza dei mezzi tecnologici nella vita dei nostri alunni, tra i quali sembra prevalere un’aggregazione via sms o su social network? Proporre una festa che può sollecitare la fantasia, la capacità di problem solving per inventare una maschera, il cooperative learning per decidere insieme una festa a tema, il tutoring per far lavorare insieme bambini con competenze diverse …
Perché allora non lasciare la possibilità di festeggiarlo a scuola? Non si è capito il perché non si possa ancora farlo.
(foto home page: carnevale di Putignsno, di Giovanni Fumarola; foto in alto: carnevale di Viareggio, di Simone Farina)