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Martina Franca: “Il tarantismo mediterraneo”, presentazione Libro di Vincenzo Santoro

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Di Agostino Convertino:

La bellezza di questo libro è nell’essere rivolto tanto ai palati più esperti e fini del tarantismo quanto ai parvenu attratti dal gran clamore mediatico che questo fenomeno culturale è in grado di propagare. Vincenzo Santoro, che lo ha scritto, non lascia indietro nessuno: senza ricorrere al “riassunto delle puntate precedenti”, propone un unico punto fermo sia sulla scala temporale della sconfinata narrativa tarantistica, per scorrere avanti e indietro nel tempo, che sulla road map del tremendo ragno aperta sull’intero scenario mediterraneo: La Terra del Rimorso dell’antropologo Ernesto De Martino. Un portale quasi obbligatorio che fissa nel Salento, antico e nuovo, il campo base per l’esplorazione ragionata che accompagna il lettore lungo ampi tratti del mare nostrum, arrivando fino alla Spagna per rimbalzare al vicino Oriente. Il saggio giunge in libreria in un momento particolare dell’evoluzione storica del tarantismo che consegna al grande pubblico infinite transizioni, non escluse quelle televisive, discografiche e turistiche, incasellando un lungo e vissuto racconto umano  e musicale nell’asfissia tecnologica di un format. La tramoggia della comunicazione moderna non può cogliere l’infinità di atteggiamenti, la moltitudine di donne e uomini, la quantità e tipologia degli strumenti musicali impiegati, le componenti ancestrali e la tipicità dei luoghi che hanno originato il mito della tarantola. Ma un libro, specialmente se ben organizzato come questo, può riscattare un movimento culturale “sotto attacco” e appassionare  per la capacità sinottica di Santoro di inanellare luoghi su luoghi calando, di volta in volta, personaggi e situazioni unici ed irripetibili e secchi d’acqua e fazzoletti, milioni di perle di sudore spese in luoghi impensabili. Una specie di gara ciclistica a tappe, spesso  presenziate da raffinati cronisti dell’epoca (talvolta stranieri) che contestualizza gli episodi nel tempo e nello spazio. Il Tarantismo Mediterraneo è anche un afflato di verità e nemesi che individua nella città di Taranto “la capitale del tarantismo” come molti, da tempo, stanno ululando allo stitico circuito culturale tarantino reo di aver perso, nonostante sia sede di Conservatorio: la gallina, le uova d’oro e pure l’accesso al pollaio. A sorpresa, nel libro compare anche Martina Franca grazie al rinvenimento di una ricevuta di pagamento di alcuni versatili session men dell’epoca che avrebbero partecipato al rito di liberazione di una tarantolata indigena. Dalle cronache nette e dettagliate di Santoro l’universo-mondo dei tarantolati esce rigenerato e capace di sostenere l’urto della  confusa narrazione contemporanea che sta ibridando il tarantismo dei duri e puri con la world music globalizzata, col rock&roll e le lunghe gonne fiorate tenute per due lembi dalle turiste che, a piedi nudi, impostano il selfie più figo delle loro vacanze.

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