Uno ha un telefono in mano, fa una foto, la mette in giro e (crede lui) è diventato reporter. Uno è iscritto ad un social network e (crede lui) può mettere bocca su tutto, spesso non capendo di cosa parli, non tralasciando di offendere gli altri e, specificamente, di dare addosso al giornalista. Perché siccome ormai tutti sono diventati bravi a digitare, il lavoro di ricerca e di critica che è sacrosanto del lavoro giornalistico non conta più niente. Quando una notizia non conviene non è vera. Quando una valutazione giornalistica non piace si diffama il giornalista. Siamo arrivati in fondo? Vicini vicini. Ma no.
C’è di peggio. Ad esempio c’è che uno candidatosi per fare il sindaco di una cittadina pugliese, Martina Franca, poiché non gli andava bene un articolo scritto da un giornalista, durante una seduta del consiglio comunale lo ha definito giornalaio ed un altro consigliere comunale, nella medesima seduta, ha parlato di giornalai riferendosi ai giornalisti che non pubblicano notizie di provvedimenti presi, opere pubbliche ecc. Un terzo consigliere comunale, con termini non rispettosi del lavoro giornalistico, ha detto la sua. Esponenti di vari schieramenti: su questo non litigano. Siamo arrivati in fondo? Ecco, ora sì. Siamo arrivati in fondo.
Solidarietà al collega. Non l’unico della serie, con oltraggi di vario genere subiti in vari contesti.
Questa gente non sa più dire che non è d’accordo. Offende (fra l’altro, nel caso in questione oltraggiando anche la nobilissima categoria dei giornalai). Questa gente si metta, però, l’anima in pace: per quanto in una fase epocale delicatissima del giornalismo, tutt’altro che un ambiente perfetto, l’espressione critica è l’essenza del giornalismo. Non sarà nessuno, e la categoria nessuno comprende anche un qualsiasi mancato sindaco, a metterla in discussione.
