La terza sezione penale del Tribunale di Milano ha condannato Fabio Riva a sei anni e mezzo di reclusione. I giudici di primo grado lo hanno riconosciuto colpevole di associazione per delinquere e truffa. Questa sarebbe stata perpetrata in danno allo Stato dal gruppo Riva, attraverso l’Ilva di Taranto, che avrebbe ricevuto contributi pubblici senza averne diritto. Condannati anche Alfredo Lo Monaco, della Svizzera Eufintrade sa, a 5 anni di reclusione, e Agostino Alberti, ex dirigente di Ilva sa, società svizzera del gruppo Riva, a 3 anni.
Ancora: Riva Fire, società imputata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, è stata condannata a una multa di un milione e mezzo di euro. Per i tre imputati e la società è stata disposta anche la confisca di 90,8 milioni di euro. Le condanne sono in qualche modo, anche più pesanti rispetto alle richieste dell’accusa: iI pm Stefano Civardi, che ha condotto l’inchiesta con Mauro Clerici, aveva infatti chiesto per Fabio Riva e Lo Monaco una condanna a 5 anni e 4 mesi, per Alberti a 3 anni e 4 mesi. Il pm aveva anche chiesto la confisca alla società e ai tre imputati la confisca di 91 milioni di euro complessivi e per la Riva Fire una multa di 2,25 milioni di euro.
Inoltre: provvisionale da 15 milioni di euro, a carico di Fabio Riva e degli altri due condannati oggi. Questi soldi andranno al ministero dello Sviluppo economico, che si era costituito parte civile nei loro confronti. Inoltre, i giudici della terza sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannatoi tre al risacimento del danno allo stesso ministero, da quantificare in sede civile. Riva Fire non potrà ricevere finanziamenti, sussidi e agevolazioni statali per un anno. Non potranno essere versati i contributi già deliberati da Simest (controllata da cassa deposititi e prestiti) in favore di Ilva. Il gruppo Riva dovrà rimborsare i contributi già ricevuti per agevolare le esportazioni. Motivazioni della sentenza pubbliche entro 90 giorni. Il processo arrivato oggi alla sentenza di primo grado riguarda una presunta truffa ai danni dello Stato da circa 100 milioni di euro, che sarebbe stata realizzata attraverso l’ottenimento di contributi pubblici, erogati da Simest (controllata da Cassa depositi e prestiti), per il sostegno alle imprese italiane che esportano.
La legge Ossola, che sarebbe stata raggirata, prevede che a fronte di dilazioni di pagamento tra i 2 e i 5 anni da parte di acquirenti esteri, le imprese italiane possano accedere a dei contributi erogati da Simest. L’Ilva spa (è la tesi di accusa) non avrebbe avuto diritto a tali finanziamenti, quindi si è fatto ricorso a Ilva sa. Senza avere alcun ruolo operativo figurava acquirente dei prodotti Ilva e titolare dei contratti con acquirenti stranieri.
Tutto ciò avrebbe causato, secondo l’accusa, un danno doppio allo Stato: pagamento di soldi non dovuti, trasferimento di questi stessi soldi all’estero. In barba alla legge che voleva il potenziamento del sistema imprenditoriale italiano.