Di Agostino Convertino:
La perfetta compatibilità tra il pianoforte e il centro storico di Martina Franca è confermata dalla 5^ edizione di Piano Lab: nero, sinuoso, lucido e sensuale il primo; bianco e casuale l’altro in un autentico delirio di architettura spontanea. A mediare tra le due dimensioni circa 250 virtuosi dello strumento provenienti da ogni parte d’Italia, spinti da un afflato di democrazia artistica: la manifestazione offre a chiunque sappia suonare il pianoforte l’opportunità di misurarsi con un pubblico non necessariamente specializzato purché disposto a farsi avvolgere dalla magia innescata dai suoni e dai luoghi. Tra i protagonisti, anche quest’anno ha spiccato la performance del martinese Guido Giaculli non solo per l’eccellente tecnica espressa ma anche per la scelta di un programma organico sviluppato sulla carriera e sul repertorio di un grande pianista del secolo scorso, l’americano Richard Rodgers. Questo straordinario compositore, insignito di ogni possibile premio artistico dal Tony Award al Grammy, dall’Oscar al Pulitzer, giocò un ruolo fondamentale nell’affermazione del musical di Broadway. La scelta di Guido Giaculli per il PianoLab 2021 si è rivelata vincente per diversi motivi: sorretto da eccellente tecnica ma soprattutto dal suo eclettismo, il pianista indigeno è stato capace di coinvolgere un pubblico trasversale, praticamente inerme di fronte alla grandezza di Rodgers. E come il musical On Broadway continua maliziosamente ad ibridare il pop americano, il rock, l’operetta e lo swing, così Guido Giaculli ha messo in comunicazione questo mondo magico con la spasmodica necessità del jazz del ventesimo secolo di modificare la materia musicale da qualunque dei possibili mondi musicali del pianeta. Tra le citazioni del compositore americano spiccano due perle di valore assoluto – Blue Moon e My Funny Valentine – conosciute probabilmente anche fuori dal sistema solare, che hanno rappresentato il grimaldello della serata. Guido Giaculli, che si esibiva nel chiostro del Villaggio Sant’Agostino nella favorevole condizione ambientale di location chiusa su quattro lati, si è permesso una passeggiata intimista – insieme a Rodgers – per poi manifestarsi come il jazzista che alberga in lui, pronto ad emergere quando la situazione lo richiede. I brani si modificano a piacimento, spesso sconfinando nel paradigma più ortodosso del jazz – l’improvvisazione – tornando a chiudere in bellezza sul tema originale. Una bellissima mezz’ora di musica di qualità incastonata in un bellissimo programma che ha entusiasmato il pubblico tornato numeroso dopo le vicissitudini virali.