Il prete ha detto che per Abele l’uomo deve provare pietà e sgomento, per l’accaduto. Ma per Caino, per nessun motivo deve provare odio. La giustizia divina, dopo quella terrena, farà il suo corso. Le parole del sacerdote, in chiesa, durante i funerali di Martino Aquaro, stamani, proprio mentre la giustizia (quella terrena, però) faceva il suo corso: la sua procedura, l’interrogatorio di garanzia per Angelo Semeraro, il presunto assassino del 69enne.
Semeraro ha una sua ricostruzione dell’omicidio, ne ha descritto sin da domenica pomeriggio le cause e la dinamica. L’ha confermata nell’interrogatorio da cui scaturisce la conferma del suo stato di carcerazione. Una lite davanti all’uscio di casa, non per un tentativo di furto, come sostiene da domenica. Tutto sotto stretto riserbo di inquirenti e investigatori perché da quel racconto devono essere tratti elementi fondamentali per capire il movente dell’accaduto sabato pomeriggio, in quella abitazione, residenza estiva di Aquaro, all’estrema periferia di Martina Franca.
Il sacerdote, nella sua omelia, non si è occupato molto di questi aspetti: lo ha detto in premessa, sono un uomo di fede e devo fare un discorso ai fedeli. Ha peraltro aggiunto che è innegabile come l’accaduto abbia sconvolto tutti. La procedura religiosa e la procedura giudiziaria, contemporaneamente, stamani, a dare giustizia divina, o terrena, per quelle 36 coltellate e due bastonate di sabato pomeriggio. La giustizia terrena si deve anche occupare del perché, di quelle coltellate. E se la procedura divina, oggi, si è compiuta, quella umana deve ancora metterci un po’.