Di Franco Presicci:
Quando ero ragazzo sentivo la voce di un asino provenire da un tratturo o da un fondo vicino a quello dello zio prete; e l’ascoltavo quasi con gioia. Poi il quadrupede ho cominciato a vederlo solo sulle cartoline di Benvenuto Messia, il primo fotografo della città dei trulli dopo il padre Eugenio. Una aveva la scritta “A Martina è il più intelligente”, ma era una battuta del poeta, attore, ciclista, al quale anni fa il compianto notaio Alfredo Aquaro donò una due ruote fiammante, durante una ciclopasseggiata del plenilunio d’agosto che aveva come meta una masseria o un’altra struttura rurale.
“Ti piacciono gli asini?”, mi domandò Franco Carrozzo, comandante dei vigili urbani della città dei trulli. “Un giorno ti condurrò alla masseria Russoli della Forestale e te li mostrerò. Vedrai che per te sarà un bell’incontro. Ed eccoli in fila indiana, belli, mansueti , disciplinati, venire verso di noi, pronti ad accoglierli a braccia aperte.
Ero stato a casa di don Alfonso Basile – esperto della materia e grande amante della musica – che mi aveva fornito alcune sue pubblicazioni, che mi avevano allargato l’orizzonte. Quindi una conoscenza indiretta dei miei beniamini l’avevo fatta. Ma io volevo vederli a breve distanza, visitarli nel loro ambiente, in casa loro, dove vivevano, e vivono, in uno stato semibrado, liberi di muoversi, di andare qua e là, riunirsi, separarsi. Quando li vidi arrivare a passo lento e in fila indiana feci qualche passo avanti e il guardiano quasi avvertendo la mia domanda mi disse che per farli andare nel punto desiderato, tutti insieme, sollecitandoli nel loro solito quartiere, bastava sussurrare un segnale all’orecchio del capobranco. Mi avvicinai: sono splendidi, miti, affettuosi, forti, questi asinelli. Se si fa loro una carezza ricambiano con movimenti del muso. Vennero da me uno, due, tre, più asini. Io feci sentire la mia voce e uno di loro si strofinò sulle mie spalle. Mi colpì la dolcezza di questi animali, così comunicativi, intelligenti, accoglienti.
Qualche mese dopo entrammo in un’altra masseria, dove mi aspettava una sorpresa: un’asina chiusa in un recinto mandava messaggi d’amore al maschio tenuto al buio in un trullo. Al momento opportuno li misero uno vicino all’altra e fui affascinato dalla delicatezza del corteggiamento. Carrozzo riprendeva la scena, che mi emozionava. Adesso sì che potevo dire di conoscere questo animale che affronta la fatica senza risparmiarsi e quando è proprio stanco la rifiuta e non c’è verso di costringerlo. E’ li anche la sua dignità. Ho in mente i quadri di certi pittori, e le foto, tante foto, che lo riprendono mentre rientra con cataste di fascine o in groppa il contadino, percorrendo le vie erbose Ho osservato due esemplari che, separati da un muro a secco, si baciavano, almeno così mi sembrava. Una scena che sarebbe piaciuta al Segantini. Onore all’asino martinese e anche a quelli di altre regioni, comaschi compresi.
Anche gli stranieri riconoscono le virtù dell’asino martinese. Nel giugno del ‘97 il “The Mule Quartely Journal”, autorevole trimestrale della “British Mule Society”, che tra i suoi membri ha o aveva anche Carlo d’Inghilterra, ne pubblicò la storia. Da noi, esperti ed appassionati riempiono pagine e pagine, temendo un rischio d’estinzione. Qualcuno obiettava che in Europa le razze asinine apprezzate sono parecchie, per cui non capiva il motivo per cui si parlasse tanto di quella martinese. Perchè – gli fu risposto da alcuni intenditori – è al di sopra di tutte. Non per nulla veniva richiesta da ogni parte del mondo: Bulgaria, Polonia, Cecoslovacchia, India, Argentina…”. Qualche dato? Nel 1894 partirono per gli Stati Uniti una quarantina di campioni; e nel 1921 altrettanti per il Brasile.
Un’emigrazione continua sostenuta negli anni successivi. Il tedesco Hagenbeck ai primi del ‘900 acquistava 20 asini all’anno. I francesi preferivano i nostri a quelli del Poitou. Questo animale negli anni ha sempre avuto molta attenzione: il ministero dell’Agricoltura e Foreste, in collaborazione con quello della Grecia, decise di controllare l’esportazione dei migliori elementi in Asia e in America; vennero aperte stazioni di monta selezionata e istituito il Libro genealogico; e per incoraggiare la produzione di buoni stalloni sorsero rassegne con premiazioni e compravendite. Anche Martina Franca ebbe in seguito la sua, con grande partecipazione di pubblico, proveniente da ogni parte d’Italia e anche dall’estero.
Animali di altissima qualità, dunque, allevati, come detto, allo stato semibrado nella settecentesca masseria Russoli nei pressi di Crispiano, nel Tarantino, dove – mi riferiscono persone informate – fu inaugurato nell’80 il Centro per la conservazione genetica dell’asino di Martina Franca, proprio perché, dalla fine degli anni ‘70, l’avvenire di questa progenie destava non pochi timori, anche per colpa della crisi del mercato, scaturita dalla meccanizzazione delle campagne, che aveva messo a tappeto quasi tutti gli allevatori più significativi. La cura fu affidata oltre che alla Forestale, a una commissione tecnica. Risultato: l’allevamento è riuscito a contenere un centinaio di esemplari.
La razza fa bellissima figura nelle principali mostre del settore a Verona, Città di Castello, Parigi. La masseria Russoli, 192 ettari, tra boschi e macchia mediterranea, è spesso meta di turisti, soprattutto svizzeri. Fa loro da guida Anna De Marco, già solerte collaboratrice della biblioteca “Carlo Natale” di Crispiano, che conosce bene le caratteristiche del prestigioso quadrupede, la resistenza alla sete, alla fame e al freddo, la sua probabile derivazione dalla stirpe catalana, l’”habitat”, il temperamento piuttosto vivace, le doti morfologiche (altezza al garrese: 135 i maschi, 127 le femmine); la fronte piatta, il collo muscoloso, la groppa lunga e larga, il petto ampio, il mantello morello, la simpatia che sprigiona.
Mi dicono che la femmina produce un latte che per la sua composizione si avvicina a quello umano e trova impiego anche nella cosmesi e nella confezione di alcuni insaccati. Una curiosità: il mulo della prima guerra mondiale era il frutto dell’incrocio dell’asino di Martina con la cavalla murgese.
All’amico d’infanzia Franco Carrozzo, scomparso da qualche mese, confessai che amo l’asino e scoprii che lui lo apprezzava molto. Come si fa a non amare e a non apprezzare un animale come questo, che avrà pure i suoi momenti che il padrone può non condividere, ma è buono, amichevole, affettuoso. Lo ammiravo con esultanza, mentre il guardiano, cappello di paglia, canotta nera, brache al ginocchio, faccia tonda, baffi discreti, si puntellava a un albero dal fusto biforcuto. Dissi ancora “E’ solenne, quest’asino, superbo nell’aspetto. mi dispiace sentire il suo nome attribuito alle persone svogliate”. L’asino è sensibile, acuto, infaticabile, disponibile. Si ribella quando ha già lavorato abbastanza. Respingendo la fatica, compie un atto di orgoglio. E non cambia idea neppure a bastonate.
Franco Carrozzo ne accarezzò uno, sorridendo. “Sono socievoli e deliziosi”. Elogiandoli, io li applaudivo. Dopo anni chiesi nuovamente il permesso alla Forestale e tornai alla masseria Russoli, a visitare i miei beniamini, che io non chiamo asini né somari. Non ho mai offeso un uomo e non offendo gli asini.
Quando sono a Laino, sui rilievi di Como, e vado a Ponna, un paese vicino, lungo la strada ne vedo, di asini, protetti in recinti: hanno un colore rossiccio, sono più bassi di quelli di Martina, meno eleganti, un buon carattere. Mi fermo, lancio loro la mia voce e loro ricambiano, forse perché la riconoscono. Sempre a Laino, arriva l’urlo di un esemplare che non ho mai visto, Sta forse a Ranponio, forse a Verna, due paesi affratellati attaccati che ho di fonte. Quegli urli li sento quando il falegname aziona la sega elettrica e quando suonano le campane della chiesa. La voce dell’asino echeggia nella vallata, come testimonianza della sua esistenza. E’ una voce amica, delicata, come un richiamo, almeno per me; una voce che rompe il silenzio, come i “din don”, veri, non registrati, a differenza di quelle che vengono da tanti campanili del Nord e del Sud, del Centro. Anche qui l’asino ha i suoi giorni di gloria, una festa che cattura gente da altre parti. Penso si svolga a San Fedele d’Intelvi. Ma sì, sotto a chi tocca: e quel giorno tocca all’asino. Che non ha nulla da vedere con l’asino di Martina Franca.