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Salvatore Annacondia, il boss pugliese avrebbe dovuto ammazzare Totò Riina ma sbagliò macchina Intervistato da "Il Graffio" ha anche ricostruito lo sterminio nella criminalità organizzata di Taranto

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Di seguito un comunicato diffuso da Telenorba:

“Totò Riina doveva morire, per mano mia, nel 1989. Fallimmo per uno sbaglio di macchina”. Lo ha raccontato Salvatore Annacondia, a capo della più sanguinosa organizzazione criminale pugliese degli anni Ottanta e Novanta, nell’intervista esclusiva rilasciata ad Antonio Procacci e andata in onda ieri sera al Graffio, il programma di approfondimento di Telenorba condotto dal direttore Enzo Magistà.
Manomozza, così era chiamato il boss di Trani, ha raccontato che a chiedergli di uccidere il capo di Cosa Nostra fu un pezzo grosso della ‘ndrangheta. Gli disse giorno e ora in cui Riina sarebbe transitato su una strada nei pressi di Como. “Ci appostammo, doveva passare di là alle 15.30”, ricorda Annacondia. “Mimmo Tegano mi disse che sarebbe passata una Twin Spark rossa e che cinque minuti dopo sarebbe passato Riina a bordo di un Mercedes 5.000. Quando passò la Twin Spark ci preparammo, ci mettemmo in mezzo alla strada. Vedemmo il Mercedes, ma all’ultimo momento ci accorgemmo che era un 200 E, a bordo c’era due anziani. Con la coda dell’occhio vidi il 5000 che girò e andò via. Il tempo di metterci in macchina e li perdemmo. Non avessi fallito i giudici Falcone e Borsellino e tanta altra gente sarebbe ancora in vita”.
Nella trasmissione di ieri è andata in onda la seconda parte dell’intervista (la prima andò in onda venerdì 1 ottobre). Annacondia ha parlato anche dell’omicidio di un ragazzo di Trani, tale Giovanni, l’unico che porta sulla coscienza degli oltre 200 omicidi di cui è stato incolpato. “Non meritava di morire, mi sono fidato di uno dei miei uomini, per la prima volta non ho ragionato”, ha detto, quasi commosso, Annacondia. “Vorrei che la famiglia mi perdonasse”. Nessun pentimento, invece, per tutti gli altri delitti. “Mai ucciso gente che non c’entrava”, ha sottolineato.
Manomozza ha parlato anche dei suoi rapporti con gli altri clan pugliesi: “Tonino Capriati nell’86 aveva delle quote con noi nel contrabbando di sigarette, Gianfranco e Claudio Modeo mi chiesero di sistemare la guerra a Taranto nell’88 e gliel’ho sistemata, tutti i vertici che contavano furono tutti ammazzati”.




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