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Inchiesta corruzione università: il docente di Foggia doveva “fare le porcherie per i candidati romani” Guglielmo Fransoni fra i sette professori arrestati, sono complessivamente 59 gli indagati. Storia di sesso, ricatti, tangenti, manipolazioni. E un suicidio

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La vicenda, naturalmente, è più che ampia. Riguarda, secondo l’accusa, un intero sistema. Di corruzione nel settore universitario. L’inchiesta della procura di Firenze, generata dalla denuncia di un ricercatore palesemente “invitato” a non prendere parte a un concorso, ha portato ad iscrivere 59 docenti di tutta Italia, nel registro degli indagati. Sette, di questi docenti di diritto tributario, sono stati arrestati. Uno, Guglielmo Fransoni, in servizio all’università di Foggia (che non c’entra nulla con l’inchiesta). Ecco, stando all’intercettazione di una telefonata risalente al 4 aprile 2015, il compito di Fransoni in seno alle commissioni: “fare le porcherie per i candidati romani”. Lo dice, stando all’accusa, Pasquale Russo, per intendersi il docente che aveva detto (sempre per l’accusa) al ricercatore, di non presentarsi al concorso.
Nello specifico: una ricercatrice non esattamente ritenuta in grado per capacità, invitata a rivedere almeno un altro anno la sua tesi per l’abilitazione, poi “come parole al vento, dopo due mesi gliel’hanno fatta pubblicare, poi si è messa a scopare con Boria ed è diventata meritevole”. Pietro Boria, professore ordinario di diritto tributario-facoltà di giurisprudenza dell’università “La Sapienza” di Roma. Corposissima, la documentazione dell’inchiesta da cui emerge, secondo l’accusa, un sistema di soldi, sesso, ricatti, manipolazioni. C’è pure un suicidio: quello di Gianni Zamperini, 42enne esperto di computer.




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