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Brindisi: realizzazione di opere nel porto, osservazioni di Legambiente Fra il molo petrolchimico e costa Morena est

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Di seguito il comunicato di Legambiente Brindisi:

In riferimento all’oggetto, pur nella ristrettezza dei tempi a disposizione per l’invio di osservazioni, Legambiente Brindisi, nella persona del presidente pro tempore, rileva come per la programmazione delle opere nel porto di Brindisi si continua, in modo a dir poco anomalo, a procedere attraverso l’utilizzo di Piani triennali delle opere pubbliche e/o di varianti al Piano regolatore del Porto, con l’effetto di stravolgere del tutto le previsioni e le disposizioni contenute in quest’ultimo. Il piano regolatore portuale veniva approvato nel 1975 e rappresenta un documento urbanistico vetusto rispetto al mutamento della programmazione delle opere portuali, ma vigente a tutti gli effetti. Ciò avrebbe dovuto comportare, da parte di tutti gli Enti preposti e tra questi dell’Autorità portuale in primis, non il ricorso a continue varianti per la realizzazione di opere di così rilevante portata, ma la prodromica richiesta di adozione di un nuovo piano urbanistico in cui si catalizzasse, allo stato attuale, quanto già eseguito e si valutassero in modalità programmatica le nuove opere, contemperando esigenze portuali con il rispetto del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, così come prescritto ex lege. A ciò si aggiunga che la maggior parte degli interventi sul porto sinora eseguiti, seppur definiti strategici, non hanno minimamente comportato l’adozione del citato nuovo processo, che viepiù andrebbe realizzato in forma partecipata, sia in fase di studio, di progettazione, di definizione e sino all’approvazione di un nuovo Piano regolatore del porto. Peraltro in questi anni abbiamo assistito al ricorso ad un vero “progettificio”, ciò alla continua produzione di progetti, di incarichi professionali, con conseguente esborso di denaro pubblico, non sempre (e per tanti versi fortunatamente) giunti a compimento. Quanto sopra richiederebbe l’attenzione dell’Autorità Giudiziaria, in primo luogo di quella contabile, oltre a quella dell’Anac per dirimere più che giustificati dubbi in materia di legittimità e trasparenza di atti e di comportamenti assunti dai vari Enti coinvolti. Anche in considerazione delle attuali procedure penali in corso di indagine, presso la Procura della Repubblica di Brindisi – PM Dott. Casto, e dei provvedimenti di sequestro attuati dal Gip presso il Tribunale di Brindisi e relativi ad opere già eseguite, in violazione del piano regolatore del porto vigente, dall’Autorità di sistema portuale. Va ricordato che il Pug è lo strumento sovraordinato per quel che attiene la pianificazione urbanistica nell’intero territorio cittadino e, come l’Associazione ha fatto presente in osservazioni ufficiali rispetto allo stesso Pug, i Piani regolatori del porto e dell’area di sviluppo industriale devono adeguarsi allo strumento urbanistico prevalente, alle sue disposizioni, alle sue linee disostenibilità ambientale ed anche alle clausole di salvaguardia. Le opere programmate dimostrano, al contrario, che si continua a fare ricorso non soltanto alle “anomale” varianti al Prp, ma anche a deroghe continue rispetto ai principi ed agli obbiettivi del Pug ed alle sue clausole di salvaguardia. Nel riservarsi approfondimenti sull’oggetto, Legambiente rileva che i dragaggi previsti nelle aree del canale Pigonati e di S. Apollinare richiederebbero ulteriori verifiche tecniche ed archeologiche, anche in riferimento alle notizie storiche ampiamente disponibili, per quel che attiene la presenza di relitti ed altri reperti. A ciò si aggiunga che sono necessarie più dettagliate e motivate giustificazioni rispetto all’entità dei dragaggi previsti e soprattutto vanno disposte caratterizzazioni sulla tipologia dei materiali dragati, sulla loro classificazione quali rifiuti (speciali e/o pericolosi) e sulla loro successiva destinazione nel rispetto delle leggi concernenti il riuso possibile o lo smaltimento se tali rifiuti risultassero pericolosi (si pensi soltanto alla concentrazione da rilevare di metalli pesanti, al loro accumulo ed ai conseguenti danni ambientali e sanitari). Per quel che attiene gli interventi fra il molo petrolchimico e costa Morena est, crediamo si stia sottraendo altra parte di territorio cittadino attualmente vocato al turismo, in forte aumento, rispetto a quello industriale (dovrebbe essere il contrario dopo il fallimento della politica delle mega industrie e dei traffici commerciali – basti vedere quante imprese investono in un area già altamente contaminata da altri e mai bonificata, nessuno!!!!) e ci chiediamo, altresì, se questi progetti siano pensati in un ottica di sviluppo concreto del porto o rimarranno inutilizzati, data la posizione degli stessi rispetto agli opifici industriali esistenti ed alla possibilità di questi di trarne un vantaggio. E’ sufficiente pensare a quanto già esistente a Capo Bianco, una colmata tuttora abbandonata ed inutilizzata dalle imprese ubicate nell’area industriale; un’opera eseguita nonostante quell’intervento fosse invasivo del territorio, anche in considerazione della realtà archeologica esistente a mare, poi ritenuto illegittimo dall’Autorità giudiziaria.

In particolare, risulta dalla documentazione presentata, che l’area interessata corrisponde a 166 mila mq relativamente alla colmata di progetto. Anche in questo caso i dragaggi devono prevedere più dettagliate e motivate giustificazioni rispetto all’entità dei dragaggi previsti (si prevede addirittura l’escavazione fino a -27 metri rispetto al livello del mare) e soprattutto vanno disposte caratterizzazioni sulla tipologia dei materiali dragati, sulla loro classificazione quali rifiuti e sulla loro successiva destinazione, nel rispetto delle leggi concernenti il riuso possibile o lo smaltimento se tali rifiuti risultassero pericolosi. Ergo, al riguardo, va disposta una valutazione di impatto ambientale in cui andranno valutati tutti gli indicatori possibili, compresi quelli sopra citati relativamente alle caratterizzazioni ed anche più accuratamente riferiti all’impatto delle opere in sé, sugli equilibri ambientali ed idrologici nel porto ed alla movimentazione di materiali e mezzi nella realizzazione dell’opera. Dovrebbe essere superfluo ricordare che sia necessaria una procedura che valuti nella compatibilità ambientale anche l’“opzione zero”, cioè la possibilità che le opere previste vengano giudicate non compatibili alla luce di accurati studi analitici condotti. A ciò si aggiunga che, nella documentazione di progetto, risulta evidente l’interessamento del corso d’acqua e della foce di Fiume grande, ciò che richiede una ben diversa procedura analitica (in ragione dei vincoli ambientali insistenti sull’area protetta di Fiume grande, come risulta anche dalla documentazione che riportiamo in calce estrapolata dal sito della Provincia di Brindisi) per cui Legambiente chiede formalmente il ricorso alla Valutazione di Incidenza Ambientale. L’entità delle opere e delle attività previste, però, secondo Legambiente richiede anche una Valutazione Ambientale Strategica (VAS), in ragione della portata e dell’estensione territoriale degli impatti e dei loro effetti conseguenti; si ricordi, infatti, che la Direttiva 2001/42/CE ed il D.lgs 3 aprile 2006, n. 152, entrata in vigore il 31 luglio 2007, modificata e integrata dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 entrato in vigore il 13/02/2008 e dal D. Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, chiariscono puntualmente i presupposti e le condizioni fondanti il ricorso alla VAS al fine “di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile” (art. 4 del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i.).

In ragione di quanto sopra, Legambiente chiede che si proceda all’attuazione delle verifiche citate in relazione ai dragaggi ed alle caratterizzazioni di cui sopra e che si riapra la procedura con il ricorso citato alla Valutazione Integrata Ambientale ed alla V.A.S.. Ed allora, anche noi affermiamo “game over”!!!!!!!! Ripartiamo da procedure chiare e funzionali ad obiettivi condivisi, fra i quali prioritari sono una nuova stazione marittima, una nuova stazione croceristica e servizi finalmente adeguati per il traffico turistico connesso. Ma l’obiettivo più importante da raggiungere è un nuovo piano regolatore del porto che abbia come requisito fondante la sostenibilità ed il rispetto della vocazione turistica del porto di Brindisi. Allegato: Invaso di Fiume Grande L’invaso di Fiume Grande rientra nella perimetrazione del Parco Naturale Regionale “Saline di Punta della Contessa” (L.R. n.28 del 23/12/2002). Il tratto terminale di Fiume Grande è caratterizzato da un fitto ed esteso canneto dominato dalla Cannuccia di palude, a cui si associano la Canna domestica, la Mazza sorda ed il Falasco. Tale biotipo palustre si espande in un invaso con specchi d’acqua liberi da vegetazione emergente dove si osservano anatre come il Moriglione, laoretta e la rara Moretta tabaccata, specie considerata prioritaria (Direttiva Uccelli 79/409/CEE) ed in pericolo in modo critico (Libro Rosso degli Animali d’Italia, 1988). In primavera è, possibile osservare l’Airone rosso, la Sgarza ciuffetto il Falco pescatore e diversi esemplari di Falco di palude. Nel fitto e vasto canneto trovano rifugio uccelli acquatici quali la Folaga, la Gallinella d’acqua, il Tarabusino e passeriformi quali la Cannaiola, il Cannareccione e l’Usignolo di Fiume. La superficie acquatica è territorio di caccia per Rondini, Balestrucci e Rondoni.

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