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Giornalisti: la protesta contro il precariato. Fra teoria e ipocrisia Istituzioni lente quando non assenti. Legge sull'equo compenso: tutto partito da un giornalista di Ceglie Messapica malpagato, suicida

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Questo, quanto affermato da Angela D’Onghia, sottosegretario all’Istruzione, sulla manifestazione svoltasi ieri a Roma:

“Non possiamo rimanere inerti di fronte ai problemi del mondo dell’informazione. Dobbiamo salvaguardare il diritto dei cittadini di essere correttamente informati”.

Così la sottosegretaria al MIUR, senatrice Angela D’Onghia, interviene sulla giornata di protesta intitolata “Libertà precaria, lavoro precario, vite precarie” ieri in Piazza Montecitorio. Gli organismi elettivi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dell’Ordine dei Giornalisti riuniti per denunciare l’inerzia del governo e del parlamento e richiamare l’attenzione delle istituzioni sul tema dell’informazione.

“Il tema della giornata riassume la difficile condizione lavorativa di migliaia di giornalisti che inevitabilmente, sotto lo schiaffo della precarietà, si riflette sulla qualità dell’informazione mettendo a rischio la tenuta democratica del Paese”, continua la sottosegretaria. “Il giornalismo di qualità è un contributo fondamentale per arricchire il dibattito del Paese. Ma un lavoro senza diritti, senza tutele e senza garanzie, non può che riflettersi sull’intera società.

Le stesse fake news non si possono arginare se i giornalisti sono sempre più precari, poiché per raggiungere un minimo compenso dignitoso devono scrivere molti articoli il più velocemente possibile senza semmai verificare le fonti e quindi a danno della qualità stessa dell’informazione. Allora occorre che la professione giornalistica si rafforzi dal punto di vista contrattuale con risorse adeguate per diminuire il precariato. L’impegno deve essere rivolto ad una inversione di rotta se si vogliono difendere concretamente i valori della democrazia e l’indipendenza degli organi di informazione, indipendenza che appartiene a tutti noi”, conclude la senatrice D’Onghia.

Abbiamo preso ad esempio una delle tante importanti prese di posizione, per la circostanza di ieri. Ma non si può essere bravi solo in riferimento a ieri. Bisogna esserlo da oggi in poi, visto tutto il tempo vergognosamente sprecato finora. Perché i giornalisti precari sono, spesso, gli stessi ai quali si fa ricorso per evidenziare i comunicati oppure le espressioni su questo o quel tema. E sono, i precari, spesso, quelli che riempiono i giornali, proprio dal punto di vista quantitativo. Cosa molto comoda per gli editori. Lo sa, la senatrice D’Onghia, che la legge sull’equo compenso è intitolata a un giornalista pugliese? Si ammazzò, sei anni e mezzo fa. Pierpaolo Faggiano, di Ceglie Messapica. Collaborava con la Gazzetta del Mezzogiorno, che si affrettò a dire (anche) di una delusione sentimentale, prima della situazione lavorativa. Da qui si pensa che li sistema giornalistico, di serie A e serie B e serie C e serie Z sul piano retributivo, ha ammazzato Pierpaolo.

Così, stiamo messi, cara D’Onghia, cari lettori. E l’equo compenso è una cosa che all’atto pratico, di equo non ha granché, di compenso pure meno. Quanto sottobosco, fra le testate locali e anche nazionali, anche online. Quanti aggiramenti delle norme, rimanendo perfino in regola. Perché sono le regole, in tema di retribuzioni e contributi e fisco, a fare ridere (arrabbiare, per chi ne subisce le conseguenze). E chi vuole rispettarle in pieno, si trova in un mare di problemi, spesso. Queste, sono le cose su cui bisogna agire. Ma non si fa. In quanto ai giornalisti, l’istituzione di categoria deve essere più rigorosa. I corsi di aggiornamento, spesso, fanno trovare in regola chi ha il tempo per andarli a fare e fuori regola chi è oberato di (malpagato) lavoro. I meccanismi di disciplina devono funzionare meglio, non è possibile che chi rispetta i lettori e la deontologia e chi opera in spregio di molto o di tutto, siano la stessa cosa. Non è giusto. Bisogna fermare anche i dopolavoristi che possono accontentarsi di poco o nulla tanto uno stipendio ce l’hanno. E creano così problemi a chi fa il giornalista dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva, ogni giorno. Ecco, le istituzioni sono capaci (almeno) di questo? Sono capaci di adeguare la legislazione lentissima alle innovazioni tecnologiche velocissime? Altrimenti si parla per far prendere aria alla bocca. Vediamo chi si muove sul serio. Da oggi. Altrimenti sarà stata altra teoria, altra ipocrisia. Come da decenni avviene. Chi scrive è a disposizione, con il minimo di esperienza accumulata, di chiunque voglia impegnarsi sul serio.
Agostino Quero




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