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Taranto: proteste dopo che il sindaco blocca il vernacolo nel teatro Fusco Lettera aperta, molte sottoscrizioni

Il presidente Rinaldo Melucci

Di seguito il comunicato:

Alla c.a. Del Buonsenso
p.c. Alla Consapevolezza Civica
p.s. all’Utopia

Spettabili, ancora una volta la città di Taranto si trova vittima di un duro attentato alla sua cultura, alla sua essenza, alla sua dignità.
Le ultime affermazione del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, Primo Cittadino e garante dell’equità e del bene collettivo, vogliono le sorti del Teatro Fusco, storico punto di riferimento della cultura tarantina, divise per sempre dagli spettacoli in vernacolo. “No a spettacoli in vernacolo -ha affermato il Primo Cittadino riferendosi al celebre teatro- sarà il salotto buono della cultura tarantina”. Un po’ come quelle vecchie zie che quando hanno ospiti di riguardo tirano fuori il servizio di fine porcellana, riservando piatti e bicchieri di carta agli ospiti meno graditi. Possibile che, ancora nel 2018, dobbiamo combattere con i concetti di cultura di seria A e cultura di serie B? Possibile che a colui che deve garantire equità sul territorio sia sfuggito che la tutela del dialetto è la forma più alta di cultura a cui un Comune possa aspirare? Possibile che non abbia mai letto delle innumerevoli iniziative sul territorio nazionale, anche promosse dalle Istituzioni Pubbliche (a cui lui stesso presta servizio), volte alla tutela e salvaguardia del vernacolo? Se il dialetto non è degno di accomodarsi nel salotto buono, come mai l’Unesco ne ha individuati ben due in Italia come patrimonio dell’Umanità?
Un salto indietro di sessant’anni in poche battute di un consiglio comunale. Taranto improvvisamente catapultata nel passato, dove la lingua aulica era sinonimo di cultura e il dialetto di ignoranza (o, nel migliore dei casi di flolklore), retaggio culturale di una classe medio-borghese (nell’accezione negativa del termine) che, speravamo non esistesse più.
Forse il problema è proprio questo: il Primo Cittadino non ha ben compreso cosa sia il veracolo, il dialetto.
Il Dialetto, nel suo insieme, non deve essere considerato solo sotto il profilo meramente linguistico, ma soprattutto deve essere inteso come modo di essere, di vivere, di credere, di recupero di valori (la famosa Tarentinità). Il Dialetto è freschezza, creatività, è ricchezza, è fantasia, è sintesi, è storia (la storia di Taranto la si potrebbe fare analizzando le parole greche, romane, francesi, spagnole, arabe, normanne etc…). E’ poesia. E’ il ricordo. Il Dialetto è ascoltare nomi conosciuti, cognomi, soprannomi, personaggi viventi in foto ormai ingiallite. In dialetto sono sono i segnali che si scambiano durante le nostre processioni (furce’, ‘ngue’…). Il dialetto è ricordare detti, proverbi, mottetti, piccole grandi perle di saggezza e umanità popolare. Il Dialetto è accennare un canto, una nenia antica, una filastrocca, una preghiera semplice, uno scongiuro. Il Dialetto è pensare ai giochi di una volta, alle favole. Il Dialetto in sé è una favola. Il dialetto è la testimonianza del nostro passato, in cui ogni mescolanza e ogni dominazione ha lasciato un segno (nel dialetto tarantino ci sono parole greche, latine, arabe, spagnole, normanne, bizantine…). Il dialetto è una macchina del tempo straordinaria. Il Dialetto stesso è vita…sicuri che tutto ciò sia tanto imbarazzante da non poter essere sfoggiato nel “salotto buono” della città?
Quante volte abbiamo sentito dire “la rinascita di Taranto comincia dalla sua città vecchia “. Se riconosciamo la validità di questo assunto , non possiamo prescindere dalla lingua parlata sull’isola . Il dialetto come elemento costitutivo ed identitario del futuro di questa città. La lingua degli affetti, dei ricordi, del cuore e dei sentimenti forti. Il meglio espresso dalla Comunità è in dialetto . La vita più vera si è avuta sull’isola, dove vivevano tutti i ceti e parlavano una sola lingua . Le radici non si decidono mai . Più sono profonde e più si resiste alle intemperie della vita . Siamo stufi di operazioni pseudoculturali asettiche e sterili . Senza dialetto non c’è futuro . La verità è una: le parole sono i luoghi che abitiamo

Emilio Consiglio Cataldo Acquaviva Cataldo De Florio Angelo Fanelli Cataldo Sferra Nicola De Timo Saverio Basile Domenico Cantore Nicola Gigante Fedele Massante Cosimo Acquaviva Michele Pulpito Domenico Candelli Tommaso Gentile Alfredo Maiorano Diego Peluso Giuseppe Acquaviva Nicola Caputo Giovanni Acquaviva Claudio De Cuia Diego Marturano Domenico Semeraro Giacinto Peluso Antonio Rizzo Nicola Giudetti Amelia Ressa Giuseppe Fanigliulo Diego Marturano Antonio Torro Angelo Favale

Questa è solo una piccola parte di autori tarantini , che scrivevano in tarantino e dei tarantini. Questa è ricchezza . Dimenticare è l’oblio .

Il sindaco ha chiaramente escluso il Dialetto, decretato “bene immateriale” dall’Unesco, dalla concetto di cultura.
Che sia riconosciuta dignità a Taranto e al suo dialetto!




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