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Taranto: bloccare produzioni dannose per la salute, la richiesta dell’Ordine dei medici Primo destinatario, il ministro

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La lettera

1) Premessa. Taranto e il Siderurgico.
L’impianto Siderurgico di Taranto, in attività dal 1964, è il più grande in Europa, produce col metodo del ciclo integrale ed è insediato a ridosso del preesistente centro abitato di Taranto.
Il ciclo produttivo ha determinato e determina l’immissione in ambiente di una ingente quantità di sostanze inquinanti, in parte evitabile con l’adozione di migliori tecnologie, come documentato dalla perizia chimica prodotta per il Processo “Ambiente Svenduto”, ma in parte inevitabile conseguenza del tipo di attività.
L’ambiente naturale del territorio è stato negli anni gravemente contaminato compromettendone la fruizione, per scopo ricreativo ed economico, in violazione del terzo Principio della dichiarazione di Rio del 1992, sottoscritta anche dall’Italia, che così recita: “Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future”.
Gli inquinanti, tra cui i metalli e le diossine, dotati di pericolosità scientificamente acclarata per la salute umana, sono trasmigrati, anche in ragione della loro persistenza, dall’ambiente alla catena alimentare ed hanno contaminato gli esseri umani che ne sono, nel tempo, venuti a contatto costantemente per via respiratoria, dermica, transplacentare e persino attraverso il latte materno, alimento peraltro irrinunciabile nei primi mesi di vita.
Negli anni numerosi ed autorevoli studi scientifici, hanno costantemente rimarcato le molteplici sfaccettature del danno alla salute dei cittadini tarantini determinato dalla aggressione chimica della popolazione, nonché il rapporto diretto tra mortalità e morbosità e attività siderurgica.
Nonostante la mole di queste evidenze, l’attività produttiva non si è mai interrotta superando, in forza di legge attraverso i decreti c.d. “Salva Ilva”, anche l’ordinanza di sequestro dell’impianto siderurgico imposta nell’anno 2012 dai magistrati tarantini nel tentativo di proteggere la popolazione.
Nel 2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo in ragione di quanto esposto, ha condannato lo Stato Italiano per non aver tutelato la vita dei cittadini tarantini (Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 24 gennaio 2019 – Ricorso n. 54414/13 e altri – Causa Cordella contro Italia).
2) L’Ordine dei Medici di Taranto. Il suo ruolo e il suo punto di vista sui temi della salute e dell’ambiente nel peculiare contesto tarantino.
L’Ordine dei Medici di Taranto non ha titolo né competenze per entrare nel merito delle scelte economiche e di sviluppo di un territorio, né ha titolo per vagliare e valutare possibili soluzioni impiantistiche migliorative per l’Impianto Siderurgico di Taranto, ma ha l’obbligo, nel rispetto del proprio codice deontologico e del giuramento professionale dei suoi iscritti, di “perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza (..)”.
L’obiettivo delle politiche economiche e di sviluppo di una comunità e di una nazione è il benessere degli uomini come singoli e come collettività, essendo la vita degli uomini all’apice della scala dei valori.
Il frutto del lavoro e delle attività economiche deve essere fruito secondo criteri di equità e giustizia, in considerazione dell’eguale diritto di tutti gli uomini di vivere, di godere di buona salute e di sviluppare il proprio progetto di vita.
Alla luce di quanto enunciato riteniamo inaccettabile che il lavoro, e in particolare questa produzione industriale, possa comportare o addirittura prevedere, sotto forma di “inevitabile “ esternalità negativa, il danno alla vita e alla salute di una parte della popolazione, quale che sia la sua numerosità.
Nel caso specifico l’attività del Siderurgico tarantino, che pure ha fornito e fornisce benefici economici a singoli individui e a gruppi di cittadini, non può essere eticamente giustificata se si svolge al prezzo della vita di un’altra parte di popolazione, persone per questa condizione declassate, in violazione della loro dignità umana e in dispregio della unicità della loro vita, a meri strumenti della produzione, usurabili quanto necessario, se operai, o destinati ad essere recettori inermi dei rifiuti tossici della attività industriale, se cittadini. Si realizza in questo modo una condizione di diseguaglianza nei diritti all’interno della nazione tra chi fruisce dei benefici della produzione industriale e chi ne subisce prevalentemente i danni.
Una simile situazione si configura come “ingiustizia ambientale “ ed è tanto più grave poiché si svolge per lo più e maggiormente a discapito delle fasce di popolazione che vivono a ridosso degli impianti, che nel tempo si impoveriscono sempre di più sia per i danni alla salute che per la riduzione di opportunità lavorative in un territorio “espropriato” e reso inutilizzabile a causa della contaminazione.
In questa condizione vengono realizzate e mantenute, attraverso scelte politiche consapevoli, condizioni di grave discriminazione tra cittadini all’interno dello stesso territorio e della stessa nazione, in aperta violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione che proclama che la Repubblica riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo e che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza alcuna distinzione.
In maniera particolare, atteso il caso specifico, la violazione riguarda anche l’articolo 1 della Costituzione nel quale si dice che la Nazione è fondata sul Lavoro, ma anche, contestualmente, che il Popolo è “sovrano” nel contesto operoso. Laddove in un contesto produttivo parte della popolazione lavori in condizioni di riduzione dei suoi diritti fondamentali e dunque con una riduzione della sua “sovranità”, a nostro giudizio il lavoro risulta declassato alla condizione di sfruttamento, il lavoratore diviene mero strumento della produzione e in questa condizione non può ritenersi rispettato il primo degli articoli della Costituzione che vede il lavoro svolgersi nel contesto di una sovranità popolare di cui ciascun cittadino al pari di tutti gli altri è partecipe.
Alla luce di quanto detto e riflettendo sulla situazione attuale, l’Ordine dei Medici di Taranto prende atto che ancora oggi, in assoluta continuità con quanto avvenuto in passato, non sono assicurate garanzie sufficienti che la produzione dell’acciaio nel sito di Taranto si svolga ora, e possa svolgersi in futuro, nel rispetto del diritto alla vita e a un lavoro dignitoso.
Queste garanzie si possono ancora ottenere per il futuro, e si richiede che siano fornite, attraverso una Valutazione dell’Impatto Sanitario su diversi scenari emissivi e produttivi, effettuata secondo le linee guida nazionali, che documenti se esistano condizioni alle quali sia possibile la produzione di acciaio nel sito di Taranto in totale assenza di danno alla Vita e alla salute di Operai e Cittadini. E’ questa l’unica condizione che, secondo questo Ordine dei Medici, renderebbe eticamente accettabile la continuità produttiva del Siderurgico di Taranto.
Non riteniamo invece accettabile che le Valutazioni di Impatto Sanitario siano effettuate secondo le modalità che sono state previste dal DL del 24/4/2013 in attuazione dell’art 1-bis, comma 2, del decreto-legge del 3/12/2012 n.207, convertito con modificazioni, dalla legge 24/12/2012, n.231.
La natura di questa opposizione risiede nei fondati rilievi, che questo Ordine sottoscrive, sollevati da illustri epidemiologi sulla efficacia di questa VDS nell’essere strumento di valutazione finalizzato alla protezione della popolazione, riscontrandovi difetti di metodo che non possono che invalidarne l’efficacia pretesa. (Si veda a tal proposito Epidemiol Prev 2013; 37 (6): 349-351 “Valutazioni di impatto sanitario, sorveglianza epidemiologica e studi di intervento nelle aree a rischio” F. Bianchi, F. Forastiere, B. Terracini).
In particolare si respinge come scientificamente infondato il riferimento al rispetto dei limiti di legge dei singoli inquinanti come criterio sufficiente a priori, “per forza di legge”, a garantire la protezione della vita e della salute umana. La vita umana è garantita quando la popolazione non perisce e non si ammala in conseguenza delle emissioni inquinanti, quali che siano i livelli emissivi come singole emissioni e come sommatoria.
Riteniamo inoltre che si debba obbligatoriamente reintervenire sulle autorizzazioni alla produzione (AIA) in caso di previsione di Impatto Sanitario o per l’evidenza epidemiologica di danno alla salute e alla vita, quale che sia l’entità dimostrata del danno, poiché è questo lo scopo stesso di una VIS così come indicato nel Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018, ed è inaccettabile qualunque forma di mitigazione di questo obbligo.
Al Proposito è rilevante richiamare che la necessità di procedere a VIS anche nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’AIA (o di VIA) è stata recentemente confermata dalla Sentenza n.
983/2019 del Consiglio di Stato, secondo la quale “… è necessario procedervi quando le concrete evidenze istruttorie dimostrino la sussistenza di un serio pericolo per la salute pubblica. L’Amministrazione che in tali casi non la effettui incorre, pertanto, nel tipico vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del mancato approfondimento istruttorio, sintomatico della disfunzione amministrativa”.

Ma ancor prima ci preme fare qualche osservazione su quanto definito in premessa nel D.L. del 3 Dicembre 2012 che introduce i criteri per la VDS riservati, con legge apposita, all’impianto siderurgico di Taranto, laddove si legge che: “(…) la continuità del funzionamento produttivo dello stabilimento siderurgico Ilva S.p.A. costituisce una priorità strategica di interesse nazionale (…)”.
Tale affermazione introduce, per legge, un effetto di distorsione del giusto ordine dei Valori che vede l’uomo come vero scopo del processo produttivo, come questo Ordine ha precedentemente argomentato ed in continuità con quanto affermato nella enciclica papale Laborem excercens di Papa Giovanni Paolo II.
Non può la produzione di qualsiasi merce, o qualunque attività umana, essere posta al vertice della scala dei valori tanto da assurgere a livello di “priorità strategica nazionale”. Nel caso specifico la continuità produttiva di un impianto deve sottostare alla verifica della sua compatibilità con la vita e la salute della popolazione che deve essa stessa rappresentare la “priorità strategica nazionale” cui ogni altro obiettivo produttivo o di sviluppo deve essere subordinato.
Inoltre rileviamo una ulteriore criticità: le priorità di una Nazione non possono essere differenti dalle priorità di parte dei cittadini di quella stessa Nazione, a meno di non ammettere e formalizzare una diseguaglianza nei diritti e quindi nello status stesso di cittadini all’interno della Nazione. Ciò che danneggia i cittadini di Taranto danneggia la Nazione, ciò che promuove lo sviluppo dei cittadini di Taranto promuove lo sviluppo della Nazione.
Ogni altra condizione delinea il quadro di uno sfruttamento di tipo coloniale intranazionale, in cui alcuni territori sono destinati allo sfruttamento delle risorse a beneficio di altri territori e di altri cittadini e ciò attraverso un corpo di leggi speciali “dedicate” .
Riteniamo che sia questo uno dei punti centrali della riflessione di questo Ordine in relazione alla situazione sanitaria ed ambientale tarantina.
Per ultimo non possiamo omettere di considerare che tra i macro obiettivi del PNP 2014-2018 c’è il benessere mentale dei bambini, adolescenti e giovani e la prevenzione delle conseguenze dei disturbi neurosensoriali.
Uno studio dell’ISS ha documentato riduzione del quoziente intellettivo e disturbi del neuro sviluppo in bambini, peraltro sani, che vivono a ridosso dell’area industriale di Taranto e vi è ampia documentazione della immissione in ambiente di una miscela di sostanze neurotossiche da parte dell’impianto siderurgico di Taranto. Queste evidenze suggeriscono la immediata sospensione della immissione di queste sostanze sulla popolazione, in ossequio al “principio di precauzione”, ma prima ancora in ossequio al buon senso e in considerazione del gravissimo danno per una intera comunità e per la nazione determinato dal danneggiare neurologicamente e cognitivamente la popolazione infantile e quindi i suoi stessi cittadini.
Si vuole concludere sulla salute mentale dei bambini perché è la mente umana il prodotto più evoluto e prezioso della Creazione ed è il capitale umano la ricchezza da tutelare per promuovere lo sviluppo sociale ed economico di un paese, come riconoscono in maniera unanime anche gli economisti.
Senza l’attività mentale nessuno potrebbe fabbricare nè acciaio né altro. Danneggiare la Mente dei bambini e dunque delle future generazioni è, per la società, un atto potenzialmente suicida.

3) Conclusioni e proposte.
In conclusione, questo Ordine ritiene prioritario che l’impianto siderurgico di Taranto sia fornito con la massima urgenza di una Valutazione Impatto Sanitario (VIS), possibilmente integrata sotto forma di Valutazione Integrata dell’Impatto Atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute (VIIAS) con l’impatto di ogni altro impianto industriale insistente sul territorio in esame; che gli esiti di questa valutazione siano vincolanti ai fini della revisione dell’AIA e che non siano ammessi livelli/tipologie di produzione che comportino un qualsivoglia danno alla salute e alla vita della popolazione; che sia, a prescindere da qualunque altra valutazione, sospesa la immissione sulla popolazione di sostanze ad effetto neurotossico.




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