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Lavoratori stranieri “componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo” Coldiretti Brindisi, dossier statistico immigrazione Idos 2018 presentato ad Ostuni

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Di seguito un comunicato diffuso da Coldiretti Puglia:

“Sono 2.399 gli stranieri residenti a Brindisi e provincia. La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 19,8% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall’Albania (14,0%) e dalla Nigeria (5,5%). Il lavoro è sempre una straordinaria fonte di dignità e l’agricoltura offre enormi opportunità di inserimento e integrazione ai migranti che scelgono di restare in Puglia per lavorare nelle campagne”, è quanto ha precisato il Presidente di Coldiretti Brindisi, Filippo De Miccolis, alla presentazione del Dossier statistico Immigrazione 2018 Idos, presso la Chiesa del Carmine ad Ostuni.

“I prodotti dell’agricoltura passano nelle mani dei lavoratori stranieri – ha ribadito il Presidente De Miccolis – con oltre il 26% del numero complessivo di giornate di occupazione del settore e rappresentano, quindi, una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo. Sono una grande risorsa per il settore agricolo che va valorizzata e difesa da inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”.

Secondo i dati dell’indagine Ue.Coop/Ixè, 8 italiani su 10 (79%) chiedono di far lavorare gratuitamente in attività di pubblica utilità gli immigrati in cambio dell’accoglienza, anche se per un periodo limitato. Il fattore determinate nello scatenare l’ostilità degli italiani nei confronti degli immigrati è proprio il fatto di essere assistiti senza lavorare che – sottolinea Coldiretti Brindisi – infastidisce ben il 30% dei cittadini prima della paura per la delinquenza (29%), mentre non si riscontrano discriminazioni razziali con solo il 4% che dice di essere preoccupato perché sono diversi e ben il 26% che non si ritiene per nulla disturbato dalla loro presenza.

“Il lavoro è la leva principale dell’integrazione con molteplici attività di pubblica utilità – ha continuato il Presidente De Miccolis – ritenute necessarie per compensare l’aiuto ricevuto con il vitto e alloggio nell’accoglienza. Nell’ordine, a giudizio degli italiani, potrebbe essere utile impiegare il lavoro degli immigrati accolti nella cura del verde pubblico (57%), la pulizia delle strade (54%), l’agricoltura (36%), la tutela del patrimonio pubblico (30%), la cura degli anziani (23%), secondo l’indagine Ue.Coop/Ixe’. Analogamente, due terzi dei cittadini vedono con favore l’ipotesi di tirocini gratuiti, predefiniti nel tempo, in aziende private nell’ottica di ‘imparare un mestiere’. Più di 1 italiano su 2 sarebbe inoltre favorevole a coinvolgere gli immigrati nel recupero dei piccoli borghi abbandonati e per combattere lo spopolamento dei territori”.

Piuttosto, per non assistere impotenti al comportamento di soggetti che approfittano della disponibilità di manodopera a basso costo sul mercato interno ed internazionale, subendo tra l’altro il “caporalato bianco” della competizione tra prodotti italiani e stranieri, agevolati questi ultimi da forme di “dumping sociale e sanitario” che consente di ottenere il miglior prezzo possibile sul mercato, Coldiretti sollecita l’approvazione in tempi rapidi delle proposte di riforma dei reati alimentari, presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti e mettere freno alla piaga del caporalato bianco.

“Dalle conserve di pomodoro cinesi all’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya ha concluso il Presidente De Miccolis – quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese”.

Da sottolineare, poi, che la filiera agroalimentare, dalla produzione agricola al commercio all’ingrosso fino ad arrivare alla distribuzione organizzata, non è quasi mai governata – aggiunge Coldiretti – da leggi che contrastino efficacemente l’abuso di potere economico da parte di alcune componenti della filiera rispetto ad altre più deboli.

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