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Palo del Colle: per la morte di Francesco Zaccheo, investito a giugno 2015, condannato 25enne Sentenza con rito abbreviato: Vito Ramunno deve scontare otto anni e quattro mesi per omicidio colposo aggravato dalla guida sotto effetto di droghe e senza patente, elevata velocità, omissione di soccorso e frode processuale

foto luogo sinistro con fiori

Di seguito un comunicato diffuso da Studio 3A in merito ad una sentenza di primo grado per la morte di Francesco Zaccheo, investito. Diritto di replica, naturalmente, qualora voglia essere esercitato dal condannato o chi lo tutela:

“Per quello che ha commesso nessuna pena sarebbe stata abbastanza, ma un po’ di giustizia, almeno, mio padre l’ha ricevuta”. Sono abbastanza soddisfatti i familiari di Francesco Zaccheo per la condanna esemplare a 8 anni e 4 mesi comminata a Vito Ramunno, il pirata che ha investito e ucciso il loro congiunto dandosi poi alla fuga.

L’episodio, successo l’8 giugno 2015 a Palo del Colle, in provincia di Bari, all’epoca ebbe profonda eco e destò unanime sdegno. Zaccheo, 76 anni, di Palo del Colle, che aveva lavorato una vita da emigrato in Germania ed era tornato nella “sua” Puglia per godersi la pensione, stava percorrendo tranquillamente via Ciavriello, nella sua corsia di marcia, in sella a un ciclomotore, quand’è stato falciato dal Ramunno, 24 anni, pure lui domiciliato a Palo, che gli è piombato addosso a tutta velocità con un’Alfa 156, poi risultata non sua e senza assicurazione. Il responsabile, disoccupato e già noto alle forze dell’ordine per una collezione di denunce, ha lasciato il 76enne esanime sull’asfalto ed è fuggito. Non bastasse, dopo aver bruciato la vettura, ha avuto la sfrontatezza di tornare sul luogo del sinistro, mescolandosi alla folla: non per accertarsi delle condizioni della vittima, ma solo per cercare di rimuovere dalla strada i pezzi dell’auto onde evitare che si risalisse a lui. Notato dai carabinieri, intervenuti sul posto per i rilievi, ha quindi tentato la fuga a piedi nelle campagne circostanti, ma è stato raggiunto e arrestato dai militari. E per finire, è risultato anche privo della patente e positivo agli accertamenti tossicologici.

Una condotta criminale che pochi mesi dopo il fatto aveva spinto i familiari dell’anziano e Studio 3A – la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui i congiunti si sono rivolti per ottenere giustizia attraverso il consulente personale Sabino De Benedictis – a rilanciare con forza la non più prorogabile necessità di chiudere l’iter legislativo del Ddl che poi ha finalmente introdotto il reato di omicidio stradale. E che aveva portato il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari, Antonio Diella, lo scorso 23 novembre, nell’udienza preliminare del procedimento penale a carico del pirata della strada, nel corso della quale si doveva deliberare sulla richiesta di patteggiamento formulata dai legali dell’imputato, a respingere la pena proposta di tre anni e qualche mese, che pure era stata consentita dal Pubblico Ministero, ritenendola del tutto incongrua alla gravità dei fatti ascritti al giovane e alla sua “recidività”, data la fedina penale già “macchiata” da svariati reati, nonostante la giovane età: al Ramunno, che dal giorno della tragedia è sempre stato detenuto presso la casa circondariale di Bari, fu respinta anche la richiesta dei domiciliari

Coerentemente con questa linea dura, venerdì 7 ottobre 2016 il nuovo Gup del Tribunale di Bari assegnatario del procedimento, Rosa Anna Depalo, al termine del processo celebrato con rito abbreviato richiesto dai legali dell’imputato, ha condannato Ramunno alla pena complessiva di ben 8 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio colposo aggravato dalla guida sotto effetto di droghe e senza patente, dall’elevata velocità, dall’omissione di soccorso e dalla frode processuale, per aver tentato di eliminare le tracce dell’impatto. Il giudice ha condannato il 24enne, che però è nullatenente, anche al risarcimento danni nei confronti dei familiari della vittima, che si sono costituiti parte civile.

“Per quello che Ramunno ha commesso nessuna pena sarebbe stata adeguata, ma un po’ di giustizia almeno mio padre l’ha ricevuta – commenta uno dei figli di Francesco Zaccheo, Crescenzo – Resta il rammarico che non si sia potuta applicare la nuova legge sull’omicidio stradale, che è stata approvata dopo e che avrebbe comportato una pena molto più pesante, ma con gli strumenti a disposizione otto anni e quattro mesi sono una buona condanna, praticamente il massimo. Lo avevano già messo dietro le sbarre a adesso in carcere dovrà restarci per un bel pezzo: siamo abbastanza soddisfatti”.

Sulla stessa linea il dott. Ermes Trovò, Presidente di Studio 3A, che ha fatto di tutto per arrivare a questo risultato. “Purtroppo non si può tornare indietro e niente e nessuno potrà restituire Francesco ai suoi cari, ma va dato atto alla magistratura di aver dato una risposta ai familiari e un segno di civiltà. Ringrazio la famiglia per il coraggio con cui ci ha sostenuto e l’area tecnica e legale della nostra società che tanto ha lavorato su questo caso per arrivare a questa condanna”.

“Se però la magistratura ha reso giustizia alla vittima e ai nostri assistiti, resta aperto il problema legato al risarcimento” continua il dottor Trovò, alludendo ai soliti problemi con il Fondo Vittime della Strada, chiamato ad intervenire essendo risultata non assicurata la vettura “pirata” e che però non sta dando riscontri. Al punto che Studio 3A ha dovuto procedere con una citazione e si è nella fase obbligata della negoziazione assistita, il prodromo di una causa in caso di mancato accordo.

“Purtroppo, anche di fronte ad una sentenza di condanna così esemplare che non lascia adito ad alcun dubbio sulle responsabilità, la compagine assicurativa si dimostra sempre più lontana e insensibile – conclude il Presidente di Studio 3A – Con il semplice gesto di riconoscere ai danneggiati niente più che i loro diritti, potrebbe mettere la parola fine alla vicenda e alle sofferenze di questa famiglia, e invece ci costringe a continuare la battaglia”.

Foto a pagina intera




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