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Incostituzionale la notifica via pec se limita il diritto di difesa Sentenza della Consulta: se avvenuta fra le 21 e le 24 non va più considerata perfezionata alle 7 del giorno dopo

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 75/2019, ha abrogato l’articolo 16 septies del D.L. 179/2012 che aveva istituito la notifica degli atti tramite procedura telematica.
In pratica la questione riguarda la famosa notificazione eseguita dopo le ore 21 alla casella elettronica.
Ora, con la pronuncia emessa dai Supremi Giudici italiani è ritenuta valida anche la notifica pec effettuata dopo detto orario purché entro il limite massimo delle 24 ore della giornata in cui scade il termine previsto dalla legge. Praticamente, la notifica via pec dalle nove di sera a mezzanotte non va più considerata perfezionata alke sette del giorno dopo.
La decisione dei giudicanti sancisce che la legge in materia di notificazioni telematiche, per come fatta dal legislatore italiano, limita oggettivamente l’esercizio del diritto di difesa allorquando il cittadino debba effettuare una attività, nel suo interesse, entro un giorno specifico (e non entro un’ora precisa) mediante il ministero di un avvocato.
Cosicché, secondo i decidenti costituzionali (sciogliendo i dubbi della Corte d’Appello di Milano) il sistema telematico previsto dal 2012 genera anche una violazione del principio di uguaglianza dei cittadini e della parità (in termini di condizioni effettive di esercizio) di questi ultimi davanti alla legge stessa.
Solo un problema attinente ad avvocati o magistrati quindi?
L’avvocato Angelo Lucarella, autore di diverse pubblicazioni giuridiche in materia tributaria e costituzionale, ritiene che la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale abbia una portata di gran lunga superiore rispetto alla questione trattata nella pronuncia giudiziale:
“Tre anni fa circa ebbi a pubblicare, su alcune riviste giuridiche nazionali, un approfondimento specifico nel quale rappresentavo alcuni profili di sospetta illegittimità costituzionale della legge in materia di notifiche telematiche tramite PEC: uno tra questi, di fondamentale importanza, la disparità di trattamento in campo esattoriale-tributario. Oggi la sentenza della Corte riconosce dignità assoluta ai diritti di difesa del cittadino con un implicito rovescio della medaglia da sposare sicuramente nell’ambito tributario: il domicilio digitale (cioè la casella di posta elettronica certificata), stando al quadro normativo complessivo, non assicura l’inviolabilità totale della sfera di libertà, quanto a tempi e modalità, in ottica di effettivo godimento dell’interesse legittimo al riposo ed alla tranquillità del cittadino-contribuente laddove, ad esempio, l’Agente della Riscossione dovesse notificare un atto esattoriale, come la cartella di pagamento, a ridosso dello scoccare della mezzanotte di un giorno qualsiasi.
Ad oggi, la Corte Costituzionale, pur indirettamente ed in minima parte, conferma che i sospetti giuridici d’incostituzionalità da me esposti illo tempore sono piena realtà tanto da ritenere la PEC frutto di scelte legislative sproporzionate ed in lesione di diritti inviolabili.

Mi auguro, da professionista del settore e da appassionato giurista, che quanto prima si possa dare vita ad una legge migliorativa che tenga conto di pesi e contrappesi finalizzati a garantire pienamente la sfera privata dei cittadini-contribuenti al contempo sfruttando il buono che la pronuncia della Corte Costituzionale inizierà a generare a livello giurisprudenziale”.

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