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Falso Primitivo, “giù le mani dal Made in Italy” Coldiretti Puglia interviene sul caso del vino cinese che tarocca quello di Manduria. Il fenomeno dell'agropirateria internazionale

Coldiretti Puglia

Di seguito un comunicato diffuso da Coldiretti Puglia:

“Il deprecabile caso del vino cinese, il ‘primitivo’ tarocco, per cui il consorzio di tutela DOC ha in cantiere tanto di ricorso contro il Paese del Dragone, ha riacceso i riflettori  sul fenomeno dell’agropirateria internazionale che colpisce anche la Puglia ed i nostri vini sono a forte rischio imitazione. La rintracciabilità ed i marchi, peraltro, non sono meri principi teorici e filosofici, piuttosto valori economici che le imprese agricole e l’intero territorio di produzione devono recuperare. Proprio questo legame indissolubile deve essere tutelato attraverso l’etichettatura chiara e trasparente dell’origine dei prodotti, unico strumento per contrastare le importazioni massicce di prodotti di dubbia origine e provenienza, spacciati per ‘made in Puglia’ quando non hanno nulla a che vedere con il nostro territorio”. E’ il Presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo, a segnalare le insidie che quotidianamente vanno stanate in Italia e all’estero contro gli agropirati del made in Italy.

“In America si producono Moscato, Malvasia, Primitivo e Aleatico – denuncia il Direttore di Coldiretti Taranto, Aldo De Sario – venduti con  “DOC” californiane Napa Valley o Sonoma County e riuniti, ironia della sorte, nel “Consorzio Cal-Italia” (http://www.cal-italia.org/). L’azienda, ‘giustamente’,  giustifica l’utilizzo dei nomi italiani, spiegando che la maggior parte dei vitigni che crescono in California, oggi, sono stati importati dagli europei tra il 1850 ed il 1910. Ciò basterebbe a spiegare, secondo l’azienda, il motivo per cui vini prodotti e imbottigliati in California, diventano italiani”.

Ad oggi sono 6 le IGP ‘Tarantino’, ‘Valle d’Itria’, ‘Salento’, ‘Murgia’, ‘Daunia’, ‘Puglia’ e 29 i vini pugliesi DOP  che  detengono un valore inestimabile, intrinseco alla materia prima ed alla professionalità imprenditoriale, che va salvaguardato a difesa della salute dei consumatori e a caratterizzazione della specificità dei prodotti regionali sul mercato globalizzato. Ed i risultati della scelta di qualità degli imprenditori agricoli pugliesi non hanno tardato a farsi vedere, tanto che è aumentata del 33% la produzione a denominazione d’origine, con i suoi 346.000 ettolitri di vino.

I Consorzi di tutela fanno un lavoro difficile, delicato, quotidiano, di verifica delle produzioni certificate che devono rispondere a precisi requisiti igienico-sanitari, chimici, fisici, organolettici e nutrizionali. Un lavoro che verrebbe tradito e vanificato – aggiunge Coldiretti Puglia – anche dall’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea ed il Canada, non solo perché il trattato CETA non contempla alcuna delle DOP e IGP pugliesi nella lista delle DOP tutelate. Altro elemento grave è l’introduzione del principio di equivalenza che consentirebbe l’ingresso di prodotti agricoli, ‘trattati’ in modo evidentemente molto diverso rispetto ai nostri, che rilustrerebbero ‘equivalenti’ – conclude Coldiretti Puglia – un modo ‘furbo’ per evitare ogni ulteriore controllo in Italia. Gli accordi di libero scambio devono essere un’opportunità, non una insidia, a cui non si potrà mettere riparo in alcun modo, perché il mercato ‘perso’ secondo il CETA non potrà essere compensato con i sussidi.

 




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