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Nuova Siet, cantiere di Taranto: i lavoratori scrivono a Di Maio, “ingiustizie che ci perseguitano da oltre 18 anni” Al vicepresidente della Camera è chiesto aiuto, problemi iniziati con l'ingresso del gruppo Riva nell'Ilva. C'è anche un'interrogazione ai ministri del Lavoro e della Giustizia

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Di seguito il testo della lettera aperta:

Ill.mo Onorevole Le chiediamo di sostenere e farsi promotore della presente, presso i Ministeri di Grazia e Giustizia e il Ministero del lavoro. Inoltre Le chiediamo, di sostenere il nostro caso, attraverso i Deputati e i Senatori presenti nelle rispettive Commissioni sia del Senato che della Camera dei Deputati. In allegato (è nell’interrogazione che pubblichiamo di seguito, ndr.) troverà una sintesi del dramma e delle ingiustizie che ci perseguitano da oltre 18 anni sia noi che le nostre famiglie. I tempi si stanno talmente dilatando che molti ex colleghi, purtroppo, non avranno giustizia dato che sono morti prevalentemente a cause riconducibili alle attività svolte presso l’ILVA di Taranto.  Chiediamo al Vice Presidente Onorevole Luigi Di Maio di farsi promotore di tutte le iniziative del caso affinché anche questa volta il Padrone non la faccia franca a prescindere, altrimenti dovremmo dare ragione all’Onorevole Ghedini “la legge è uguale per tutti ma non sempre”. La credibilità di una Nazione è espressa in particolare, dal grado di giustizia che riesce ad esprimere.

Ill.mo Onorevole, in Italia è molto facile farla franca con i reati Finanziari e ambientali, l’ILVA di Taranto è un emblema molto eloquente. Nell’attesa che questo dramma, composto da ingiustizie e umiliazione, perpetrato sulla dignità di lavoratori che hanno dato la vita per quello stabilimento e che continuano a darla, dato che mensilmente il bollettino delle morti di cancro si continuano ad allungare. Vi chiedo di assumerVi la responsabilità di aiutarci dato che potete farlo. Penso che in un paese come l’Italia che si fregia dell’appellativo di Democratico   non c’è delitto peggiore che amministrare ingiustizia derivante dal potere dei forti che utilizzano in primis i loro soldi per sopprimere i diritti degli altri. Mi chiedo spesso se la disaffezione dilagante, nei confronti della politica e dell’impegno sociale, sia anche derivata dalla morte nel credere e al venir meno, di un minimo di certezza, fatta di Giustizia e Democrazia presupposti nel sentirsi Cittadini e non Sudditi di un Capitalismo becero, arrogante e sporco del sangue dei lavoratori, dato che si continua a morire di Cancro. Mi chiedo riusciremo a vedere riconosciuti i nostri sacrosanti diritti o dobbiamo convincerci che alla fine il crimine non paga mai per i propri danni. Dato che i Riva hanno fatto i loro arresti in ville e alberghi lontani da Taranto mentre i nostri cittadini di Taranto, continuano a morire di cancro e i residenti e i bambini del Rione Tamburi sono agli arresti domiciliari dal momento che non possono più camminare per strada.

—–


Interrogazione a risposta scritta

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro della Giustizia

Alle Commissioni lavoro e delle politiche sociali e di Grazia e Giustizia di Camera e Senato

Per sapere, premesso che:

la Nuova Siet, con sede a Taranto è stata una società di trasporti che si occupava, dal 1971, di movimentazione stradale e dei trasporti di materiali siderurgici per conto dell’Italsider;

nel febbraio del 1999, il Gruppo Riva proprietaria dell’Ilva di Taranto acquisì tutti i beni aziendali e il trasferimento di circa 320 lavoratori della società Nuova Siet;

contestualmente il Gruppo Riva toglieva alla nuova SIET tutti gli appalti, costringendola così a cedere all’Ilva stessa tutti i beni aziendali e i macchinari;

inoltre si procedeva con i licenziamenti di tutti i 320 lavoratori per riassumerli il giorno successivo nella nuova azienda “ILVA”, che nel frattempo diventava “interna” all’Ilva;

il Gruppo Riva proponeva ai lavoratori della Nuova Siet di rientrare in azienda sulla base di nuovi contratti al ribasso rispetto a quelli precedenti fino a riduzione di salari del 50 % e costringendoli ad accettare condizioni estremamente inique dequalificando le proprie mansioni esercitate sino all’acquisizione dell’azienda obbligandoli comunque a svolgere le stesse attività con le stesse attrezzature e gli stessi mezzi, svolte prima dell’assorbimento e quindi non riconoscendo loro lo status giuridico che avevano maturato fino a quel momento;

di fatto, anche secondo accordi sindacali, i lavoratori dovevano passare direttamente alla nuova azienda, continuando a percepire lo stesso compenso che percepivano prima dell’assorbimento nel gruppo Ilva;

considerate le condizioni prospettate dal Gruppo Riva ai lavoratori della Nuova Siet, non avendo alternativa perche costretti, presentarono un esposto, da parte dello SLAI Cobas, presso la Procura della Repubblica di Taranto;

la Procura di Taranto pertanto a seguito delle indagini rinviava a giudizio – accusati di truffa ai danni dell’Inps, estorsione e tentata estorsione nei confronti dei dipendenti Nuova Siet che il 28/febbraio/ 1999 passò al Gruppo Riva. Il 20 marzo 2007 in primo grado il   Tribunale di Taranto, Giudice Annamaria La Stella, condannava a quattro anni di reclusione il presidente del gruppo Riva, Emilio Riva, e suo figlio Claudio e Biagiotti Italo a quattro anni di reclusione, Giovanni Perona (Nuova SIET) anni uno e mesi due di reclusione.

I condannati nell’anno 2009 ricorrevano poi in Corte d’Appello ottenendo la sentenza di assoluzione;

Nell’anno 2011, la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione annullava senza rinvio la sentenza di assoluzione della Corte d’Appello nei confronti di Emilio e Claudio Riva, accusati di truffa ai danni dell’Inps, estorsione e tentata estorsione nei confronti dei dipendenti dell’ex azienda Nuova Siet;

i giudici, decretando la prescrizione del reato (riqualificato in truffa aggravata e continuata), hanno al contempo riconosciuto il diritto dei lavoratori al risarcimento del danno e hanno rimesso gli atti al giudice del lavoro.

Se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;

se non ritengano doveroso e urgente, dopo diciotto anni di percorsi giudiziari riconoscere ai lavoratori della Nuova Siet i loro diritti;

Se non ritengano necessario intervenire con gli strumenti consentiti dalla legge affinché ai lavoratori sia riconosciuto il risarcimento del danno subito e dei contributi previdenziali mai versati dal Gruppo Riva;

se non ritengano opportuno che lo Stato e l’Inps costituitosi parte civile poiché il Gruppo Riva si è fatto riconoscere i benefici contributivi previsti per le aziende che assumono lavoratori in lista di mobilità mentre invece ottenevano le stesse prestazioni pagandole di meno; e dato che gli è stato riconosciuto il danno della mancata contribuzione previdenziale, già dalla ispezione del 16/novembre/2000, e che la stessa INPS in conseguenza della Sentenza di Cassazione ha emesso cartelle esattoriali, per diversi milioni. Se ill.mo Ministro non ritenga giusto che l’INPS in attesa del recupero dei contributi, a tutti gli ex dipendenti nuova SIET gli vengano accreditati i contributi in misura fino alla data del pensionamento.

Se ill.mo Ministro della Giustizia non ritenga giusto inviare Ispettori Ministeriali presso la Corte di Appello Di Lecce, Sezione distaccate di Taranto, per sapere perché dopo quattro anni di dibattimento nella Sezione Lavoro alla vigilia della Sentenza della dott.ssa Virginia Maisano, abbia deciso che la Causa era di competenza dalla sezione Civile sempre della stessa Corte di Appello. Facendo così bruciare altri quattro anni di vita e di attesa di tutti i Lavoratori

Se l’ill.mo Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali

se non ritengano di dover trovare opportune soluzioni affinché i lavoratori della Nuova Siet possano vedersi garantita la giusta indennità di pensione – anche con eventuali deroghe all’attuale normativa vigente “Legge Fornero” – al fine di consentire agli stessi una condizione migliorativa dopo anni di battaglie giudiziarie ancora non concluse per vedersi riconosciuti i propri diritti ottenuti dopo una vita di lavoro.

 




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